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Zefiro torna e ‘l bel tempo rimena. “La Traviata” a Venezia, quasi un’inaugurazione

Data:

Teatro La Fenice, Venezia, dal 22 agosto al 29 settembre 2017

Arriva l’aria fresca, sollievo dall’afoso clima lagunare d’agosto, e La Fenice riapre i battenti dopo la pausa estiva con La Traviata di Carsen, da tempo in repertorio. Alla mia nona visione, rimango convinto si tratti di uno spettacolo geniale sotto ogni aspetto. Le scene di Patrick Kinmonth, impostate su diverse tonalità di verde, trasudano eleganza e le masse vi si muovono secondo una costante orizzontalità. Nella meditazione sul denaro come motore della vicenda, portata avanti dal regista, l’incontro tra Violetta e Germont non può che avvenire in una foresta ove le banconote volteggiano come effimere farfalle sino a scendere copiose, mentre il lancinante Amami, Alfredo strazia il cuore delle anime sensibili. Altra conferma la si trova nell’erotismo comprato chez Bervoix, ove cowgirls in perizoma e cowboys in chaps sostituiscono zingarelle e matadores, prede e cacciatori d’un far West non proprio lontano. Nella stanza 1206 ormai disadorna, con solo una televisione rotta e un’impalcatura, si chiude la riflessione sulla bellezza e la riproducibilità dell’immagine, iniziata con le fotografie dell’Alfredo reporter. Il light design curato da Carsen e da Peter Van Praet ammanta le atmosfere di luci cupe e confondenti in un progressivo mancar di forze. L’impressione avuta alla prima è di trovarsi non nella stanca routine, ma a una mini inaugurazione. Tutto è stato rivisto, ristudiato e reso meglio del solito da parte dei cantanti, del coro, dell’orchestra e dei tecnici. La scelta di interpreti abili nel coniugare canto e azione, assieme a rinnovate luci e costumi, rendono un lustro diverso allo storico allestimento.

Convince Mihaela Marcu nel ruolo eponimo. Il personaggio è analizzato in ogni minimo dettaglio e si carica di tragico spessore nel precipitare degli eventi. La sua Violetta è donna matura e piacente, in sintonia perfetta con la partitura registica di Carsen. Marcu si trova più a suo agio nel secondo e terzo atto, dove la voce, facendosi importante e pastosa, asseconda l’autentica predisposizione al drammatico. Fraseggio vario, costante tenuta dell’intonazione, Marcu regala dei bellissimi piani in Dite alla giovine, un sofferto Addio del passato, con uno stupendo “tutto finì” nella seconda ripresa, e un carismatico Gran Dio! Morir si giovane. Conservo invece qualche riserva sul canto d’agilità, migliorabile, come l’acuto sul mi bemolle del finale primo, dove il risultato non è quello sperato. Un plauso va a Ivan Magrì, Alfredo controcorrente. Non il solito bamboccione, ma un amante sanguigno, virile, scevro da languidi romanticismi, dal piglio guerresco alla Manrico. Lo strumento, calibrato più al centro che nell’acuto, è generoso, capace di plasmarsi all’esigenza, porgendo giusti accenti e esuberanti slanci. Il Germont di Giuseppe Altomare denota timbro interessante, ma afflitto da un leggero vibrato. Finalmente un Douphol presente! William Corrò lo interpreta in maniera convincente, con voce sempre chiara, ottima in volume ed espressione, imperioso e disinvolto anche sulla scena. Puntuale l’Obigny di Matteo Ferrara, come il Grenvil di Francesco Milanese. Flora corretta quella di Elisabetta Martorana. Altalenante l’Annina di Sabrina Vianello. Emanuele Giannino è Gastone.

Enrico Calesso dirige l’Orchestra senza particolari memorabilia, scegliendo tempi non sempre condivisibili, come nei due preludi eccessivamente melensi, e dinamiche grossolane.

Il Coro, preparato da Claudio Marino Moretti, è in splendida forma.

Sala piena e applausi convinti per Marcu, Altomare, Magrì e Calesso alla prima del 22 agosto.

Luca Benvenuti

La Traviata
Melodramma in tre atti di Giuseppe Verdi su libretto di Francesco Maria Piave, dal dramma La Dame aux camélias di Alexandre Dumas figlio.
Personaggi e interpreti (primo cast):
Violetta Valéry: Mihaela Marcu
Alfredo Germont: Ivan Magrì
Giorgio Germont: Giuseppe Altomare
Flora Bervoix: Elisabetta Martorana
Annina: Sabrina Vianello
Gastone: Emanuele Giannino
Il barone Douphol: William Corrò
Il marchese d’Obigny: Matteo Ferrara
Il dottor Grenvil: Francesco Milanese
Maestro concertatore e direttore: Enrico Calesso
Regia: Robert Carsen
Scene e costumi: Patrick Kinmonth
Light designer: Robert Carsen e Peter Van Praet
Orchestra e Coro del Teatro La Fenice
Maestro del Coro: Claudio Marino Moretti
Allestimento Teatro La Fenice
Foto Michele Crosera

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