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IL CAPPELLO DI CARTA. La vita non si ferma, rilancia

Data:

Al Teatro Marconi di Roma dall’8 al 18 novembre 2018

Il cappello di carta, tipico, un tempo, dei muratori nei cantieri. Un oggetto semplice, povero, pratico. Messo nelle mani, metaforicamente, di un maestro di eleganza e delicatezza drammaturgica quale Gianni Clementi, diventa anche un totem necessario alla sopravvivenza della famiglia, ma da cui cercare di affrancarsi provando, se mai ci si riuscirà, a non trasmetterlo ad una nuova generazione che sta nascendo in quel nucleo familiare. La commedia in scena al Teatro Marconi dall’8 al 18 novembre, il cui titolo evoca appunto il copricapo dei muratori, una delle più rappresentate dell’autore romano, ha il pregio di unire tante tematiche utilizzando la storia quotidiana di una famiglia operaia nella Roma del 43, tra l’estate e l’inizio dell’inverno, con pennellate di raro realismo. La vicenda, ambientata in una casa umile (bella la scena di Giulia Colombo) vede protagonisti Carlo, un nonno  muratore in pensione un po’ svanito ma energico, interpretato magistralmente da Armando Puccio, il figlio Leone,  muratore anch’egli, marito di Camilla, la sorella di lei Anna, vedova e in cerca di un buon partito, il nipote Candido che non ha nessuna voglia di lavorare in cantiere col padre, la sorella Bianca preda dei primi turbamenti d’amore ed il suo spasimante Remo, amico a sua volta del fratello. Le dinamiche familiari, realistiche e molto divertenti, ben presto si fondono con la storia che scorre aldilà della grande finestra rappresentata sul palco, i cui eventi sono scanditi nei cambi scena da una radio d’epoca adeguatamente illuminata e sospesa in aria, oltre il proscenio, con registrazioni autentiche di bollettini di guerra e radiogiornali. Insieme ai personaggi, nella casa entreranno gli echi del bombardamento di San Lorenzo, la paura per l’occupazione tedesca, il mercato nero, le rappresaglie, fino al tragico rastrellamento del ghetto ebraico. Proprio da quell’atto infame, inaspettatamente, un raggio di nuova speranza illuminerà quella famiglia in difficoltà. La vita continua.

Figli di Roma, potremmo scrivere. Lo sono i personaggi, lo sono le atmosfere, lo è sicuramente l’autore e lo è un cast che ha bene interpretato questa storia intrisa di difficoltà ma anche di dolcezza, di fatica ma anche di tanta umanità. Armando Puccio riesce a dare la giusta durezza e il giusto calore al personaggio del nonno Carlo, centrale nella storia e nella famiglia (una volta almeno era così). Suo figlio Leone, capofamiglia pragmatico e ipercritico, e la moglie Camilla, in questa edizione hanno la voce e i corpi di Fabrizio Pallotta e Stefania Graniero, in parte dalla prima battuta, credibili. Così come Simona Mancini, la vedova Anna, bravissima nella caratterizzazione del suo personaggio. Valeria Spada, la giovane Bianca, graziosa nella parte, ma a tratti precipitosa nell’eloquio. Mi sono molto piaciuti Daniele Locci nel ruolo di Candido (e già nel cast di Romeo l’ultrà e Giulietta l’irriducibile, straordinario spettacolo di Gianni Clementi) e Marco Pratesi in quello di Remo, tempi giusti, naturalezza, armonia. Appropriati il disegno luci e i costumi (di Lucia Mirabile).

 Tipica commedia “clementiana”, uno spaccato familiare intenso, immerso nella storia di una Roma anni 40, quasi un prologo di quel che sarà poi un altro grande successo, La Spallata, ambientata sempre nella nostra città, allora ricca di sogni e speranze nel dopoguerra e lanciata verso il boom economico. Il cappello di carta è memoria di un’umanità sparita ma dalla quale proveniamo. Da vedere.

Paolo Leone

Roma, Teatro Marconi, dall’8 al 18 novembre.
Il cappello di carta, di Gianni Clementi.
Regia Felice Della Corte
Con: Stefania Graniero, Fabrizio Pallotta, Daniele Locci, Simona Mancini, Armando Puccio,  Marco Pratesi,  Valeria Spada.
Scene Giulia Colombo; Costumi Lucia Mirabile; Foto Valerio Faccini; Grafica Giulia Galleasso.
Si ringrazia l’ufficio stampa del Teatro Marconi nella persona di Rocchina Ceglia.

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