Notice: A non well formed numeric value encountered in /web/htdocs/www.corrieredellospettacolo.net/home/wp-content/plugins/td-social-counter/shortcode/td_block_social_counter.php on line 1176

“Beautiful boy”. Lasciare il segno attraverso un dramma universale

Data:

Una storia vera di grande impatto emotivo e di bravura cinematografica, raccontata in un film che lascia il segno, che coinvolge totalmente lo spettatore nel dramma universale della dipendenza dalla droga, così da farlo penetrare, come un ago profondo, nel cuore e nella mente di un genitore disperato, di un figlio in cerca di aiuto.
Il film, diretto dal belga Felix Van Groeningen il cui Alabama Monroe – Una storia d’amore (The Broken Circle Breakdown) (2012) è stato candidato nel 2014 come miglior film straniero, è basato sui libri Beautiful Boy: A Father’s Journey Through His Son’s Addiction di David Sheff e Tweak: Growing Up on Methamphetamine di suo figlio Nic Sheff, e racconta di un padre, Steve Carell, che cerca di aiutare il figlio, Timothée Chalamet ad uscire dal tunnel della tossicodipendenza e lo fa senza cadere in cliché o inutili piagnistei, dove le persone sono vere e i loro dilemmi, tormenti, sofferenze, tentativi di essere migliori, di ritornare a vivere una vita normale, sono pelle, carne, sangue, lacrime.


Il sorriso intriso di melanconia del ragazzo ci entra dentro come se Nic fosse figlio di ognuno di noi e ci chiedesse “aiutami” e noi ci proviamo ma poi lui ci ricasca nella dipendenza da meth, come se questo beautiful (and damned) boy convivesse con un mostro che ogni tanto esce fuori per storpiargli il sorriso, per farlo piangere, delirare, sentire solo e abbandonato. Eppure, il sorriso e le lacrime di Timothée Chalamet sono quanto di più bello e autentico abbiamo visto sullo schermo da un po’ di tempo a questa parte.
Nonostante il tema trattato, l’assonanza con cui vibrano tutte le voci del film, l’interpretazione che lascia senza fiato del giovane Chalamet, la splendida colonna sonora, sembra un film quasi snobbato dalla critica, dal pubblico e dall’Academy of Motion Pictures, (Chalamet non è stato nemmeno nominato come migliore attore preferendone un altro di cui evito di parlare, e allora mi domando se dobbiamo continuare a credere nella validità e veridicità dell’Oscar…) forse pensando che sia “l’ennesimo film sulla droga” o “chissenfrega di un bel ragazzo di buona famiglia che si fa” oppure “Steve Carell in un ruolo drammatico? Ma chi ci crede!”.
Posso rispondere alla prima assurdità dicendo che le nuove droghe in commercio stanno falciando vite umane come mosche perché nemmeno la droga è più quella di un tempo, e i ragazzi muoiono e noi non ce ne accorgiamo neppure così concentrati sul nostro egoselfie, su quanto sia figa la tecnologia che tutto risolve e niente risolve. Quindi dobbiamo, oggi più che mai, raccontare storie come questa.
La seconda assurdità è che Nic è un ragazzo fragile e sensibile, che vive come tanti altri ragazzi a San Francisco, figlio di un giornalista, genitori separati, scrive, disegna, va al college, cerca di vivere una vita normale ma non ce la fa, per via di quel mostro infido che gli rode ogni volontà. Perché sono soprattutto i ragazzi come lui che diventano preda dei mostri.
La terza è che Steve Carell è un attore che, come Robin Williams, è capace di passare dalla commedia al dramma rendendo credibile tutto quello che interpreta e qui è superbo nella parte di un padre che ama suo figlio “more than anything else”, e dei suoi disperati tentativi di aiutarlo.
Nonostante i soliti snob, Beautiful Boy è un film di cui ricorderemo scene come quella in cui Nic guida con il vento tra i capelli per le strade della California, o quando si ferma a piangere e a parlare con chi non può ascoltarlo, aiutarlo, quando si accascia sul pavimento di un gabinetto di un bar dopo un overdose, quando corre come un ragazzo normale sullo skate board o quando gioca con il fratellino sulla sabbia e in quell’ultimo abbraccio con il padre.
Un film che merita di essere visto non una ma più volte, una lezione di cinema, per attori, registi e sceneggiatori e che, anche se non ha vinto l’Oscar, è di sicuro qualcosa che ci ha toccato nel profondo e questo è quello che più conta.

Daria D.

 

Lingua originale
inglese
Paese di produzione
Stati Uniti d’America
Anno
2018
Durata
120 min
Genere
drammatico, biografico
Regia
Felix Van Groeningen
Soggetto
libri di David Sheff e Nic Sheff
Sceneggiatura
Luke Davies, Felix Van Groeningen
Produttore
Brad Pitt, Dede Gardner, Jeremy Kleiner
Produttore esecutivo
Nan Morales, Sarah Esberg
Casa di produzione
Plan B Entertainment
Distribuzionein italiano
01 Distribution
Fotografia
Ruben Impens
Montaggio
Nico Leunen
Scenografia
Ethan Tobman
Costumi
Emma Potter
Interpreti e personaggi
Steve Carell: David Sheff
Timothée Chalamet: Nic Sheff
Maura Tierney: Karen Barbour
Amy Ryan: Vicki Sheff
Kaitlyn Dever: Lauren
Andre Royo: Spencer
Timothy Hutton: Dr. Brown
LisaGay Hamilton: Rose
Stefanie Scott: Julia
Jack Dylan Grazer: Nic Sheff dodicenne

Seguici

11,409FansMi Piace

Condividi post:

spot_imgspot_img

I più letti

Potrebbero piacerti
Correlati

Renato Porfido: Un attore dalle qualità poliedriche. Servizio di Daniele Giordano

https://youtu.be/y-gZlgTUHOg Intervista Daniele Giordano Riprese e Montaggio Rudy Bernt

Un progetto che racchiude Arte

Il “filugello” importato a Bisanzio nel VI sec. dalla...

Fabrizio Moro in concerto a Roma

  E' tornato sulle scene musicali dopo 1 anno e...

Antropolaroid

"Antropolaroid" non è uno spettacolo che segue regole, ma...