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1969-2019:  i cinquant’anni di “Lucio Battisti”

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Lo scorso 5 marzo si è verificata una ricorrenza molto importante per la storia della musica italiana:  in quello stesso giorno del 1969 infatti, in occasione del suo ventiseiesimo compleanno, Lucio Battisti pubblicava il suo primo, omonimo album: Lucio Battisti. L’Italia scopriva improvvisamente  uno dei suoi cantanti più amati di sempre, e Lucio cominciava da qui la scalata al successo e alle classifiche nazionali; una cavalcata trionfale che, in coppia con l’inseparabile autore Mogol, lo avrebbe portato a dominare incontrastato per un decennio, almeno fino alla sua volontaria abdicazione a partire dall’inizio degli anni Ottanta.

Eppure, non è stato tutto rose e fiori all’inizio, anzi: per riuscire ad imporsi Battisti ha dovuto faticare molto, proseguendo con ostinazione per una strada – quella del canto – che i discografici e lo stesso Mogol (che poi si ricrederà, divenendo il suo più acceso sostenitore e minacciando le dimissioni dalla casa discografica se a Lucio non fosse stata concessa la possibilità di cantare), colpiti sfavorevolmente da una voce giudicata sgraziata e poco appetibile per il mercato, gli avevano caldamente consigliato di abbandonare, suggerendogli di concentrarsi solo sulla composizione e sul lavoro in studio, al servizio dei cantanti “veri”. In effetti è proprio quello che Lucio, trasferitosi a Milano ed entrato nel giro gusto grazie ad alcuni incontri fortunati, ha fatto a partire dal 1965 in poi, dopo essersi lasciato alle spalle la proficua gavetta di musicista (chitarra, ovviamente) con vari gruppi e orchestre, tra cui i Campioni di Roby Matano, con i quali è stato in giro per i locali d’Italia ed Europa a farsi le ossa e “respirare il palcoscenico” (dimensione, quella live, che avrebbe abbandonato definitivamente già dal 1970).

Dunque, stando agli esperti, meglio il Battisti compositore che cantante. E Lucio si è adeguato, dedicandosi alla produzione in studio e alla composizione di brani, sempre in coppia con Mogol, ceduti ad altri interpreti. In quegli anni, ad attingere alla fonte Mogol/Battisti, c’era a far la fila il Gotha del beat italiano: Dik Dik, Equipe 84, Ribelli, Profeti… Ma anche solisti del calibro di Mino Reitano e Johnny Dorelli hanno beneficiato dell’ispirazione dei due autori. Tra i primi grandi successi della “premiata ditta” non si può non ricordare 29 settembre, brano su cui Maurizio Vandelli e la sua Equipe 84 hanno praticamente costruito una carriera intera. Parallelamente all’attività di compositore e produttore, Lucio ha però continuato, sia pur timidamente, a coltivare il sogno di diventare cantante, incoraggiato dal partner artistico Mogol, esordendo quindi su 45 giri nel 1966 con il singolo Dolce di giorno/Per una lira. Un debutto passato purtroppo inosservato, proprio come i tentativi successivi, sempre su 45 giri, almeno fino all’uscita di Un’avventura/Non è Francesca (31 gennaio 1969), singolo trainato dalla strategica partecipazione (la prima e l’ultima) di Lucio al Festival di Sanremo in coppia con il cantante americano Wilson Pickett: nono posto in classifica, ma grazie alla vetrina sanremese (c’era andato per questo…) Battisti riuscirà a farsi notare dal grande pubblico e ad aprire quella breccia che darà il via alla sua carriera di cantante.

Dopo la fortunata esperienza al “Festival dei fiori” era legittimo sognare in grande, perciò Battisti, sicuro del proprio valore e con le idee ben chiare sull’obiettivo da raggiungere, ha messo in pratica tutti i trucchi del mestiere appresi in anni di frequentazione delle sale di incisione come arrangiatore e produttore, e ha realizzato il suo primo album a 33 giri, recuperando alcuni dei brani pubblicati su singolo e riappropriandosi di alcune tra le migliori canzoni affidate ad altri, ottenendo in questo caso risultati superiori alle incisioni originali. Da queste scelte è venuta fuori una scaletta memorabile, che ha più il sapore del greatest hits che di un disco d’esordio: Un’avventura, 29 settembre, Non è Francesca, Per una Lira, Il vento, Io vivrò (senza te), Nel sole, nel vento, nel sorriso e nel pianto… Devo continuare?! Arricchite dalle orchestrazioni dei Maestri Giampiero Reverberi e Detto Mariano, le musiche di Battisti si sono sposate alla perfezione con i testi di Mogol, dedicati all’amore nelle sue varie declinazioni: questi gli ingredienti del successo di Lucio Battisti.

Insomma, il Battisti del primo album, vuoi per l’età (a ventisei anni non lo si poteva mica considerare  un ragazzino…), vuoi per l’importante bagaglio esperienziale maturato sia come musicista sul palco che in studio, non era certo un esordiente vero e proprio, men che mai uno sprovveduto alle prime armi, bensì un artista che aveva acquisito una discreta padronanza del mestiere e una lucida consapevolezza di sé. Ho ritenuto opportuna questa digressione sul Battisti “prima del successo” perché si parla sempre di quello “dopo”, ma le grandi cose non arrivano mai così, per caso, e soffermarsi su ciò che un artista ha fatto negli anni antecedenti alla notorietà può aiutare a capire (spero) come sia arrivato, attraverso un graduale percorso di crescita, a creare la propria Arte (con la “A” maiuscola, sì!).

Nonostante l’ottimo riscontro di pubblico (terzo album più venduto in Italia nel 1969), Battisti, che aveva soltanto parzialmente sfogato la sua  attitudine sperimentale nell’inaudita – per l’epoca – e meravigliosa coda strumentale di Non è Francesca, non era completamente soddisfatto di un album che, essendo una raccolta di brani già editi, giudicava poco personale e per nulla organico. Lucio puntava già oltre, cioè alla creazione di un LP di canzoni inedite legate tra loro da un filo conduttore (quindi un concept album), meglio se costruite su musiche più elaborate e con testi che, pur restando ancorati alle tematiche amorose, osassero di più rispetto a quelli di Lucio Battisti: è la descrizione di Amore e non amore. Pur essendo già pronto il disco, la Ricordi (casa discografica di Battisti all’epoca), spaventata dall’eccessivo sperimentalismo dell’operazione, lo farà uscire soltanto dopo la pubblicazione di un’altra raccolta di singoli: Emozioni. Una scelta che ha senz’altro contribuito all’abbandono della Ricordi da parte del duo Mogol/Battisti, bisognoso di maggiore autonomia artistica e per questo in procinto di fondare la propria etichetta, la Numero Uno. Ma questa, come si dice, è un’altra storia…

Francesco Vignaroli

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