Venezia Mestre, Teatro Toniolo, 22 e 23 aprile 2017
Sorelle Materassi nacque romanzo dalle tinte drammatiche, ma al contempo venate d’amara ironia, come nella migliore tradizione letteraria toscana. Remo, nipote parassita, dilapida il patrimonio di zia Teresa e Carolina, abili ricamatrici che sono riuscite a farsi un nome presso la borghesia fiorentina. Concupite assieme alla domestica Niobe dal fascino del giovanotto, assistono impotenti alla loro disfatta, pur messe in guardia dalla terza sorella, la lucida Giselda. Siamo in una dinamica, l’intrusione di un estraneo entro un ordine prestabilito che ispirerà lavori come Teorema o Gruppo di famiglia in un interno, in cui il contrasto tra l’età avanzata delle dramatis personae e l’imberbe nullafacente deve necessariamente risaltare, sia perché moto della vicenda palazzeschiana sia perché utile a evidenziarne il cotè tragicomico.
Così non è nell’adattamento di Ugo Chiti, un’esile trasposizione da Bignami, troppo sintetica e priva di momenti in cui i temi chiave vengano sviscerati appieno per un’ora e mezza scarsa di recita. Unico pregio quello di mantenere alto il tasso di toscanismo nella riscrittura. D’altronde, narrativa e prosa, come teatro e cinema, parlano linguaggi estremi ed è sovente arduo, qualora si ritenga opportuno camuffare la natura di un prodotto letterario, raggiungere gli originali modelli espressivi. La scena fissa di Roberto Crea, illuminata dalle luci di Luigi Ascione, trova nel prologo di ombre cinesi l’unica idea interessante. La regia altrettanto basica di Geppy Gleijeses esalta il lato ridanciano, annacquandone la portata seria e affidandosi all’esperienza del cast, disomogeneo e non al massimo del potenziale schierato. Lucia Poli, nel ruolo della burbera Teresa, conserva ancora un’intatta freschezza espressiva, voce chiara e mimica impeccabile da cui i principianti devono prendere lezione. Milena Vukotic, nota ai più in platea come Pina Fantozzi, non ha voce adatta per spazi così ampi, tanto che qualche battuta si perde. La ricordo invece con piacere in Regina madre nella più contenuta sala del Teatro di Mirano, anni addietro. Marilù Prati, la determinata Giselda, ha voce monotona, sia durante la conversazione che le reprimende, ispirando nello spettatore l’interrogativo sul perché adombrare un personaggio comunque importante con un’interprete non adeguata. Gabriele Anagni è un Remo moscio, privo di carattere. Discreta la Niobe di Sandra Garuglieri. Completano la compagnia Dimitri Frosali come Mastro Giacomo, Gian Luca Mandarini come Palle e la tutta gambe Roberta Lucca nel ruolo di Peggy.
Teatro affollato e consensi calorosi alla recita del 23 aprile.
Luca Benvenuti