Notice: A non well formed numeric value encountered in /web/htdocs/www.corrieredellospettacolo.net/home/wp-content/plugins/td-social-counter/shortcode/td_block_social_counter.php on line 1176

A Trieste “Due partite” di Cristina Comencini: la pièce divenuta film ritorna con successo a teatro

Data:

Trieste, Politeama Rossetti – Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, Sala Assicurazioni Generali, dal 3 al 7 maggio 2017

Cos’è che passa di generazione in generazione? Come avviene la trasmissione di quel che siamo ai nostri figli? Attraverso l’esempio, è ovvio; con i racconti, vero anche questo; ma poi c’è qualcos’altro: sono gli sguardi, i gesti, i silenzi.

Il lucidissimo testo di Cristina Comencini, messo in scena per la prima volta nel 2006 e passato attraverso la realizzazione cinematografica nel 2009, mantiene tutta la sua freschezza e ritorna molto opportunamente a teatro per la regia di Paola Rota.

Nella prima parte quattro donne, mogli e madri si incontrano ogni giovedì per giocare a carte. Sono Sofia (Caterina Guzzanti), Claudia (Paola Minaccioni), Gabriella (Tatiana Lepore) e Beatrice (Giulia Michelini). Le figlie delle prime tre giocano nella stanza accanto, mentre Beatrice sta per partorire (avrà una bambina). Tra una mano e l’altra, a poco a poco emergono le sofferenze e le aspirazioni di ognuna, le rinunce e le frustrazioni.

2 pertite 3Il cambio scena, con la parete di sfondo che gira su se stessa, mostra un altro ambiente; in esso le rispettive figlie, ormai adulte, daranno conto dell’eredità d’animo ricevuta, reinterpretando in modo diverso gli stessi sentimenti, aiutando in questo modo a definire e a comprendere meglio anche le dinamiche di genere vissute negli anni Sessanta del Novecento.

Tutte parlano di vita, maternità, amore e uomini, dando ognuna una propria lettura a volte anche molto diversa ed estrema, ma concordando in fondo nella sostanza: dall’“eterna illusione” di Claudia, si giunge alla prosaicità di Sofia passando per il risentimento di Gabriella. Beatrice, trovandosi all’inizio del travaglio, ha altro cui pensare, ma tra una contrazione e l’altra riesce ad aggiungere l’elemento poetico e romantico a questo cicaleccio duro e affettuoso che aumenta di tono senza esplodere mai e chi è madre da tempo sente già la solitudine che calerà su tutte loro quando i figli, ai quali  ci si “aggrappa per non perdersi nella corrente”, saranno cresciuti:  i mariti, chi in un modo, chi in un altro, sono già assenti.

Attraverso un amore materno declinato non a parole, ma attraverso azioni concrete fatte di rinunce, di compromessi e di tanta pazienza, le personalità delle madri tracciano il percorso che verrà seguito dalle figlie con rispetto e fedeltà nello spirito che le aveva animate.

Quarant’anni dopo nessuna delle figlie (Rossana, Cecilia, Sara e Giulia nell’ordine) sarà diventata madre e ognuna avrà trovato la propria strada come affermata professionista, ma parleranno delle stesse cose. È come se ci si trovasse di fronte a due quartetti vocali che, in successione, eseguono uno stesso brano armonizzato diversamente in tempi distanti ma non troppo, con modalità interpretative diverse.

Ci rappresentano.  Nel far ritrovare un po’ di noi in ognuna di loro, con le stesse nostre paure, gli stessi sogni, le stesse speranze sta la bravura della Comencini, amplificata con grazia dall’interpretazione delle quattro attrici, capaci di affrontare temi esistenziali profondi passando ognuna dalla personalità della madre a quella della figlia con ironia e leggerezza.

Ciò su cui poggia ogni esistenza femminile e che affolla l’animo di tutte emerge da un gioco di specchi in cui le domande delle madri trovano risposta nella vita delle figlie, esplicitate sì in modo nuovo, ma con un dolceamaro gusto retrò che dà alla fine maggior spessore a tutte le figure e trasforma l’apparente fragilità in forza reale e concreta, arricchita da un sano senso dell’umorismo e da tanta autoironia, strumenti indispensabili, per superare le difficoltà e riuscire a vivere pienamente, qualunque cosa accada.

Da principio a fine si coglie in tutte un senso di incompletezza che non è fonte di disperazione ma, al contrario di speranza per il futuro, proprio e di quelle che verranno poi; è un flusso dinamico di chi ha nella propria biologia la scansione del tempo, energia luminosa, scintilla vitale. E, come spesso viene ripetuto, sia da Gabriella che da sua figlia Sara: “ Non se ne esce”.

Paola Pini

Due partite

Di: Cristina Comencini
Scene: Nicolas Bovey
Costumi: Gianluca Falaschi
Disegno luci: Nicolas Bovey
Regia: Paola Rota
Produzione: Artisti Riuniti srl
Interpreti: Giulia Michelini, Paola Minaccioni, Caterina Guzzanti, Tatiana Lepore

Seguici

11,409FansMi Piace

Condividi post:

spot_imgspot_img

I più letti

Potrebbero piacerti
Correlati