Roma, B-Folk, 29 aprile 2017
Giuseppe Mincuzzi, in arte Er poeta metropolitano, torna sul palcoscenico dopo l’esibizione che raccontammo nel 2015. Lo ha fatto in un altro spazio non convenzionale, il 29 aprile scorso, in un localino vintage con una sua anima, il B-Folk nel quartiere Centocelle, e conoscendo l’artista in questione non poteva essere altrimenti. Perché tutto si può dire di Mincuzzi, tranne che non abbia a cuore quel che cerca di trasmettere nei suoi recital, e i contesti in cui lo fa. Lo spettacolo, dall’eloquente titolo “Futti e futtitinni”, stavolta ha un respiro più ampio, con una costruzione logica ben pensata e la presenza di una band reggae siciliana come quella dei Nirjia, interessante e potente nella musica come nei suoi testi, ben si sposa con le poesie rabbiose del Poeta. Momenti ben delineati nelle tematiche, anticipati da videoclip, introducono i brani musicali e le parole di Mincuzzi, sempre toccanti, anche se lui ha il difetto, a mio modesto parere, di schernirsi troppo, di mettersi anche troppo umilmente in secondo piano.
Però stavolta, rispetto a quella che seguii precedentemente, non c’è confusione nell’andamento dello spettacolo, il reggae tanto amato dal protagonista sembra quasi supportarlo prima e dopo i suoi interventi, in un discorso che non perde mai il filo. C’è sempre un refolo di nostalgia nelle liriche del poeta, un sentore di cose che potevano essere e non sono state, un’amarezza di fondo che contraddistingue la sua veracità e il suo essere romano disincantato, disilluso ma sognatore, un graffio in ogni risata, che ne fanno un personaggio affascinante, ricco di valori e sentimento. La borgata ce l’ha nel sangue, il suo modo di vedere, anzi di volere, la vita è quella di chi ha conosciuto altri ritmi, altri tipi di rapporti rispetto a quelli dettati ora dal virtuale, da una distanza sempre più fredda tra le persone. Il suo è quasi un grido disperato, un voler conservare e riscoprire altro da ciò che siamo diventati. Riscoprire l’altezza nelle piccole cose che non riusciamo più a vedere. Il profumo del vero, come afferma lui stesso in apertura di serata. E allora tutta la musica, le sue poesie, una certa drammaturgia che dona al suo show un filo logico e di speranza, toccando argomenti come la famiglia, la violenza sulle donne, il male fisico e spirituale, la voglia di cambiare vita, confluiscono in due ore di una serata che, purtroppo, è stata vessata da una serie di errori tecnici in regia che ne hanno rallentato l’efficacia. Ma questo succede a chi lotta ogni giorno per trovare uno spazio, che sia per recitare, che sia per vivere dignitosamente, che sia per ribadire la propria esistenza nonostante ciò che ci circonda. In questa ottica, Er Poeta metropolitano non smentisce il destino di chi deve mordere per farsi valere. Belli gli interventi in voce di Dylan, storico conduttore di Radio Dimensione Suono 2. Lo spettacolo “Futti e futtitinni” ha una tale carica di musica e messaggi, che riesce ad arrivare al cuore degli spettatori.
Paolo Leone