Alla Galleria Toledo di Napoli dal 14 al 17 marzo 2019
L’ambientazione dello spettacolo è avvolta da un alone fittizio e di mistero, situato in uno spazio sgombro e senza l’ombra di una scenografia in cui sette attori, si muovono danzando in acrobazie eleganti da un lato ma forti e ad alto contenuto di pathos dall’altro. Sette anime che talvolta sembrano essere una sola, e in altri momenti lo scontro risulta essere cosi dilaniante, quasi da dare l’impressione di uno scomponimento della personalità: I corpi battono, si scontrano, fanno l’amore, sono violenti, sono posseduti eppur tutto si muove e si è sempre in movimento.
Lo spettacolo parte con un inquietante faccia a faccia con il proprio spettatore tanto da poterlo intimidire e far abbassare lo sguardo o anche sorridere per l’imbarazzo; la danza inizia con grande armonia e flessione dei corpi , quell’armonia è destinata presto a rompersi, siccome incombe una danza ben più forsennata.
Grande nota di rilievo va posta verso l’unica figura femminile, che passa dall’essere oggetto di desiderio, a centro del comando, a compagna nella vittoria, a vittima nel delirio, ma resta lì in tutta la sua sconfinante bellezza, sempre, potente anche nella sconfitta.
Le musiche, vista l’assenza di scenografia, in uno spettacolo come questo, fatto di movimento più che di battute, risulta essere fondamentale. Esse danno ritmo alle scene e ne scandiscono i vari momenti e soprattutto aiutano a far intendere il momento che stiamo vedendo e che vivono i personaggi e a loro volta anche le emozioni e i turbamenti che stanno vivendo e che dovremmo vivere anche noi.
Ci sono proprio tutti gli stati d’animo che si intervallano e intercalano in una sola ora di spettacolo, creando cosi nell’astante un turbinio di percezioni, l’una più diversa dall’altra. I 7 personaggi li ami, poi li odi, poi torni a riamarli e cosi via.
Il finale poi è di grande effetto: il vincitore e la sua regina vengono osannati a suon di palloncini neri: su uno di essi, diverso dagli altri e di colore giallo, si racchiude la finta benevolenza del popolo, di cui, finito il clamore della vittoria, non resta altro che un mucchio di sabbia.
Lo spettacolo termina, cosi come è iniziato, con gli attori che tornano a guardare lo spettatore faccia a faccia dritto negli occhi, ora più cosciente di tutto quello che ha visto, ma non per questo meno attento.
Infine, Abitare la Battaglia, conseguenze del Macbeth alla Galleria Toledo di Napoli, è senz’altro molto forte sia ad impatto visivo che emotivo e un particolare plauso va ad i giovani attori che han magistralmente interpretato uno spettacolo, non facile, in maniera egregia a convincente.
Marco Assante