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Ginger e Fred

Data:

ITALIA / FRANCIA / RFT  1985   122’  COLORE
REGIA: FEDERICO FELLINI
INTERPRETI: GIULIETTA MASINA, MARCELLO MASTROIANNI, FRANCO FABRIZI
VERSIONE DVD: SI’, edizione DALL’ANGELO PICTURES

 

“ANNI INTERI DI PUBBLICITA’, MA COSA RESTERA’?” (dalla canzone Cosa resterà degli anni ’80 di Raf)
“NON SI ESCE VIVI DAGLI ANNI ‘80” (titolo di una canzone degli Afterhours)
“MAI PIU’ SENZA TELEVISIONE!” (Franco Fabrizi, dal film)
“A 60 MILIONI DI ITALIANI IO STASERA DICO TUTTO” (Fred)  “MA…COSA DICI?” (Ginger)  “PE-CO-RO-NI!” (Fred)

Famosi negli anni ’40 come ballerini di tip tap e imitatori della coppia Fred Astaire/Ginger Rogers, Amelia (Masina) e Pippo (Mastroianni), ormai attempati, si riuniscono a Roma per un’inattesa rentrée, ospiti del programma televisivo “Ed ecco a voi…”. La trasmissione non è altro che una sgangherata sfilata di casi umani per tutti i gusti: un pretino che ha rinunciato al sacerdozio per amore, una donna che ha lasciato il marito e i figli per un alieno, una casalinga in piena crisi di astinenza dopo aver trascorso un mese senza TV, un transessuale con desideri di maternità, un imprenditore vittima di un sequestro da record per durata della detenzione e prezzo pagato per il riscatto, un criminale con velleità artistiche, un onorevole che digiuna da quarantacinque giorni per protestare contro la caccia… E poi, ancora: imitatori, freaks, miracolati dalla chirurgia plastica e persino una prodigiosa mucca con diciotto mammelle! Immersi in un tale circo, nonostante i ripensamenti e le difficoltà, Ginger e Fred riescono comunque a portare a termine il loro numero e a ricevere l’ultimo applauso della carriera, prima di separarsi di nuovo.

“Ed ecco a voi…” gli anni ’80! Sono tempi duri per i sognatori: il consumismo, l’arrivismo, l’individualismo, l’egemonia culturale della televisione (commerciale)… tempi così aridi e prosaici, da mettere in crisi perfino Federico Fellini, cioè uno dei più grandi sognatori di tutti i tempi, che qui esprime tutto il proprio disorientamento nei confronti di una realtà che fa sempre più fatica a comprendere. Per reagire a tale disagio, e forse per esorcizzarlo, il Maestro riminese mette alla berlina gli “anni da bere” con uno sguardo grottesco, sarcastico, iperbolico, a tratti forse perfino affettuoso e rassegnato, dietro al quale fanno però capolino l’orrore e il disgusto, come ben si intuisce osserevando la Roma da incubo rappresentata nel film: un non-luogo grigio e asettico, ovunque cumuli di spazzatura fumante e volgari cartelloni pubblicitari, lamenti di sirene a squarciare l’aria e paranoidi fasci di luce a scrutare la notte… Una visione da fantascienza apocalittica, che sembra invece lasciare indifferenti i personaggi di Ginger e Fred, evidentemente assuefatti, e quindi ormai insensibili, a un tale spettacolo. L’unico a mostrare un barlume di coscienza e, almeno a parole, a tentare una ribellione è il disincantato Pippo/Fred che, insieme alla compagna Amelia/Ginger, si configura come un elemento spurio, una presenza anacronistica (“SIAMO DEI FANTASMI CHE VENGONO DAL BUIO, E NEL BUIO SE NE VANNO”, dice a Ginger), un relitto di un passato che non “è” più; pur se con un atteggiamento un po’ passivo, anche Amelia è frastornata e spaesata dal caotico e rumoroso mondo che la circonda: la sua inadeguatezza ai tempi è palese.

State tranquilli: gli anni ’80 messi in scena nel film, in fondo, rappresentano soltanto una versione deformata, esasperata fino al parossismo, di quelli reali, tuttavia questo ritratto estremo di un’epoca non manca di inquietanti quanto profetiche anticipazioni circa la futura e(in)voluzione della società (e pensare che Fellini si è perso quasi tutti gli anni ’90 e il nuovo millennio: come li avrebbe raccontati?!?!). E cosa, se non la televisione -impietoso specchio dell’umanità- può restituirci, forse ancor meglio dei libri di storia, il ritratto più veritiero di “come eravamo”? Sono gli anni in cui le reti private si affermano prepotentemente, con una strategia editoriale contro-culturale che parla alla pancia della gente, assecondandone i desideri meno “nobili”, compresa l’accanita ricerca di un effimero momento di notorietà (“…E POI QUESTO MITO DELLA TELEVISIONE CHE CI AFFASCINA TUTTI”, risponde Ginger a una giornalista che le ha chiesto cosa l’abbia spinta a partecipare al programma). E allora via con i primi programmi-spazzatura, che non si pongono limiti quanto a costante ricerca di sensazionalismo, patetismo, volgarità, spettacolarizzazione del dolore, esaltazione della mediocrità (se non dell’incapacità) e dei fenomeni da baraccone… Il tutto, facendo leva sull’ignoranza e sulla faciloneria del telespettatore medio, andando ben oltre l’espressione “nazional/popolare” utilizzata in senso dispregiativo dall’allora (siamo nella seconda metà degli anni ’80) presidente Rai Enrico Manca nei confronti di Pippo Baudo. “Ed ecco a voi… riassume in modo impeccabile queste “virtù” televisive, ricordando fin troppo da vicino certe puntate del Maurizio Costanzo Show, e anticipando molti programmi che sarebbero nati in seguito (anche sulle reti pubbliche). A perfetto suggello di tutto ciò, come elemento essenziale e irrinunciabile della TV commerciale, l’onnipresenza dei “consigli per gli acquisti” (alcuni dei quali davvero geniali), che imperversano per tutto il film. Gli spot pubblicitari costituiscono l’apoteosi del nuovo corso culturale: slogan cretini e allusioni sessuali in quantità industriale, anche se si tratta di reclamizzare una marca di pastasciutta. Finisce per farne le spese pure il “povero” Dante Alighieri, anch’egli sacrificato sull’altare della reclame –cosa, peraltro, poi accaduta veramente: ricordate la Divina Commedia scritta sulla portentosa carta igienica chilometrica “Foxy”?! In quest’oceano di rumori molesti e colori abbaglianti che è la nuova televisione, emerge timidamente un’isoletta di sobrietà, quiete, garbo: l’esibizione della coppia d’altri tempi, che solo per un attimo interrompe il frenetico e chiassoso dominio del “regno di plastica”. Questo ”ultimo tip tap a Roma” (giocando un po’ col titolo del capolavoro di Bernardo Bertolucci) crea un fragile momento di magia, e spegne le luci -letteralmente!- su tutto ciò che c’è intorno, proprio come accade durante il valzer appassionato che Gonnella (Paolo Villaggio) balla con la duchessa, ammutolendo i discotecari, ne La voce della luna (1990), l’ultimo film di Fellini, nel quale il Maestro prosegue il discorso di Ginger e Fred in maniera forse ancor più radicale e pessimista, girando di fatto un seguito ideale di quest’ultimo. E pensare che Fred, approfittando dell’improvviso blackout generale nello studio, stava per convincere Ginger a rinunciare all’esibizione e a scappare via, omaggiando il pubblico con “l’italico gesto dell’ombrello” (Mereghetti), proprio come Alberto Sordi, più di trent’anni prima, aveva fatto ne I vitelloni… Per accorgersi, però, di quanto i tempi siano cambiati, e di quanto diverso sia il valore dello stesso gesto effettuato da due personaggi tra loro così lontani, è sufficiente considerare i rispettivi destinatari dell’invito a “quel paese”: dai “LAVORATORI”, infatti, si è passati ai “TELEDIPENDENTI”…

Fine del numero, fine della magia: soltanto una piccola interruzione del flusso caotico, già dimenticata da tutti. E nel finale, dopo che Ginger e Fred si sono separati, la cinepresa lascia l’ultima parola a chi? Ma alla televisione, è ovvio! Ed è di nuovo un accavallarsi di sinto-musica e slogan per convincere i cittadini –ops! Volevo dire i consumatori- a comprare una certa marca di pasta piuttosto che un’altra…

Qualche annotazione su certi dettagli tecnici e artistici di Ginger e Fred, che a mio parere giustificano l’inserimento del film, poco noto presso il grande pubblico, tra i “Fellini” maggiori.

Il primo elemento a balzare all’occhio è il fatto che il regista, nonostante lo squallore del contesto che lo ha ispirato, riesca miracolosamente a mantenere inalterata anche in Ginger e Fred la sua proverbiale, sfrenata visionarietà: la fantasia rimane dunque al potere, senza farsi soffocare o inquinare dalla spazzatura che le sta intorno, e questo è un vero prodigio! Basti vedere i costumi dei vari personaggi che si aggirano per gli studi televisivi, oppure le oniriche coreografie che fanno da contorno al programma “Ed ecco a voi…”: un tripudio di colori e invenzioni in puro stile felliniano! Un altro tipico elemento stilistico del Maestro che ritroviamo nel film, probabilmente in dosi maggiori rispetto ad altre sue opere, è la presenza di scene caotiche e concitate dove più personaggi parlano e agiscono contemporaneamente, provocando nello spettatore un sovraccarico di stimoli dall’effetto ansiogeno e straniante, che in questo caso esprime alla perfezione la confusione e lo smarrimento di quel periodo.

Vale ampiamente il prezzo del biglietto anche l’interpretazione dei due protagonisti, una coppia Mastroianni-Masina in stato di grazia. A spiccare, in particolare, è la prova del grande Marcello (forse l’attore preferito da Fellini), qui autore di una delle sue interpretazioni più memorabili di sempre: sornione, ironico, commovente e teneramente senile.

Molto belle le musiche di Nicola Piovani, che in Ginger e Fred recitano un ruolo a dir poco fondamentale; il giovane (all’epoca) compositore non fa rimpiangere il Maestro Nino Rota, storico collaboratore di Fellini fino alla fine degli anni ’70.

Infine, una piccola curiosità, che impreziosisce ulteriormente un’opera già ricca di motivi d’interesse: al film partecipa, non accreditata, una giovane e riconoscibilissima Moana Pozzi, protagonista di alcuni dei finti spot pubblicitari (come quello dell’”Olivoil”).

Francesco Vignaroli

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