La Stagione Sinfonica 2016 del Teatro Verdi di Trieste si è aperta Venerdì 16 settembre con un programma di tutto rispetto, accolto con lunghi applausi da parte di un pubblico attento ed entusiasta. Con la direzione dal M° Gianluigi Gelmetti, dopo il breve e delicato Lied mit Chor da Ein Sommernachtstraum op. 61 di Felix Mendelssohn-Bartholdy, in cui le belle voci dei soprani Lucrezia Drei ed Elisa Verzier si sono alternate a quelle del coro femminile del Teatro, si è passati subito al Concerto in mi minore per violino e orchestra op.64 dello stesso Mendelssohn. Leticia Moreno, violinista dalla forte personalità, ha intessuto fin da subito un intenso dialogo con Gelmetti e, attraverso di lui, con l’orchestra, alternando momenti di grandissima energia, che diventa magnetica nell’esecuzione della cadenza del primo movimento, ad altri colmi di una grazia dotata di rara levità, affascinando così il pubblico che le ha tributato alla fine lunghissimi e commossi applausi.
L’atmosfera sognante ha lasciato poi il posto a tutt’altro paesaggio con la Quinta Sinfonia in do diesis minore di Gustav Mahler. L’orchestra ha seguito in modo eccellente la detrerminata direzione del M° Gelmetti, attenta e rispettosa verso un’opera imponente, densa e complessa, teatrale e intima allo stesso tempo, ripresa e rivista dall’autore per tutta la vita, soprattutto nella sua parte centrale, quello Scherzo “molto diverso da tutto ciò che aveva composto fino ad allora”, che il compositore aveva paragonato alla coda di una cometa. È una narrazione emozionale, per la quale “non c’è bisogno di parole perché tutto viene detto attraverso la musica”. Le diverse voci dell’orchestra si trovano a sostenere qui un dialogo serrato, drammatico, a tratti tragico, a partire dalla Marcia Funebre iniziale. Soltanto con l’Adagietto l’ascoltatore potrà trovare un breve momento di pace apparente, cui il Rondò-Finale risponderà con un altrettanto apparente trionfo. La profonda densità di quest’opera si lega indissolubilmente ad una visione nuova del tempo spiegandone l’estensione. Secondo Stefano Catucci “l’ampiezza degli sviluppi impone una nuova concezione della durata, del tempo come potenzialità espressiva della sinfonia, spinta fino al punto limite nel quale l’accrescimento della lunghezza diviene sospensione del movimento reale. A partire dalla Quinta Sinfonia, l’estensione dei singoli segmenti di tempo, dei singoli ‘momenti musicali’, corrisponde a una sempre maggiore densità dei contenuti, i quali possono essere largamente sviluppati proprio in forza della loro astrattezza.”
Applausi appassionati hanno accolto meritatamente Maestro ed orchestra alla fine del concerto.
Paola Pini