Al Teatro Nuovo di Milano, fino al 19 marzo 2017
E’ in scena a Milano, al Teatro Nuovo, uno spettacolo dal titolo molto accattivante: Un Americano A Parigi. Immediatamente la mente vola al bellissimo film del 1951 diretto da Vincente Minnelli e vincitore di sei premi Oscar, tra cui Miglior Film.
La realtà invece è ben diversa, di quell’Americano A Parigi c’è poco o niente, a partire dai nomi dei personaggi: Gimmy (e non Jerry) è un pittore americano che si innamora ricambiato di Fanny (e non Lisa), commessa di profumeria ma che non si spiega come mai canta in un night club, fidanzata però da Jean Marie (e non Henri), chansonnier del Lido. Gimmy è oggetto delle attenzioni di Patricia (e non Milo), una milionaria mangiatrice di uomini, ma alla fine dovrà rassegnarsi perché Fanny lascerà Jean Marie per il suo lieto fine con Gimmy. La regia di Enzo Sanny è abbastanza frammentaria, con grossi tagli nella trama che se non si conosce a memoria il film si perde il filo del discorso, con un po’ di confusione. Interessante la prima parte dove gli interpreti sono loro stessi e decidono di mettere in scena appunto Un Americano A Parigi. Passi per Jerry-Gimmy, un grandissimo Michele Carfora che recita canta e danza come un vero performer di musical, e Lisa-Fanny, Arianna (anche se è cantante e non ballerina come nell’originale) dalla voce meravigliosa, gli altri sono abbastanza discutibili. Henri-Jean Marie (Danilo Brugia) con un marcato accento romano non ha nulla dell’elegante artista di varietà; Milo-Patricia è dipinta come una panterona mangiatrice di uomini e non come una donna di classe, molto sola, che cerca solo qualcuno che la ami veramente. Il personaggio, simpaticissimo, del pianista Adam non esiste, sostituito, forse, dal tutto fare Trouffaut, un bravissimo Jean Michel Danquin (noto per aver danzato per anni al Bagaglino). Il corpo di ballo, con le coreografie molto televisive di Stefano Vagnoli, vede i ragazzi molto bravi, le ragazze un po’ meno: alcune, poi, fisicamente poco probabili come ballerine.
Molti falsi storici: ricordiamoci che siamo a Parigi nell’immediato dopoguerra. Persone di colore non se ne vedevano. Vestiti belli ma così corti non erano proprio pensabili. Canzoni di Gershwin, sì, ma molte non comprese ne Un Americano A Parigi. Tip tap registrato ma non danzato dal vivo… La riedizione ci può stare, ma magari cambiando il titolo perché questo non è Un Americano A Parigi. Lo spettacolo è retto tutto da Michele Carfora ed Arianna che, con la loro bravura, fanno passare in secondo piano tutto il resto che, onestamente, funziona poco.
Chiara Pedretti