“La paranza dei bambini” è un film del 2019 diretto da Claudio Giovannesi, basato sull’omonimo romanzo di Roberto Saviano el 2016
Il film è stato presentato in concorso al Festival di Berlino 2019, e ha vinto Il premio per la miglior sceneggiatura:
“Dedico questo premio alle Ong che salvano le vite nel Mediterraneo” ha detto Roberto Saviano alla cerimonia di premiazione della 69ma edizione del Festival di Berlino. “Raccontare la verità nel nostro Paese è diventato molto complicato”, ha aggiunto.
“Vogliamo dedicare questo premio al nostro paese nella speranza che l’arte, la cultura e la formazione tornino ad essere una priorità per l’Italia” ha detto Claudio Giovannesi.
Un gruppo di minorenni si arma, inizia a lavorare per la Camorra e decide ad un certo punto di prendere il potere nel proprio quartiere per porre fine all’estorsione e alla paura, tutto parte proprio con il protagonista che non vuole che la madre , cosi come tutti i commercianti del rione Sanità, paghino più il pizzo. Non sono figli di criminali che cercano la loro strada ma figli di famiglie oneste che scelgono il crimine per fare del bene prendendo la vita più diretta, almeno loro cosi ingenuamente credono.
Dopo Gomorra, che ha dato vita al film di Stefano Sollima e alla serie tv di grande successo internazionale, arrivata quest’anno alla quarta stagione, Saviano ha pubblicato ZeroZeroZero, sul traffico di cocaina, nel 2013, seguito nel 2016 da questo libro sulle gesta dei giovani e giovanissimi criminali reclutati dalla camorra per i loro loschi scopi.
Prima del film ne è stato tratto uno spettacolo teatrale, presentato al festival dei Due Mondi di Spoleto, con la regia di Mario Gelardi, dove è stato acclamato da tutta la critica.
Il titolo del libro è fortemente metaforico: Se paranza in gergo camorristico è il gruppo armato, nella pesca indica quei pesci non ancora adulti che, attratti dalla luce delle lampare, si staccano dal fondo e vengono facilmente catturati dalle reti.
A dirigere il film, è Claudio Giovannesi, regista e musicista romano, che ha debuttato nel 2008 con La casa sulle nuvole (premio speciale della Giuria al Festival di Bruxelles), dirigendo tra gli altri l’acclamato Fiore, che gli ha valso un Nastro d’Argento speciale e a Valerio Mastandrea il David come miglior attore non protagonista. Giovannesi non è estraneo al mondo narrato da Saviano, visto che ha diretto nel 2016 anche due episodi della serie tv Gomorra. Ad adattare la sceneggiatura per il cinema ha contribuito con Giovannesi e Saviano anche Maurizio Braucci, scrittore e giornalista napoletano, che ha firmato tra gli altri Gomorra, Napoli Napoli Napoli di Abel Ferrara, Tatanka, Anime nere, Pasolini e L’intrusa.
La fotografia del film è del palermitano Daniele Ciprì, poliedrico regista, sceneggiatore, direttore della fotografia, montatore e docente, di cui ricordiamo anche il programma di culto Cinico tv, in coppia con Franco Maresco. Come direttore della fotografia ha già collaborato con Giovannesi in Alì ha gli occhi azzurri e Fiore.
Il successo grazie a interpreti e volti azzeccati e in grado di supportare e arricchire il suo progetto, i casting sono stati fatti benissimo:
Sono cuochi, barbieri, baristi come Francesco… Il regista e il suo team li hanno scovati nei quartieri cittadini. È stato il film ad andare da loro. Non hanno alcuna intenzione di cambiare vita. O forse sì. Ma se non dovesse accadere, l’importante è stato di aver dato una soddisfazione ai propri genitori nel partecipare a un progetto tanto nobile poiché porta alla luce storie che forse tutti noi conosciamo, ma solo uno è stato in grado di raccontare. I ragazzi seppur senza alcuna esperienza sembrano attori ben navigati nel mestiere.
A risaltare dal racconto realista de La Paranza dei Bambini è soprattutto lo squallore, il degrado e l’immobilismo. Il senso di oppressione che i ragazzini sullo schermo provano è trasmesso abilmente al di là dello schermo, grazie anche alle riprese in piano sequenza e con l’aiuto della steadycam.
Rispetto ad altri film dello stesso genere, “La paranza dei bambini” vanta un respiro più universale: potrebbe riguardare adolescenti di periferie a latitudini e longitudini diversissime da quelle partenopee. Inoltre non è il focus la criminalità, ma il regista si sofferma molto sul vissuto dei ragazzi, specie il protagonista, raccontandone gli amori, le paure e tutto quello che un ragazzo può provare e vivere a 15 anni.
Il film si chiude proprio nel momento di massima tensione, si spera per scelta artistica e non per altre ragioni, lasciando il dubbio che il film avrebbe meritato un finale molto più crudo. Il finale lascia dunque con l’amaro in bocca, chiudendosi proprio sul più bello, o meglio, sul momento più vivo del film, ma questo ci fa sperare almeno in un secondo capitolo.
Marco Assante