Dal 13 al 24 marzo 2019 al Teatro Bellini di Napoli
Su Tito
Tema comune ad entrambi gli spettacoli, visti al Bellini di Napoli, Ovvero Tito e Giulio Cesare hanno quella sfrenata passione tipica dell’universo shakesperiano di sangue.
Gli spettacoli dei registi Daniele De Rosa e Gabriele Russo sono nella loro essenza profondamente attuali, anche ponendo in auge due classici preso dal re della letteratura inglese. Colgono aspetti particolari dei meccanismi del potere e della violenza ad essa correlata, e ingigantiscono tutta quella che è la brama di potere e il desiderio di corruzione che da sempre e sempre si anniderà nell’uomo.
Il potere e tutto ciò che esso da, la tirannia, l’autoreferenzialità, l’ossessione verso il carisma e l’apparenza, l’annichilimento della società sono temi che Shakespeare scriveva nella sua epoca e che quanto mai oggi sono più che attuali e lo saranno sempre.
Il Tito nella versione vista al Bellini però è un uomo pigro, stanco, inetto che, rinuncia a tutto il potere che avrebbe potuto avere, ignaro del popolo che lo avrebbe voluto imperatore, volendo una vita più tranquilla assieme ai suoi tre figli. Questo Tito non ha nulla dell’uomo bellino della Roma di quel tempo, anzi sembra quasi un uomo senza spina dorsale, però Tito sembra incarnare invece quello che è l’uomo di oggi, un uomo senza bandiera e senza il desiderio di dare una svolta alla propria vita.
Tito è un condottiero che fa ammazzare il piccolo Alabro, figlio della regina Tamora, entrambi suoi prigionieri (insieme ad Aronne, Demetrio e Chirone, altri due figli di Tamora) per ragioni prettamente di odio e vendetta.
Si viene a creare una sorta di vero e proprio metateatro attraverso il suo personaggio, che oltre al suo ruolo, interviene sull’agire di tutti gli altri personaggi, diventandone quasi consigliere. Tito è un uomo profondamente cinico quando deride Tamora nel suo monologo di afflizione per l’uccisione del figlio, oppure invita la figlia Lavinia, stuprata dai figli della reginae con la lingua mozzata, pregna di sangue senza braccia, a recitare più intensamente il dolore e le dice di stare zitta ed in silenzio.
La sua vendetta poi sarà distruttiva, una volta scoperto i tradimenti della regina e della morte del figlio e lo stupro e tortura alla figlia, Tito farà uccidere Chirone e Demetrio preparando un pasto macabro, con all’interno i resti dei due ragazzi, costringe Tamora a mangiare i suoi figli: che ora divengono, in uno scatto folle di black humor, a pieno diritto “sangue del suo sangue…“Questo gesto sembra essere quasi uscito da una puntata della serie Black mirror o da un film horror come Non aprite quella porta
Su Giulio Cesare
Contrariamente al Tito di Russo il “GIULIO CESARE” di Andre De Rosa è un tiranno morto. Giulio Cesare, assieme agli eventi a lui connesso, è senza alcun ombra di dubbio uno dei simboli più autentici della Roma antica. Tutto lo spettacolo ruota attorno alla morte di Giulio Cesare. Tutto questo secondo spettacolo sembra trovarsi in una dimensione prossemica quasi surreale, volendo creare quasi una situazione di alienazione. Quello che viene a crearsi è un elemento tipico del più vero e puro teatro, quello del limen e spazio tra detto e non detto, o anche come diceva il filosofo francese Derrida il visto e non visto, e qui si viene a creare un vero e proprio secondo mondo, forse più intimo e vero per lo spettatore e più calmo rispetto allo spaventoso primo mondo stretto dalla tirannia e brama di potere.
Gli attori sono stati bravissimi e meritano di essere menzionati per il loro affiatamento e la loro partecipazione emotiva ai testi. Inoltre in entrambi gli spettacoli è stata data grande importanza alla luce, molto spesso foca, rosa e peccaminosa, a nozze con le atmosfere spesso sanguigne e truculente di entrambi gli scritti.
Marco Assante