Cormons, Sala Civica del Comune, 3 marzo 2019
Il Festival ENoArmonie, giunto alla tredicesima edizione, è un piccolo gioiello di leggera e sapiente bellezza ideato e promosso dall’Associazione Musicale “Sergio Gaggia”.
Si tratta di un’interessante esperienza sensoriale, intelligente gioco creato a partire dal titolo dell’iniziativa, che sollecita l’uso simultaneo e interagente di sensi come l’udito, il gusto e l’olfatto, abitualmente non contigui in modo naturale: ai brani di musica da camera che costituiscono il programma del concerto sono infatti abbinati vini provenienti dal territorio circostante e con essi gli organizzatori creano ogni volta un diverso e originale menu.
L’evento di domenica scorsa, per la prima volta ospitato presso la Sala Civica del Comune di Cormons, ha avuto un’ulteriore particolarità: il concerto solistico di Alessandra Ammara, interprete di vaglia, si è trasformato in un inedito duo grazie alla presenza di Roberto Prosseda, anch’egli fine pianista oltre a essere suo marito, che ha ricoperto il ruolo di enorelatore, la guida prescelta per l’insolita degustazione.
Le descrizioni dei vini e delle composizioni musicali si sono impercettibilmente mescolate, costituendo non soltanto un’efficace guida per avvicinarsi con maggiore consapevolezza alle opere musicali e dei prodotti della vite, ma diventando pure l’occasione per cogliere quanto i termini usati per la descrizione di un’arte possano altrettanto bene definire le caratteristiche dell’altra, a dimostrazione che le sinestesie (è il termine che definisce queste contaminazioni generalmente involontarie fra i sensi), possono essere in qualche modo evocate attraverso adeguate sollecitazioni verbali.
Si sono create alchimie molto delicate, uniche, capaci di produrre sensazioni di rara potenza e intensità.
Ecco, ad esempio che la natura frizzante di una rara Ribolla spumantizzata (è generalmente ferma) ben si è combinata con le evocazioni effervescenti di Claude Debussy (La puerta del vino) e Domenico Scarlatti (le sonate K32, K491 e K492); lo stesso vino ha accompagnato l’ascolto di Des pas dur la neige, cesello sonoro creato da una delicatissima alternanza di dinamiche, dell’ironico e imprevedibile Danse de Puck e del brillante e sapido Les collines d’Anacapri, tutti di Debussy.
Il secondo assaggio, una Ribolla Gialla ferma, adatta a predisporre all’ascolto di narrazioni, si è ben accompagnata alle diverse suggestioni evocate dai tre studi di Alexander Scriabin (op. 42 nn. 4, 3 e 5) e da altri quattro preludi di Debussy (Voiles, La sérénade interrompue, La fille aux cheveux de lin e Ce qu’a vu le vent d’Ouest).
Ancora Debussy (Les sons et les parfumes tournent dans l’air du soir e La cathédrale engloutie), ma anche Isaac Albéniz (El Albaicìn) con il terzo e ultimo vino, un Merlot, vino rosso prodotto con perizia e creatività in Collio, una terra che privilegia in modo regale i bianchi. Una scelta adatta, perché le suggestioni secche e tanniche derivanti dal riposare in grandi botti costruite con il rovere della Slavonia, hanno dato corpo alle sensazioni provocate dalla meditazione di Debussy a partire da una poesia dell’amico Charles Baudelaire o dalla cupa leggenda dell’isola di Ys.
I profumi di frutti rossi maturi hanno sollecitato gli echi dal sapore denso e pieno delle melodie ebraiche, arabe e cristiane provenienti dal quartiere di Granada, testimonianza di un tempo in cui le tre religioni sapevano convivere pacificamente arricchendosi l’un l’altra nelle realizzazioni artistiche e letterarie, così ben suggerite dal brano di Albéniz.
Nel corso dell’intenso concerto i due protagonisti si sono alternati nel raccontare e nel descrivere, condividendo conoscenze e passioni comuni. Il bis proposto ha coronato degnamente il pomeriggio: Vive Carmen, composizione umoristica per pianoforte a quattro mani di Sergio Cafaro, ispirata all’opera di Georges Bizet, offerta con un’interpretazione brillante e gioiosa da Alessandra Ammaro e Roberto Prosseda.
I numerosi appuntamenti delle ENoArmonie (quest’anno sono undici, tra gennaio e aprile) si svolgono ogni volta in un luogo diverso, ospiti graditi di sale comunali, cantine, ville, scuole, sinagoghe o abbazie, dando la possibilità al fedele pubblico di esplorare il territorio e di apprezzare l’interno di edifici non sempre agevolmente visitabili in una regione, il Friuli Venezia Giulia, fortunata terra di confine, ricca di storia, cultura, lingue (ben quattro quelle ufficiali – italiano, sloveno, tedesco e friulano – ma non le uniche), di contrasti e di sostegno reciproco, entrambi altrettanto veri e sinceramente agiti. L’unione ragionata tra la musica colta e i vini prodotti in regione offrono un’ulteriore occasione per conoscerne o approfondirne la vitalità.
Paola Pini