Trieste, Politeama Rossetti – Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, 11 dicembre 2017
Sono passati vent’anni dalla scomparsa di Giorgio Strehler e Trieste, la città natale da lui amata e tanto ben compresa nella sua contradditoria complessità, vuole ricordarlo con una serie di manifestazioni iniziate con “Trieste per Giorgio Strehler”, serata di omaggio curata da Franco Però e svoltasi nella Sala Assicurazioni Generali del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia.
In un’atmosfera raccolta, affettuosa e brillante, lontanissima da formalismi o da qualsiasi sorta di retorica, Renato Sarti, Pamela Villoresi, Gabriele Lavia, Andrea Jonasson e Ferruccio Soleri si sono avvicendati nel narrare episodi da loro vissuti assieme al grande regista.
Grazie alla collaborazione con la RAI – Sede Regionale per il Friuli Venezia Giulia il pubblico ha potuto anche vedere alcuni spezzoni di filmati tratti da spettacoli da lui realizzati nel corso degli anni.
I racconti e il “suo” teatro hanno in poco tempo creato una sorta di incantesimo da cui è scaturita una grande nostalgia per la genialità di uno straordinario poeta del teatro capace di usare la propria arte come strumento per nutrire l’anima del pubblico.
Nei suoi scritti, letti con amore ed emozione da Andrea Jonasson, Strehler parlava del bisogno di ritornare alla “bontà come atto quotidiano”, ricordava che “non si è nulla sulla scena se non si è prima dentro”. Per lui il teatro era azione civile, politica nel senso più alto del termine; lo realizzava unendo, in quella che riteneva essere una vera e propria missione, impegno, passionalità e magistero; ad essi era legata strettamente una capacità superna di dare al gesto più semplice un significato profondo e denso.
Tra le sue tante regie sono state ricordate quelle per “Il campiello” e “Arlecchino servitore di due padroni” di Carlo Goldoni, “L’isola degli schiavi” di Pierre de Marivaux, “Re Lear” di William Shakespeare, “L’anima buona di Sezuan” di Bertolt Brecht e i filmati hanno riportato il pubblico indietro nel tempo. In essi colpisce sempre l’armonia risultante da misura ed equilibrio estremi nell’interpretazione, nei tempi scenici e nella gestualità che, assieme a una riduzione delle scenografie all’essenziale, faceva crescere la forza poetica di quel che avveniva in scena a un punto tale da sfiorare la trascendenza.
Non poteva mancare un accenno al suo rapporto con la città natale e, molto opportunamente, è stato scelto un breve intervento tratto da una trasmissione su di essa. Giorgio Strehler inizia leggendo la poesia “Trieste” di Umberto Saba e da essa prende spunto per esprimere il proprio sentire, il proprio amore per una città non molto amabile con i propri figli, spesso poco protettiva, sempre amata da chi vive lontano. A un certo punto dice: “ma forse questo è un destino di noi triestini, di essere inquieti, di non essere mai tranquilli, di essere sempre inappagati e allora, grazie anche per questa tua inquietudine che ti fa così viva, che ci fa così vivi, grazie…mia Trieste”.
Ci sono persone la cui scomparsa lascia vuoti fisicamente percepibili perché erano dotate di un’umanità profonda, avvertita in ogni loro opera, piccola o grande non importa. Ricordarli in modo amorevole aiuta per un po’ a sentirli ancora presenti e ad alleviare il rimpianto.
Paola Pini