Al Teatro de’ Servi di Roma, fino al 21 aprile 2019
Non sempre i”rom”, gli zingari ed i sinti, le minoranze etniche, ottengono quello che vogliono con i loro modi brutali e risoluti nel disprezzo delle leggi,come per la parata festosa del matrimonio d’un Casamonica qualche anno fa a don Bosco in PIAZZA Cinecittà, villini abusivi al QUADRARO e violenze private nei confronti di giornalisti obaristi in nome dell’arroganza economica e di prestigio, come diceva con una sua proverbiale espressione sarcastica,il grande ALBERTO SORDI. Questa riflessione ce la conferma con il suo ultimo scritto farsesco,arguto e metaforico,il commediografo Stefano Fabrizi che immagina, traendo forse spunto da”i giganti della montagna” del sommo Pirandello,uno di codesti emarginati nuclei sociali incarica un modesto e squattrinato impresario teatrale di mettere su una compagnia di comici per allietare festosamente una cena nella loro villa sfarzosa. Senonché senza denaro non si realizza nulla ed il produttore deve ingaggiare dei pseudo attori che non hanno né un copione e nemmeno le idee chiare su cosa presentare per cui il secondo tempo diventa una parodia d’improvvisati sketch (come nella commedia dell’arte del ‘500, in cui un SINTI dovrebbe mandare la colonna sonora dalle casse musicali, mentre introdurre i numeri che l’organizzatore gli suggerisce man mano su indicazione d’un scalcinato e maldestro regista, stando con scarpe a spillo rosa femminili e gambe nude. Il Sinti sempre più isterico ed impacciato spara colpi di pistola in aria,un altro attore con voce flebile ripete senza senso alcuni versi, mentre l’assurdo e grottesco della pièce dilagano, tra insulse e sciocche risate,con una sbarazzina e stravagante cappuccetto rosso. Gli squinternati e cialtroni attori di terza ed infima serie non ci hanno messo molto a capire d’essere stati ingannati con la lusinga di doversi esibire per un facoltoso palazzinaro dell’hinterland metropolitano e così studiano la maniera di trarsi d’impaccio e liberarsi dall’arduo cimento accettato per dolo fraudolento, per cui il finale assurge a frenetiche strategie gustose di ludico surrealismo onde impossessarsi di quanto credevano immeritatamente dallo spettacolo, rivelatosi un fiasco,di guadagnare per la falsa scrittura dell’indebitato impresario. Il cast formato da giovani comici di belle speranze è sinergico e ben affiatato, con A. DI PALMA ed A. D’ANDREA GIOVANNI, D. GRAZIANI,PACIULLO, L. DAL MASO, P. FERRARI e MARCHIONE, diretti alfine della massima goliardia scenica dallo stesso autore. Si replica fino a PASQUA.
Susanna Donatelli e Giancarlo Lungarini