Teatro del Maggio Fiorentino, Opera di Firenze. Mercoledì 29 novembre 2017
Un allestimento già storico, se così possiamo dire, quello de La Sonnambula di Bepi Morassi, nato al Teatro La Fenice di Venezia. Un allestimento che dimostra tutta la sapienza scenica del regista, unita alle bellissime scene di Massimo Checchetto.
Questa Sonnambula è ambientata nella Svizzera degli anni ’30, dove si aprono grandi scenari innevati di montagna, dove gli abitanti del luogo sono anche sciatori, dove l’arrivo del Conte Rodolfo avviene tramite una funivia. La prima scena è di grande gusto, delicata, pulita, aperta, lascia il giusto spazio ai protagonisti senza comprimerli, si assapora così la fresca e aperta aria delle Alpi – l’entrata del bus rosso, poi, all’inizio del secondo atto, è in grande stile e il suo colore s’inserisce perfettamente nella cromia dell’insieme. Questa è l’unica scena esterna, insieme a quella che nel secondo atto vede il tentativo di Amina di farsi perdonare dal Elvino dopo il “tradimento”. Essa è bucolica, dando valore agli ampi spazi, dove si mostra una foresta sullo sfondo e dove una staccionata delimita la proprietà di Elvino. Puliti gli esterni, come gl’interni, che nella loro sontuosità non risultano mai pesanti, con le alte vetrate che s’innalzano sul fondale (utilizzate sia per la scena della camera di albergo sia per la festa finale), con la stanza da letto immersa in un evocativo colore cremisi.
In questa scena i personaggi si muovono in modo organico e a loro agio, sono quindi apprezzabili le scene di massa, sempre molto ordinate, anche grazie ai costumi in tinta di Carlos Tieppo, che allietano l’occhio.
Ho apprezzato la prova di tutti i cantanti, ma, se dovessi fare un nome su tutti, farei quello del basso-baritono Nicola Ulivieri nei panni del Conte Rodolfo. Un timbro profondissimo, caldissimo, spettrale, imponente. Un ruolo che gli si confà appieno e lo dimostra tratteggiando il suo personaggio donandogli delle sfaccettature allo stesso tempo mistiche, frivole e oneste. Sarà proprio lui infatti, una sorta di raisonneur pirandelliano, a rimettere in piedi la situazione.
La Lisa Giulia Bolcato è vivace e fresca e mi è piaciuto il suo timbro variopinto, modellabile ai diversi accenti. Esecuzione perfetta quella del tenore Shalva Mukeria nei panni di Elvino, di una perfezione che non perde di vista il più lato viscerale ed emotivo. Si avverte tra di lui e l’Amina Laura Giordano un ottimo feeling, che permette di dare ancora maggiore credibilità all’insieme. Anche lei, la Sonnambula Giordano, si destreggia ottimamente in un personaggio complesso qual è la protagonista dell’opera belliniana, che oscilla tra il sentimento dell’amore e del perduto amore, passando dal canto estatico del sonno. Tre stadi che la soprano delinea bene, sia dal punto di vista vocale, dove rispetta i tempi dilatati della delicata musicalità del melodramma, che interpretativo, regalandoci una Sonnambula forse più melanconica di altre interpretazioni, ma forse per questo ancora più interessante.
Il tutto è incorniciato dall’ottima prova del Coro e dell’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino, diretta da Sebastiano Rolli, che rispetta la dolcezza e la melodia lunga di Bellini, distendendo beni i tempi orchestrali, proprio perché questo tipo di musica ha bisogno di respirare senza sentirsi imprigionata, non a caso Bepi Morassi ha voluto un’ambientazione così aperta, perché entrasse in connubio con lo spirito del compositore.
Stefano Duranti Poccetti