Trieste, Politeama Rossetti – Teatro Stabile del Friuli Venezia GiuliaSala Assicurazioni Generali, 7 maggio 2019
I “Trocks”, i sorprendenti danzatori en travesti, sono ritornati, per la quinta volta a Trieste dopo un’assenza di quattro anni, per proporre un altro divertente spettacolo.
In linea di principio può essere facile, per dei bravi interpreti, far ridere proponendo delle gag che mettano alla berlina il mondo della danza classica; meno semplice è riuscire a farlo senza distruggerne la poesia ed è proprio ciò che contraddistingue questa intelligente compagnia, perché nulla di grottesco appare e le idiosincrasie dei ballerini e delle ballerine, messe in bella mostra, riescono a creare un effetto dirompente che diverte e alleggerisce i toni tipici di un certo tipo di messinscena coreutica a volte troppo autoreferenziale, ma senza andar mai oltre ed esagerare nella presa in giro.
Si entra subito in un’atmosfera surreale ascoltando il lungo prologo che, a sipario calato, annuncia variazioni nel cast, improbabili fuori programma e un lunghissimo elenco di nomi paradossali attribuiti agli interpreti (li si possono apprezzare nel lungo elenco riportato più oltre).
“Che cos’è il genio? È fantasia, intuizione, colpo d’occhio e velocità d’esecuzione.”
La celebre frase, premessa a una delle tante “zingarate” nel film “Amici miei”, riecheggia chiara pensando all’episodio in cui i quattro burloni decidono, per divertirsi, di partecipare a un concorso corale e presentano il quartetto “Bella figlia dell’amore” da Rigoletto stravolgendone completamente l’effetto.
Si prova un’analoga atmosfera ma è qui soltanto una lieve eco, che si mantiene costante senza essere troppo invadente mentre si seguono le splendide e spiritose evoluzioni di una versione riveduta e corretta di alcuni momenti tratti dal “Lago dei cigni”: sulle eterne suggestioni date dalla musica di Pëtr Il’ič Čajkovskij i ballerini giocano creando divertenti situazioni con il supporto di tuoni e fulmini provocati da un mago maldestro, davanti a un fondale più adatto a un film comico ambientato in Transilvania che alle dolenti e tragiche vicende dei protagonisti originari, solitamente immersi in una gotica atmosfera, magari di stampo preraffaelita.
Segue un balletto a sorpresa, in cui ad attrarre l’attenzione del pubblico non sono tanto le evoluzioni d’ispirazione contemporanea, quanto piuttosto i suoni e i rumori provocati con gli oggetti più impensati da due donzelle sedute sul proscenio davanti ai rispettivi microfoni per aumentarne l’effetto.
Giuseppe Verdi riappare anche dopo il primo intervallo con una bella coreografia dal titolo “La Trovatiara pas de cinq”, seguito da “La morte del cigno” e dal conclusivo “Raymonda’s Wedding”, tratto dal “Raymonda”, balletto eseguito con la musica di Alexander Glazunov e, in origine, la coreografia di Marius Petipa.
Tutto è curato al massimo; efficace il disegno luci e belli sono i costumi, come pure le scene molto curate, soprattutto quelle in cui sono stati ambientati il primo e l’ultimo episodio in programma.
Niente è quel che appare e nulla è lasciato al caso; sul programma di sala sono riportate ridicole finte biografie dei personaggi e spassose sinossi sul programma di sala, mescolando ad arte realtà e invenzione che così si confondono donando al pubblico il dolce sapore della fiaba un po’ vera e un po’ fasulla, costruita con amore, passione, dedizione e tanto lavoro, questo sì autentico, e di altissimo livello.
Paola Pini