Trieste, Teatro Lirico Giuseppe Verdi, Stagione Sinfonica 2017, 13-14 ottobre 2017
Protagonista ed artefice di molti progetti nati per favorire il sostegno delle nuove generazioni in ambito musicale, con il dichiarato intento di “restituire alla comunità” quel che aveva a suo tempo ricevuto, il giovane Kahchun Wong, originario di Singapore, ha diretto con un gesto molto morbido, calmo e pacato il quarto concerto sinfonico al Teatro Giuseppe Verdi di Trieste.
Numerosi gli elementi che hanno reso il penultimo appuntamento della stagione interessante ed equilibrato, pur in presenza di un apparente contrasto a partire dalla scelta del programma, in cui al Quinto Concerto in la minore per violino e orchestra di Niccolò Paganini è stata accostata la Quarta Sinfonia in sol maggiore – mi maggiore (Das himmlische Leben) di Gustav Mahler.
È vero, il tema scelto quest’anno propone la presenza di figure angeliche e diaboliche, forze del bene e forze del male, sacro e profano, ma qui gli opposti mondi sembrano far emergere, attraverso una dolce ambiguità, l’esistenza di confini labili fra i due regni grazie ai quali una forte aspirazione alla magia e alla trascendenza si rivela di fatto incapace a liberarsi da quel che risulta essere invece profondamente umano.
Ecco allora che dal “mefistofelico” virtuosismo richiesto al solista nel Concerto di Paganini emerge un fascino che supera di tanto la fredda e precisa esecuzione, grazie alla sublime interpretazione di Sergej Krylov che Kachcun Wong asseconda, lasciando che l’Orchestra svolga con perizia il non sempre facile ruolo di “sfondo sonoro”. Lo stesso vale per i magnifici bis concessi dal grande violinista (il Capriccio n.24 di Paganini, proposto accanto al Preludio dalla Sonata in sol minore di Johann Sebastian Bach).
Ma è con la Sinfonia di Mahler, diretta con maestria da Kahchung Wong, che l’ambiguità si fa ancora più chiara e presente, ricolma di umorismo amaro che a volte si fonde nel grottesco grazie ad un’infinità di suggerimenti uniti e combinati in modo mirabile.
La finis Austriae è chiaramente presente, ben dichiarata, ma allo stesso tempo costantemente nascosta con abilità, come ad esempio tra le pieghe delle citazioni schubertiane, che a loro volta rimandano a Mozart o Haydn e, dal punto di vista letterario, alle opere di Arthur Schnitzler o di Karl Kraus.
La complessità del discorso musicale è data soprattutto dalla gran quantità di idee che si inseriscono mescolandosi ed integrandosi in un Tutto in cui Bene e Male sono strettamente legati senza opporsi mai veramente, ma dimostrandosi piuttosto quasi “paritetici settori di un’unica struttura”, come bene descriverà Michail Bulgakov ne Il maestro e Margherita e come qui è espresso con chiarezza cristallina nel Lied conclusivo, ultimo movimento di quest’opera di Mahler, la cui parte vocale è stata affidata qui con grande appropriatezza alla bellissima voce bianca di Riccardo Masseni piuttosto che a un soprano, amplificando così ulteriormente, attraverso una voce infantile, la percezione della compresenza di gioia, piacere e brutalità nella vita terrena, ma anche in quella celeste.
Grandi applausi da parte del pubblico della Prima alla conclusione di entrambe le parti di questo impegnativo concerto.
Paola Pini