Nonostante la vasta letteratura specialistica sull’argomento, sono ben pochi quelli che conoscono l’affascinante e tragica storia del ‘movimento delle beghine, di Margherita Porete e del suo ‘Lo specchio delle anime semplici’, oggi stimato uno dei massimi capolavori della letteratura spirituale di ogni tempo e paragonato, come livello di scrittura, alla Divina Commedia.
Premessa storica – la storia delle beghine e delle teologhe medievali
Nell’XI secolo l’Europa pullula di sette eretiche, la Chiesa attraversa una profonda crisi per la corruzione dilagante dei preti, un’infinità di guerre e guerriglie fra i vari Paesi decima la popolazione maschile e aumenta a dismisura il numero di donne sole mentre, intanto, nasce una nuova classe sociale, la borghesia, e le città rifioriscono grazie alle industrie e ai commerci. E la nostra storia inizia appunto in una linda cittadina delle Fiandre, forse Nivelle o Prouille, intorno al 1170, quando un piccolo gruppo di amiche si riunisce in casa di una di loro per leggere le Sacre Scritture ma senza la presenza del prete. Ricordiamo che in quei tempi solo alle monache è concesso leggere la Bibbia ma in presenza del sacerdote. Queste donne benestanti e pie si propongono inoltre di praticare la parola evangelica dei primi cristiani dedicando il tempo libero a soccorrere i tanti bisognosi che affollano le strade cittadine. In poco tempo seguono questo esempio molte altre donne sole, ma anche sposate, di diverse città del Belgio, della Francia, Germania e Italia. Le persone colte le chiama mulieres religiosae mentre il popolo le chiama beghine, forse perché vestono di grigio. Le nostre beghine si dedicano gratuitamente alla cura degli ammalati nei lazzaretti, regalano il pane ai poveri, educano i giovani e spiegano la parola del Vangelo al popolo analfabeta; in tutto questo vogliono però rimanere libere e laiche, non accettano cioè la mediazione del prete nel loro rapporto personale con Dio. Nonostante ciò la Chiesa ufficiale, visti vani i tentativi di inquadrarle in un ordine religioso, finisce per tollerarle per i vantaggi che i loro servizi offrono alla comunità e, nel 1233, il papa Gregorio IX, su sollecitazione dell’influente cardinale Giacomo di Vitry, acconsente persino a riconoscere ufficialmente lo status beguinarum, cioè la condizione di beghina, con la bolla ‘Gloriam virginalem’. Intanto nelle città del centro-nord Europa, vanno formandosi i beghinaggi, piccoli quartieri recintati auto-gestiti e auto-finanziati, sorti all’interno delle mura cittadine e formati da casette affiancate in cui le donne possono andare ad abitare ciascuna in una propria abitazione privata. Le beghine, sia quelle che vivono nei beghinaggi sia quelle che ne vivono al di fuori, fanno pochi voti e della durata massima di tre anni, dipendono solo dall’autorità secolare e sono libere di conservare e gestire i loro beni. Verso la metà del XIII secolo nella sola Colonia si contano ben 169 beghinaggi con circa 1100 donne che vi risiedono mentre sono centinaia di migliaia quelle sparse in tutta l’Europa. In questo clima di autonomia e libertà femminile, se così possiamo dire, emergono in quegli anni anche donne di elevatissimo spessore e cultura fra cui poetesse e teologhe come: Hadewijch d’Anversa, Beatrice di Nazaret, Matilde di Magdeburgo, Angela da Foligno, Giuliana di Norwich…Queste mistiche parlano e scrivono di un cammino mistico rivolto all’unione spirituale in Dio che esse chiamano semplicemente Amore e creano così una corrente spirituale definita Minnemystiek, da Minne, che in antico fiammingo significa Amore. Al suo apparire la Minnemystiek incontra il favore degli ambienti èlitarii della cultura europea e influenza illustri teologi e studiosi e, soprattutto, Meister Eckhart, il massimo teologo tedesco del medioevo, che poi la amplierà e sistematizzera e che prenderà poi il nome di ‘mistica renana’. Ma la punta di diamante fra le mistiche citate è la francese Margherita Porete, autrice del capolavoro spirituale e letterario intitolato ‘Le miroir des simples ames’, ‘lo specchio delle anime semplici’. Conosceremo della sua esistenza solo sei secoli dopo, nel 1944, grazie alle ricerche di Romana Guarnieri, che, scopre un verbale di un processo dell’inquisizione di Parigi del 1310 terminato con la morte sul rogo di una donna di altissima cultura, ‘en clergie moult suffisante’, di nome Margherita, detta Poirete da Valenciennes, accusata di aver scritto un libro di alto valore teologico ma eretico in 12 proposizioni. La morte di Margherita Porete molto probabilmente affretta anche la fine del movimento delle beghine. Infatti, dalla fine del XIII secolo, il clima favorevole intorno alle nostre beghine cambia; la Chiesa si preoccupa per la loro crescente diffusione e teme che tutte queste donne indipendenti allontanino il popolo dall’obbedienza al prete ma anche parti influenti della società, come le Corporazioni dei tessili e dei panificatori, le vede ormai con malanimo perché quelle vendono i loro prodotti a prezzi inferiori a quelli di mercato e regalano il pane ai poveri. Iniziano a diffondersi contro di loro sospetti di eresia con il pretesto di una loro vicinanza alla più odiata e misteriosa setta eretica dei tempi: la setta dei Fratelli e Sorelle del Libero Spirito. In poco tempo si passa all’intimidazione, alle minacce e alle persecuzioni. L’Inquisizione si interessa a loro ed è sufficiente che la beghina rifiuti di ritirarsi in clausura in un ordine religioso perché venga processata come eretica e, se abiura, può aver salva la vita e viene condannata alla reclusione a vita nella cella di un convento, altrimenti e secondo la prassi, viene consegnata alla giustizia secolare che la mette al rogo. La prima beghina ad essere bruciata sul rogo con il pretesto della vicinanza alla setta del Libero Spirito fu l’anziana Aleydis, nella diocesi di Cambrai, altre seguirono fra cui: Bona da Savigno, la già citata Margherita Porete e ancora: Esclarmonda Durban, Astrusa di Lodève, la quindicenne Amegiardis, Raimunda de Caranta, Sicarda de Corderia, Berengaria Domergue Veyrier… Fortunatamente altre ancora riescono a fuggire in tempo e si mettono in salvo chiedendo asilo ai conventi, fra queste Hadewijch d’Anversa e Matilde di Magdeburgo che trova asilo nel prestigioso monastero cistercense di Helfta, in Turingia. Infine, mentre la massa delle beghine è cacciata dalle città, i grandi beghinaggi del centro-nord Europa passano direttamente sotto l’autorità della Chiesa per finire distrutti o incendiati nei secoli successivi. Se ne salvano solo una decina in Olanda perché protetti dall’autorità secolare. A partire dal XV secolo tutta questa storia scompare dai libri come se non fosse mai accaduta, se ne ricomincia a parlare solo agli inizi del 1900 grazie alle ricerche di alcuni importanti studiosi come lo storico tedesco Herbert Grundmann e, come abbiamo accennato, dell’italiana Romana Guarnieri. .
Un libro pericoloso:Lo specchio delle Anime semplici di Margherita Porete (Francia, ?-1 giugno 1310)
Lo Specchio è un libro di filosofia e come tale va letto. Il suo terreno è quello di Platone, Agostino, Hegel, Spinoza, Eckhart.., il livello di scrittura è stato assimilato alle opere di Dante e Sheakespeare. Nel libro si delinea il cammino graduale dell’Anima verso il ricongiungimento con Amore-Dio. Scritto in mediofrancese e poi in latino, è suddiviso in 139 capitoli di cui i primi 120 sono dialoghi spesso aspri, sarcastici e paradossali, fra i tre personaggi principali: Dama Ragione, Anima Semplice e Sire Amore. Ogni capitolo è preceduto da un breve frase che ne sintetizza il contenuto es : cap. 66, “come Anima è gioiosa per aver preso congedo da Ragione e dalle altre Virtù”. Gli ultimi 17 capitoli sono “Considerazioni per quelli che sono nello stato di smarriti e domandano la strada per il paese di libertà”. Il titolo completo dell’opera, scritta in francese medievale, in lingua d’öil, probabilmente alla fine del XIII secolo, è: Le miroir des simplex ames anienties et qui seulement demeurent e vouloir et desir d’Amour, che tradotto, significa: Guida per le anime annientate che dimorano ancora nella volontà e nel desiderio di Amore (Luisa Muraro). L’autrice sa bene che il pericolo che le sue parole siano fraintese c’è ed è grave perché non si stanca di avvertire i suoi ‘uditori’ di sforzarsi di capire, di ‘intendere con nobiltà d’intelletto’ le sue parole altrimenti ‘troveranno la morte dove lei trova la vita’. Ma che significa la parola ‘Dio’ per Margherita? ‘Che cos’è amore?’ mi chiese a poco più di due anni mia nipote Eleonora. Per Margherita Porete, per le teologhe dell’essenza, per mia nipote Eleonora e per me, sua nonna, amore è semplicemente amore, nel senso che l’amore umano non è diverso dall’amore divino, bensì è il suo livello di partenza. Si tratta, afferma Margherita, di una crescita che comporta la perdita, la liberazione dagli attaccamenti e dalle volontà tese solo a soddisfare l’ego. Ovviamente, ciò non implica rinuncia o passività, al contrario diventa volontà e azione al massimo grado perché aderisce ad un disegno, ad una volontà superiore e inconoscibile guidata da Dio. Ma chi è Anima? ‘Come la si può riconoscere?’, chiede la stolida dama Ragione a Sire Amore che, con pazienza, le risponde che Anima ha nove modi di essere di cui il primo è che ‘non la si può riconoscere’. Ma quando e come Anima potrà fondersi in Dio? Per arrivare a ciò, Anima dovrà ‘morire di tre morti’ e superare sette gradini finché, giunta al settimo, quando cioè si sarà liberata persino dall’ultima volontà egoistica che le resta e cioè quella di unirsi a Dio-Amore, potrà diventare semplice, cioè una, non più divisa da lui ma non per essere Dio ma per essere ciò che Dio è. Dopo un serrato e pungente dialogo fra i tre personaggi, Dama Ragione muore, sopraffatta dalla sua stessa costituzionale incapacità di capire, mentre Anima continua a interrogare Sire Amore ponendogli altri quesiti teologici finché dovrà arrendersi perché: “La lezione divina non è messa per iscritto da mano umana ma Anima stessa le fa da pergamena. Lì si tiene la lezione divina a bocca chiusa, che senso umano non può mettere in parole”.Mentre scrivo mi rendo conto che gli avvertimenti dell’autrice sulla ‘pericolosità’ del suo libro sono ancora validi nel XXI secolo e, temo, lo saranno sempre. Occorre precisare infatti che chiunque legga Lo specchio delle anime semplici non può realmente comprenderlo se prima non ha compreso e assimilato il significato che Margherita dà a parole come: umiltà, carità, nobiltà, gioia, virtù, libertà, vivere secondo natura, fede e opere.. un significato diverso e persino opposto a quello corrente imposto nei secoli dal cattolicesimo di maniera, incorrendo così nell’errore di condannarlo o, peggio, di fraintenderlo.
Ombretta De Biase