L’edizione 2016 di “Io: Stupore”, progetto di Alta Formazione pensato e organizzato dal gruppo di ricerca teatrale Teatro delle Bambole e Alice Arti Espressive in collaborazione con CEA Masseria Carrara, si è aperto con il laboratorio tenuto da Chiara Guidi dal 24 al 26 Giugno. Lo spirito del progetto centrato sulle pratiche teatrali tra mito e merda ha convissuto con il senso di indefinitezza profuso all’interno della Conferenza/Spettacolo tenuta dalla Guidi il 25 presso l’Auditorium Diocesano La Vallisa a Bari. La conferenza dal titolo “Relazione sulla verità retrograda della voce” ha visto dispiegarsi le capacità di una delle fondatrici della Socìetas Raffaello Sanzio – Chiara Guidi, appunto – di attraversare plasticamente la maestria del lavoro attoriale con la pratica della confessione.
L’indagine sulla voce è un percorso autobiografico ma quasi saggistico, in cui l’aspetto sperimentale e partecipativo appare quasi solo evocato più che vissuto. Il corpo e la voce sono stati storicamente imposti come elementi di un binomio di cui il secondo raccontabile con vaghezza, al cospetto del primo. L’operazione scenica della Guidi ha proposto l’immaginabilità di “un corpo della voce” e una riflessione sulle possibilità di una voce che voglia significare senza significato. E’ possibile, dunque, parlare senza parlare, voler dire volendo sopra ad ogni cosa. E’ possibile, dunque, ancora una volta, mettere in discussione il rapporto tra comprensione e forma. Questa mi è sembrata l’attitudine più sperimentale suggerita dalla conferenza/spettacolo.
Tante domande sgorgano da una scena così rude, semplice e artefatta: cosa fa la voce all’interno di un contesto? Esiste voce senza pubblico? Esiste il desiderio di coesistere e comprendersi al di là della lingua? La <<bellezza diffusa e permanente>> – centro dei desideri di “Io: Stupore” – viene interrogata dalla Guidi nella sua formazione e nella sua comunicazione. L’intarsio di suono e significato che nello sviluppo ontogenetico ci accompagna verso l’Altro racconta del valore biografico – più che biologico – di ogni singola esistenza. Come potrebbe affascinare ascoltare una bambina che pronuncia parole tratte da una poesia ungherese – senza capirne il significato – spinta dalla curiosità artistica di Chiara Guidi che la registra? Quella bambina tradisce un patto di realtà ma non è riluttante verso il suono incomprensibile, verso la parola per la parola.
La singolarità dell’esperienza viene omaggiata come qualità dell’umano e la pratica attoriale si assume il ruolo di indagare il vero del corpo e i falsi della voce, ma soprattutto ha la pretesa di dire il non-detto. La creatività inventa modi per dire ciò che con impeto esiste e sembra lasciare il corpo – e non la voce, a mio parere – alla neutralità di un’esistenza che può fare a meno di un pubblico, del vocalizzo verso l’altro, della torsione imparata con l’altro. La natura prospetta le nostre diversità e la cultura professa i nostri legami. Se si può essere stranieri e si può amare l’incomprensione, dunque, l’altro deve darci proprio tanto.
I prossimi appuntamenti con “Io: Stupore” 2016 sono previsti il 15/16/17 Luglio con Anna Capriati (Workshop: Danzare gli Elementi) e il 4/5/6 Agosto con Cathy Marchand del Living Theatre (Workshop: Per farla finita col giudizio di Dio … Studio su Antonin Artaud e il rituale nella peste).
Rosa Traversa