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Passaggi Obbligati di Marco Bindi: molti libri nel libro

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Questa sorprendente raccolta di racconti non è comune né per tematiche né per stile di narrazione. Assistiamo a una fabula precisa e nitida che avvolge il lettore e lo incoraggia a riflettere su gangli dell’esistere che portano a ineludibili domande sul senso di esso e su quello da conferire a un’esistenza che consiste di tratti crepuscolari di indeterminatezza – proprio come il principio espresso dal paradigma del “gatto nella scatola”. Attraverso uno stile fluido e rasciutto, l’autore emoziona, coinvolge, senza mai mettere per scontato e dal valore assiomatico l’esito del suo sguardo esegetico presso le esperienze e il linguaggio della vita stessa. Una vita con la quale restare in colloquio costante e in un rapporto dialettico che porta non a scelte binarie, ma a propaggini di possibilità etiche e di scelta.

Ogni personaggio, i suoi tratti antropologici, la sua psicologia, sono spogliati da qualsiasi forma di retorica o manierismo e prendono per mano il lettore conducendolo a provarne empatia profonda. Se da un lato l’armamentario dell’autore è quello di una robusta conoscenza di questioni ed enigmi scientifici, la partitura del suo narrare è innervata da spiccata sensibilità umanistica. Non faremo cenno ai canovacci delle diverse storie narrate, per lasciare al lettore il gusto di attingerle con la propria lettura. Diremo soltanto che ogni fatto contingente e concreto, in esse, assume uno struggente aspetto metaforico ed emblematico. L’autore si pone delle domande, ma con condotta relativista, non suggerisce risposte infallibili, piuttosto ficca, suggerisce, lascia aperte le feritoie degli esiti e dell’attribuzione di significato al corso di esistenze, le più diverse ed eterogenee, che vengono descritte attraverso la lente di una spietata lucidità – ma non per un verso meramente tassonomico, come farebbe un entomologo –, lucidità che non mette in una dimensione cronachistica e fattuale, ma trascende entrambe per parlare la lingua universale di temi e motivi che abitano quello spazio intersoggettivo che permette di eludere lo scacco del noumeno quando si rincorra la cosa in sé, e questo attraverso delle forme a priori che appartengono a tutti e ad ognuno e sono ponte verso la realizzazione piena di un’umanità riconoscibile e condivisibile.

Anche là dove esiste il paradosso, l’assurdo, Bindi non sceglie la loro ipostatizzazione in altrettanti vicoli ciechi, v’è sempre qualcosa di arioso ed epifanicamente salvifico che giunge a ricucire le ferite dell’esistenza; che non è una monade di leibniziana memoria, né una realtà insulare, ma una rete viva simile a un organismo, che intesse il motivo del confronto e del dialogo con la natura e con gli enti che l’abitano, sia in un senso squisitamente fisico ed esperienziale, sia spirituale; ma di una spiritualità laica e aperta alle domande che sono il giusto preludio di ogni forma di conoscenza: ovunque porti. Perché ogni esistenza preserva una sua natura arcana, così come arcano è il viaggio della scienza che si approssima a tesi valide piuttosto che produrre modelli granitici e non rivedibili.

Oltretutto Bindi sa bene che l’osservazione stessa di un sistema più o meno stabile, detta al sistema stesso delle variazioni: così assistiamo, sì, al dispositivo narrante del narratore onnisciente, ma anche a un’apertura votivamente scientifica, alla dimensione relativa, sdrucciola e sfuggente di cui accennavamo prima. Col risultato di un testo narrativo che ha molti libri dentro il libro.

Massimo Triolo

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