Pordenone, Teatro Concordia. Sabato 24 febbraio 2018
L’amore per la musica rock condivisa tra interpreti classici può portare a risultati inaspettati, dimostrando chiaramente quanto labile possa essere a volte il confine tra musica “colta” e “popolare”, soprattutto quando a una sana curiosità si aggiungono tanta tenacia e una fine sensibilità, oltre a indubbie capacità organizzative.
Nella stessa serata è stato così possibile ascoltare l’interpretazione curata e attenta di un omaggio alla musica inglese con tre brani di compositori appartenenti a epoche molto lontane ma legati fra loro da molteplici elementi.
Il direttore che ha diretto il concerto, il M° Alberto Pollesel, nel raccontare la genesi del concerto, ha ricordato come l’idea iniziale del trombettista sardo Ninni Pillai sia stata subito accolta, e con entusiasmo realizzata dal M° Beniamino Gavasso, Direttore Artistico dell’Orchestra Naonis di Pordenone, che ha saputo coinvolgere nell’impresa il Coro del Friuli Venezia Giulia diretto dal M° Cristiano Dell’Oste e la Tribute Band dei Pink Size.
Si è iniziato con il barocco della Sinfonia n.1 in si bemolle maggiore di William Boyce, generalmente poco eseguita, interessante preludio alla successiva e ben più nota Simple Symphony del novecentesco Banjamin Britten, opera giovanile creata a partire da otto temi tratti da altre precedenti, brani per pianoforte, in particolare suites, e canzoni; in essa dominano suggestioni folkloriche che, a partire da melodie popolaresche e tradizionali si amplificano dal grande uso del pizzicato, attraverso il quale i nobilissimi archi sembrano trasformarsi in rustici strumenti appartenenti a un tempo passato.
I primi due autori proposti ebbero in comune l’esperienza con la musica vocale (il primo in qualità di esecutore, il secondo per le numerose pagine scritte) ed un legame con Henry Purcell (Boyce in come redattore di una ponderosa antologia della musica liturgica inglese, mentre per Britten si trattò piuttosto di un’affinità nell’ambito della poetica compositiva).
Senza alcun intervallo a delimitare i due mondi, ecco apparire in scena una nutrita sezione di ottoni, il coro e la band per l’esecuzione di Atom Heart Mother, una Suite raramente eseguita e divisa in sei parti legate fra loro da dialoghi ed effetti sonori, tratta dall’omonimo album dei Pink Floyd nell’arrangiamento originale di Ronald “Ron” Geesin, il compositore sperimentale che accompagnò agli inizi degli anni 70 del Novecento lo storico gruppo britannico nel passaggio dal Rock Psichedelico a quello Sinfonico.
Caratteristica comune all’intero programma è un facile ascolto, ma una non semplice esecuzione, sia dal punto di vista prettamente esecutivo, per la complessità della scrittura musicale, sia per l’oggettiva difficoltà nel trovare tre ensemble così eterogenee in grado di dialogare con efficacia fra loro e di trasmettere in modo adeguato emozioni al pubblico.
L’entusiasmo degli spettatori che hanno affollato il teatro è stato molto vivace come ci si aspetta in un concerto rock. e in qualche modo si è riflesso anche per le esecuzioni “classiche”; a partire da ciò è stato interessante cogliere, nel modo di partecipare delle tre diverse compagini, un comune sentire integrato armoniosamente con il mantenersi fedeli a posture e atteggiamenti tipici di ognuna: cosa molto apprezzabile in un mondo come il nostro, in cui troppo spesso non si sa più restare se stessi nell’incontro fra diversi, preferendo dar vita in tali occasioni a un annullamento reciproco e indistinto in cui nessuno è in grado di cogliere l’occasione per uscirne arricchiti.
Ci sarà la possibilità di riascoltare la Suite dei Pink Floyd nell’esecuzione che si svolgerà a Sacile il 13 maggio prossimo, presso il Teatro Zancanaro.
Paola Pini