Roma, Teatro Torbellamonaca, dal 18 al 20 gennaio 2018
Nel parco cittadino di Luca De Bei, messo in scena al Teatro Torbellamonaca dal 18 al 20 gennaio, brulica la vita di personaggi messi alle corde, spiazzati da un sistema di cui fanno parte ma che li ha stretti all’angolo delle proprie coscienze, obbligati ad essere ciò che non sono. E allora c’è chi esplode, facendosi espellere da quel sistema e chi invece reprime il proprio sentire, autoisolandosi insieme ai propri desideri. Dar di matto ad un matrimonio di un amico, o sognare di poter indossare un paio di scarpe rosse da donna col tacco 10 e poterci andare in ufficio, aspettare un figlio in un rapporto finito, o sentirlo d’intralcio nell’illusoria aspirazione al mondo dello spettacolo, affidare ogni speranza al trascendente o farsi di eroina. Sogni e desideri accantonati nel carillon delle ombre umane, delle esistenze ai margini. Un incontro continuo, due personaggi per volta, su quella panchina che diventa proscenio della realtà in contrasto col grande palcoscenico delle apparenze, delle costrizioni. Una panchina in un parco anch’esso marginale, tanto che l’erba è di plastica e contornata da decine di lattine, nato su una vecchia discarica. Se in City Park non c’è la crudezza di Nessuno muore, dello stesso autore, che nelle dinamiche lo ricorda, il grido di Luca De Bei su quella che è la nostra società, si conferma tanto quanto il gusto estetico dei suoi lavori. E se in Nessuno muore la speranza era in un contatto alieno, in City Park è nella saggezza di una donna, una clochard del parco, e in una rinascita in nuove galassie, un nuovo sistema che potrà nascere dall’esplosione del precedente, come una supernova.
In City Park tutto questo e tanto altro è proposto con il sorriso e affidato a cinque giovani attori che riescono perfettamente a tradurre in modo credibile i sentimenti dei personaggi creati dall’autore. Francesco Brunori, Dario Calonego, Imma Daggiano, Carla Recupero e Paola Silvestri, ognuno di loro incarma due personaggi antitetici, impresa difficile, ma sono sorprendenti nelle loro interpretazioni, tanto nella credibilità degli stessi personaggi, quanto nella trasformazione fisica incredibile e velocissima grazie al trucco e ai costumi. Sono loro le anime che si muovono nel parco, di giorno e di notte, molto convincenti, dirette da una regia come sempre bellissima.
Gli oggetti gettati, rifiutati, ci dice il testo, continuano a vivere. Come le persone che, pur nelle difficoltà e nello smarrimento quotidiano, continuano a cercare se stesse ed un senso alla propria quotidianità. Grottesche, rabbiose, ingrigite, umiliate, prevaricate, fustigate, costrette in schemi e gabbie. Tenere e sole. Ma vive. Nel parco cittadino di Luca De Bei, sulla bella scena non rassicurante e coloratissima di Valeria Mangiò, in scena ci siamo tutti noi.
Paolo Leone