In scena sabato 10 e domenica 11 dicembre 2016 alla Sala Pasolini di Salerno
Per la prima volta, grazie all’impegno determinante di Casa del Contemporaneo, Roberto Latini sarà in scena nel capoluogo campano.
Con I Giganti della Montagna/ radio edit la città ricorda Luigi Pirandello, ospitando la particolarissima riduzione firmata dal grande interprete, che dopo la lunga e prolifica tournée (con riconoscimenti che vanno dal Premio della Critica ANCT 2015, al premio Premio Ubu 2015 come miglior interprete per Latini, ed al miglior progetto sonoro e musiche originali a Gianluca Misiti) viene accolto infine a Salerno proprio nel giorno dell’anniversario della scomparsa del premio Nobel (avvenuta a Roma il 10 dicembre 1936).
Terzo dei miti moderni di Pirandello, dopo Lazzaro e La Nuova Colonia, I Giganti della Montagna è l’ultimo capolavoro del drammaturgo, rappresentato postumo (ed incompiuto) nel 1937.
La vicenda, incubo ed epitaffio, di Ilse e della “Compagnia della Contessa” all’arrivo presso la Villa Scalogna. Tragedia prefigurata, l’anelito di morte accompagna tutti e due gli atti composti del drammaturgo, e la fine tragica è destinata a realizzarsi solo nelle intenzioni dell’autore (e nella trascrizione ad opera del figlio Stefano).
«I Giganti della Montagna è un testo che penso si possa permettere ormai il lusso di destinarsi ad altro possibile – dice Latini nelle note di scena – dopo le bellissime messe in scena che grandissimi registi e attori del nostro Teatro recente e contemporaneo ci hanno già regalato, penso ci sia l’occasione di non resistere ad altre tentazioni. Provarci, almeno. La compagnia di attori che arriva alla villa della Scalogna sembra avere, in qualche forma, un appuntamento col proprio doppio. Cotrone e Ilse stanno uno all’altra come scienza e coscienza, gli stessi Giganti, mai visti o vedibili, sono così nei pressi di ognuno da poter immaginare come proiezioni di sé. Voglio immaginare tutta l’immaginazione che posso per muovere dalle parole di Pirandello verso un limite che non conosco. Portarle “al di fuori di tempo e spazio”, come indicato nella prima didascalia, toglierle ai personaggi e alle loro sfumature, ai caratteri, ai meccanismi dialogici, sperando possano portarmi ad altro, altro che non so, altro, oltre tutto quello che può sembrare. Se i limiti del mio linguaggio sono i limiti del mio mondo, per andare appena oltre, per provarci almeno, devo muovere proprio da quelli».
Bernardo Tafuri