Tact – Festival di Teatro Internazionale, 13-27 maggio 2017
Quindici giorni di teatro diffuso per la città con la presenza in tantissimi luoghi diversi: una libreria, uno spazio comunale dedicato ai giovani ed un altro riservato agli anziani, un teatro stabile, una chiesa, il castello cittadino, oltre a strade e piazze, bar, caffetterie, cui si aggiungono aziende vinicole sparse per la regione.
Per il quarto anno consecutivo si è svolto a Trieste il TACT, un festival di teatro internazionale per molti versi non comune, dominato dalla ricerca di condivisione, scambio e baratto di esperienze fra le compagnie teatrali presenti; in questo contesto, paradossalmente, la rappresentazione dei diversi spettacoli sembra passare in secondo piano per diventare occasione di scambio e discussione; ogni singolo partecipante (più di cento gli attori da Brasile, Germania, India, Inghilterra, Israele, Serbia ed Italia, oltre ai registi e ai direttori delle scuole teatrali di riferimento delle diverse compagnie), ha avuto la possibilità di confrontarsi con gli altri colleghi per cogliere spunti e suggerimenti nuovi, ascoltare punti di vista espressi da persone provenienti da scuole teatrali lontanissime dalla propria cultura e, di conseguenza, crescere molto sia dal punto di vista umano che interpretativo.
L’età media è bassa: il 70% di ogni compagnia deve essere sotto i 35 anni e sono moltissimi i partner e gli sponsor: enti pubblici e aziende consortili, banche e fondazioni, testate giornalistiche, privati e associazioni.
Motore ideativo e realizzativo di tutto questo è il CUT – Centro Universitario Teatrale, attivo a Trieste da ben trent’anni con lo scopo di avvicinare i giovani alla pratica teatrale, ma anche a diventare degli spettatori consapevoli e delle persone che, attraverso il teatro costruiscano esperienze utili per la propria vita quotidiana, presente e futura.
In un mondo sempre più spersonalizzante, una tale attenzione per l’essere umano in quanto individuo sorprende e rassicura, anche perché consapevolmente voluta e realizzata da giovani per i propri coetanei, senza perdere l’attenzione per le generazioni precedenti e successive alla loro.
Il festival vero e proprio, svoltosi principalmente presso il Teatro Stabile Sloveno dal 21 al 27 maggio, è stato infatti preceduto da una settimana dedicata i più piccoli, il TACT4YOUNG: numerosi spettacoli, accolti con grandissimo successo nelle mattinate per le scuole e replicati nei pomeriggi a beneficio delle famiglie, ospitati al Polo Giovani “Toti”, importante realtà aggregativa comunale.
La settimana clou si è aperta la sera del 20 maggio con l’Art Pride, sfilata artistica con giocolieri, clown, sputafuoco, trampolieri, percussionisti e maschere e non è semplice descrivere tutto quello che è avvenuto nei giorni successivi.
Il festival è iniziato il giorno dopo, con gli spettacoli finali dei corsi annuali del CUT (uno anche in lingua inglese) e l’esibizione della compagnia di Treviso Teatro di Ferro e Legno vincitrice del contest Uniteatro, svoltosi presso l’università cittadina da gennaio a maggio.
A partire dal giorno dopo, una vera e propria maratona ha coinvolto tutti: spettacoli e concerti, letture di poesia e di prosa, workshop diretti dai registi delle diverse compagnie; a ciò si sono aggiunte delle tavole rotonde con i registi delle rappresentazioni andate in scena il giorno precedente. Tutte le iniziative erano aperte al pubblico, molte ad ingresso libero.
Tra le moltissime suggestioni offerte, due sembrano emergere più di altre: l’esposizione a tante lingue diverse, non insolita a Trieste, ma sicuramente non in modo così spinto (ogni compagnia recitava nella propria e, a volte, ad essa se ne aggiungevano altre, registrate o in scena) e la scelta dei testi, che molto ci può dire sulla visione della realtà, per molti versi comune, da parte di giovani, provenienti da luoghi lontanissimi fra loro.
Non è trascurabile il fatto che siano state la cultura centro-europea e la ripresa di antichi miti a dominare: la compagnia tedesca ha ricordato, con Sheet Lightning of Reformation, i 500 anni dalla riforma luterana con un testo di Adolf Wendt, gli israeliani hanno messo in scena uno spettacolo tratto da Fabian, storia di un moralista, scritto dall’autore tedesco Erich Kästner nel 1931, gli inglesi hanno esplorato le vicende intorno alla Rivoluzione di Velluto cecoslovacca con Poker face, dall’omonimo testo di Peter Kolečko e i brasiliani hanno costruito una drammaturgia partendo da America e Il digiunatore di Franz Kafka; la scuola di Mosca e gli italiani del CUT hanno invece proposto dei lavori tratti dal mondo russo: Aleksandr Ostrovsky con La tempesta per i primi, L’orso e Una domanda di matrimonio di Anton Cechov per gli altri; i serbi hanno analizzato, attraverso Who eats bread with soup? di Tijana Grumić, il rapporto conflittuale tra generazioni, mentre il mondo epico greco era presente con l’Edipo Re di Sofocle proposto in chiave alternativa dalla compagnia napoletana e quello indiano del Mahābhārata con lo spettacolo Madhiam VyaYog.
Sono state due settimane dense, impegnative per tutti, ma molto stimolanti, fonte di fiducia e di speranza nel futuro, nonostante e forse proprio a partire dai soggetti scelti: molti giovani, tutti assieme, si sono dimostrati disponibili e capaci di esporre, attraverso l’azione scenica e con la passione per il teatro, problematiche esistenziali molto forti in un contesto creato e reso reale da altri coetanei. Hanno cercato di prendere spunto dal passato per cercare risposte alla situazione presente. Il mondo sarà salvato dai ragazzini?…
Paola Pini