“Può un’opera teatrale mostrarci la vera natura dell’amore?” Questa è la domanda che pone Shakespeare in love, al Teatro Brancaccio fino all’11 novembre, utilizzata anche come promo di questa megaproduzione, adattamento teatrale dell’omonimo film del 1998 di John Madden, vincitore di 7 premi Oscar. La risposta forse non c’è e non ci sarà mai, ma una cosa è certa: questo spettacolo è una scommessa in tempi di magra, in cui anche gli allestimenti teatrali languono e sopravvivono grazie all’impegno d’amore (questo si) dei nostri teatranti. Shakespeare in Love è un’immersione in un tempo lontano e ne rappresenta le atmosfere, le passioni, gli intrighi, la fame, la follia, gli affanni e le beghe che giravano e girano tutt’ora, altroché, intorno al mondo teatrale. Cambiano le regole, cambiano i regimi, ma le dinamiche rimangono le stesse. E’ forse nelle condizioni estreme che i geni poi trovano l’ispirazione e il guizzo vincente, proprio come il povero ma già famoso Will Shakespeare, incarnato sulla scena da Marco De Gaudio, che qui vediamo alle prese con le difficoltà di un’ispirazione che arriverà poi tramite l’incontro con Viola De Lesseps, interpretata da Lucia Lavia. Il pubblico vedrà nascere, in un gioco registico vorticoso e bellissimo, l’opera di Romeo e Giulietta dalla prospettiva delle quinte teatrali e dalla storia d’amore impossibile tra Will – Romeo e Viola – Giulietta. Teatro nel teatro e teatro del teatro, come ha ben spiegato il regista Giampiero Solari nella conferenza stampa.
Guardando il palco, tutto diventa chiaro e godibile in uno spettacolo corale dal ritmo quasi cinematografico, che rallenta un po’ troppo nel secondo atto, almeno nella mia personalissima percezione. Ambientazione suggestiva, costumi meravigliosi (indossati anche dalle maschere in platea), musiche suonate dal vivo dagli stessi attori in più frangenti, tante le citazioni letterarie dal mondo delle opere shakespeariane, fanno di questa rappresentazione uno spettacolo il cui sfarzo è, più che nell’allestimento, nelle idee registiche (Solari – Fornasari) che accompagnano la commedia e la rendono visivamente bella, fruibile anche da chi non sapesse nulla delle opere del Bardo e delle usanze dell’epoca in teatro. E questo, a mio parere, è un punto di forza, che diventa anche istruttivo per i giovani che, si spera, andranno a vederlo al Brancaccio. Il tono della commedia è sempre presente, fino alla battuta finale lasciata alla Regina Elisabetta, una credibilissima Lisa Angelillo. L’ensemble è di ottimo livello, armonico, divertente. Lucia Lavia, non nuova al ruolo di Giulietta, si divide nel doppio ruolo di Thomas Kent (mutuato dal Re Lear) che si presenta al provino per “Romeo e Ethel, la figlia del pirata” sbalordendo l’autore, e di Viola, la ragazza con la passione per il teatro a cui, in quanto donna, è vietato mettere piede sul palcoscenico. Con ironia e leggerezza porta sulla scena la storia d’amore senza futuro tra Viola e Will e il coraggio del suo personaggio. Così come ironia e leggerezza pervadono tutto lo spettacolo, non pienamente comprese da tutti, tanto da dividere una parte di spettatori in questa prima. Sarà il pubblico vero, quello pagante, lui sì davvero sovrano, a decretarne la sorte.
Non ho spazio per poter scrivere di ogni personaggio, alcuni davvero ben interpretati, ma Shakespeare in Love nel suo complesso mi è piaciuto, è uno spettacolo sull’amore all’interno dell’amore per il teatro, che sicuramente è più duraturo di quello tra due esseri umani. Forse è questa la risposta alla domanda iniziale.
Paolo Leone