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L’alterità nella società narcisistica. Prendendo spunto da un’opera pittorica di Rousseau

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Quando parliamo del termine “Alterità” (termine filosofico che sta come sinonimo di diversità, che indica la differenza tra due identità) spesso pensiamo alle minoranze etiche, ma il termine medesimo ha un’estensione molto più ampia di quella che si concepisce. Oggi si vive in una condizione di sfiducia verso i giovani ed è per questo che spesso e volentieri questi fanno fatica a trovare lavorano e se lo trovano fanno fatica ad ottenere la fiducia del loro datore. Dicono che siamo in un continente fatto di vecchi; ciò non è vero, siamo semplicemente un continente in cui i giovani non vengono interpellati. In questo contesto c’è da domandarsi che società abbiamo creato e cosa siamo divenuti. Dare una risposta non è facile, però in quest’epoca in cui non abbiamo più nemmeno fiducia in noi stessi interagiamo attivando un narcisismo ereditato dalle vecchie generazioni che non credono più nei giovani e in questo modo attiviamo un contesto sociale narcisistico, come ha spiegato Gilles Lipovetsky, in alcuni dei suoi studi sui comportamenti nell’epoca post-moderna. Possiamo parlare quindi di società, cultura narcisistica e di uomo sociale narcisistico. Gli stessi teorici della psicoanalisi a cominciare da Freud hanno costatato che in determinate epoche molte delle condizioni e dei sintomi psichici da essi messi in luce si sono generalizzati, assumendo una dimensione collettiva. Quindi possiamo parlare di narcisismo di gruppo di cui siamo eredi.

rousseau-football-players_corriere_dello_spettacolo_giuseppe_san_filippoDi conseguenza siamo divenuti un’umanità che manifesta il narcisismo. Qui l’identità narcisistica dell’uomo è costituita da un Io auto-centrato, assorbito in se stesso, che si sente al centro dell’universo, un universo che sembra esistere al solo scopo di ruotare attorno a lui o al suo gruppo di appartenenza, dove si manifestano sentimenti di grandiosità, si va alla ricerca del successo, del potere, della bellezza e dell’ammirazione o attenzione degli altri da cui si aspetta di essere trattati come “lo stupore dell’esistenza umana”. Tutto questo si rivela nelle relazioni interpersonali laddove si scatena un’ipertrofia dell’Io che non permette l’abbandono all’altro o a consentire che l’altro si abbandoni, si assiste a un esasperato egocentrismo che non consente di instaurare rapporti profondi. La caratteristica più rilevante non è però che Narciso non ami gli altri – che è anche importante – ma che rifiuti l’amore degli altri e sopratutto di amare. E proprio l’umanità odierna si trova nello stesso status: se prendiamo in considerazione un membro di un’organizzazione, per esempio, vediamo che la sua partecipazione è finalizzata all’acquisizione di un qualche interesse personale. Ciò può sembrare banale, ma sono aspetti narcisistici che navigano nella nostra società, in un contesto in cui vi sono tra l’altro degli individui che acconsentono che dei loro simili siano dei meri “stupori della vita”, annullando anche se stessi. Il tutto rientra in un bagaglio di discriminazione umana vero e proprio. Quello che qui sto sostenendo viene espresso dall’opera artistica del pittore H. Rousseau “Giocatori di palla ovale” del 1908. L’uomo al centro tiene in mano la palla mentre punta al suo obiettivo: cioè segnare un goal o un canestro. Lo stesso non sembra disposto a passare la palla al suo compagno, che sta sul lato destro, ma sembra intenzionato a fare tutto da solo. C’è un altro personaggio sulla destra che sembra prendere un ramo in mano, sperando che il suo compagno segni, e questo gesto di prendere un ramo dell’albero tra le mani potrebbe significare “il gettare una radice costruttiva” perché il membro della sua squadra possa imparare a crescere insieme a tutto l’organico – è come se dicesse che la crescita di una pianta dipenda da suo compagno e allo stesso tempo si annulla dal gioco. Questi sono degli aspetti che si manifestano molto nella società insicura e narcisistica odierna, in cui l’uomo dovrebbe ricominciare a credere nelle proprie capacità e a ritrovare se stesso. Bisogna far sì che il mondo non sia solo di coloro che vogliono causare “stupore”, ma che sia un mondo dove tutti abbiano la stessa importanza e dove tutti possano partecipare. Solo così si può uscire da un narcisismo e da un egocentrismo assurdo che rende malata la nostra società e la nostra epoca. Questo ci allontana l’uno dall’altro, dall’umiltà e dai sentimenti più veri e dalla ricchezza più pura che l’umanità possiede.

Giuseppe Sanfilippo

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