Al Teatro Mediterraneo di Napoli, il 5 e il 6 giugno 2019
Neanche un anno fa moriva Paul Taylor, immenso coreografo che l’anno prossimo avrebbe compiuto novant’anni. Un artista capace di unire i due secoli nel solco della sua coreografia che resta ancora oggi attuale e di insegnamento alle generazioni danzanti che si sono succedute. Una fra tante quella di Elena D’Aguanno, una delle pioniere della danza non classica nel sud Italia, con la sua compagnia Akerusia Danza in giro ovunque con il repertorio più emblematico della storia della danza del Novecento. E naturalmente non poteva mancare la griffe di Paul Taylor, quest’anno portato in scena a chiusura del trittico in scena il 5 ed il 6 giugno al Teatro Mediterraneo di Napoli. Un titolo associato ai Concerti brandeburghesi di Johann Sebatian Bach e perciò sintetizzato nel “Concerto”, commissionato alla sorella d’arte Sabrina D’Aguanno nella rielaborazione coreografica tratta dall’immane repertorio di Paul Taylor.
L’idea di Elena D’Aguanno per la stagione che sta per chiudersi è quella di sviscerare il repertorio non solo della danza ma dell’intera sfera culturale, quella a tutto tondo per intenderci, attingendo qua e là dell’umanità. Amo incredibilmente Paul Taylor – chiarisce subito la coreografa napoletana – ma sono troppo curiosa ed appassionata delle arti per confinare uno spettacolo su un solo aspetto. E così mi sono andata a ricercare il passato settecentesco della commedia dell’arte italiana di Carlo Goldoni, tanto per fare un nome, ripreso a sua volta dal coreografo per eccellenza dell’Ottocento quale Marius Petipa con “Les Millions d’Harlequin” nel 1900 e, nel 1965, ripreso ancora una volta dal più grande maestro e coreografo del novecento George Balanchine con “Harlequinade” con le musiche di Riccardo Drigo. Un pedigree di inestimabile valore, dunque, al cospetto di personaggi chiaramente frutto dell’italica arte settecentesca. E così abbiamo prodotto questa “Arlecchinata” con l’intento di celebrare i fasti del passato, esattamente come con la ripresa di “Futur’è, un titolo in repertorio nella nostra compagnia da ormai dieci anni. Un futuro che richiama inevitabilmente al movimento futurista che ha aperto il mondo della danza a nuove forme e sostanze. Nomi, cognomi e contenuti che si aggiungono a quelli già portati in scena in questa stagione di danza “OperAperta”in giro, mutuata dall’opera e del pensiero di Umberto Eco, con gli ultimi due appuntamenti al Teatro Elicantropo di Napoli con “1+1 = 1 (Filosofia dell’identità)” di Ina Colizza ed Antonello Apicella oltre all’interreligioso “Romeo e Giulietta” di Ciro Venosa. Titoli che si muovono, dunque, con grande disinvoltura nei meandri del repertorio proprio ed altrui, assecondando la fame di cultura delle sorelle d’arte Elena e Sabrina D’Aguanno. Che mercoledì 5 e giovedì 6 giugno al Teatro Mediterraneo hanno raccolto insieme immagini, suoni e colori in associazione ai tre titoli “Arlecchinata”, “Futur’è” e “Concerto” con voli pindarici da far venire la pelle d’oca. Cominciando dunque con la commedia dell’arte italiana fissata attraverso le maschere tradizionali che rievocano i giochi, i frizzi, i lazzi e i sollazzi dell’atmosfera carnevalesca dove tutto è possibile. Mentre per l’oltre e per l’impossibile ci si è affidati a “Futur’è”, pezzo storico della compagnia già portato ovunque e che oggi è ancora attualissimo e che la direzione artistica ha decisa di omaggiare con queste parole: è il dinamismo, l’astrazione estrema dei dipinti futuristi a essere rappresentata. Nessuna emozione, nessuna interiorizzazione, nessuna storia ma, per contrasto, per diversità, si cercherà di sperimentare la rappresentazione della razionalità, della forma fine a se stessa, del movimento puro, volutamente senza significati altri, reconditi. Una sorta di omaggio a un movimento artistico, il futurismo, che, al di là dei significati storici, ha anticipato tutta l’arte contemporanea e ha rappresentato una rivoluzione culturale che ha interessato l’intero spettro delle moderne forme espressive. Per chiudere con Paul Taylor, da dove tutto è cominciato. Da dove le sorelle coreografe Elena e Sabrina D’Aguanno hanno voluto puntare l’obiettivo per andare al di là dei propri limiti. Con la scelta musicale dei Concerti brandeburghesi di Johann Sebastian Bach che sanno legarsi alle coreografie come forse davver nessun altro spartito avrebbe potuto fare.
Massimiliano Craus