Al Teatro India di Roma, fino al 29 marzo 2018
Partita nel 2012 per iniziativa di Giulia Minoli con la regia di Emanuela Giordano e la promozione di associazioni benemerite come la ”fondazione G. Falcone”, il “Centro studi F.Borsellino” ed altri, contando sul patrocinio del ministero della giustizia e del Mibact, il progetto di ricordare coloro che hanno avuto il coraggio e la forza morale di non cedere alle mafie, ma di denunciare ed accettare con coro familiari il “piano protezione”, è giunto al suo terzo atto, con l’omaggio evocativo ad altri dieci drammi in sintesi da parte dell’affiatato gruppo d’attori. Tutto questo è venuto fuori dalla lettura di una serie di processi, fascicoli giudiziari, articoli di giornali ed interviste a congiunti e parenti delle vittime,che hanno messo in evidenza le complicità e collusioni di funzionari ed impiegati statali e bancari,la spietatezza dei ricatti e dell’uccisioni ad iniziare da quella del giudice di Torino Bruno Caccia ucciso a Bardonecchia dall’ndrangheta calabrese, la stessa che pochi giorni fa ha ammazzato a Bratislava in Slovacchia il giornalista che stava indagando sulla complicità dei politici locali senza risparmiare nemmeno la sua fidanzata.Nella citazione delle vittime non sono mancati giornalisti, come W. Tobagi e C. Siani, il padre di G. Tiziano,funzionario di banca, oppostosi alla mafia della Locride, che ha studiato l’infiltrazione della criminalità a nord in Emilia Romagna con affari che hanno legato l’economia illegale a quella reale, con l’apertura di Bingo e centri di scommesse per il riciclaggio del denaro sporco;tuttavia si sono riportati pure i fatti di imprenditori quale G. Saffioti che ha denunciato le violenze e minacce di molti boss di Gioia Tauro, divenendo collaboratore di giustizia come M. Stefanelli, testimone al maxi processo Minotauro,che inquisisce le cosche meridionali in Piemonte dove G. A. Leone sindaco di Leinì ha ripreso l’impegno civico di un comune prima sciolto per mafia.Insieme a loro come dimenticare F.Angeli ad Ostia in cui il collega Piervincenzi di Rai è stato preso a testate dallo Spada.L’industriale Trapanese, Ferraro minacciato vanamente dal clan di M. Messina di Castelvetrano, l’attuale capo della cupola siciliana che può contare sull’appoggio del territorio silenzioso e delle logge massoniche che s’erano rifiutate di consegnare loro elenchi,in cui molti padrini sono iscritti, come ha ribadito l’ormai ex presidente della commissione Antimafia R. Bindi che ha fatto sequestrare dalla Guardia di Finanza. Nessuno ha da temere, i diritti sono garantiti per tutti. Le donne non fanno solo parte o sono capi dei clan quando i mariti sono dentro,come alcuni casi campani e pugliesi con insulti e schiaffi alla giornalista di Rai M. G. Mazzola hanno dimostrato; ma pure confidenti dell’autorità giudiziaria e vittime perfino minorenni come Santino Di Matteo sciolto nell’acido per vendetta suo padre collaboratore pentito. A pagare sono spesso pure indirettamente i figli come la giovane N. Polifroni calabrese in cui il padre fu preso in quanto non pagò il pizzo imposto. G. Agostini, presidente di “The CO e componente della commissione parlamentare ha precisato che anche a ROMA specie nel VI municipio esiste la mafia pure se il processo a Carminati e Buzzi ha negato. Combattere uniti.
SusannaDonatelli