Al Teatro galleria Toledo, fino al 2a novembre 2019
Oscura, drammatica, cupa e soprattutto sanguinosa: ecco la vera storia portata dalla tradizione di Medea di Portamedina.
La trama di Mastriani rimesta negli elementi di un “popolare napoletano”: Coletta Esposito – è questo il nome della sventurata eroina – conduce infanzia e adolescenza fra le mura dell’Annunziata, e lì alleva nell’animo quella straziante fame d’amore il cui soddisfacimento affida a Cipriano Barca, l’amante dalla cui relazione nasce una bambina.Questa è la storia di un uomo, in questo caso Crispino, che ancora una volta riesce a rendere succube una donna visto l’amore che ella prova per lui. Un amore inizialmente che sembra corrispondere, ma l’uomo si rivelerà spesso incoerente, debole, indeciso fino a prendere la decisione sul finale, una scelta che gli costerà un caro prezzo.
Coletta è una donna straziata, furente, accecata dall’odio, spietata, si sente tradita dall’uomo che ama, che effettivamente la tradisce con Teresina e non vuole più sposarla e compirà cosi il gesto più folle che una madre possa compiere: toglie la vita alla piccola figlia, e nella chiesa proprio sull’altare porta il cadaverino della bimba alla vista del padre, uccidendo al tempo stesso la rivale secondo quella promessa di morte più volte evocata.
Il teatro è pieno di sangue e buio, rosso e nero, ma di fronte ad una scena tanto forte, non possono esservi colori, se non il bianco ed il nero.
La protagonista Coletta ci appare una donna cosi talmente fragile e succube dell’uomo che ama tanto da annullarsi, tanto da chiudere non uno ma tutto e due gli occhi per riaprirli solo sul finale, quando sarà troppo tardi, tracciando di fatto, un terribile ending, dato da uno dei sentimenti più insidi e per questo temibili che il genere umano conosca, ossia la gelosia, ma non si fermerà di certo a quel sentimento, poiché nutrito dall’odio e dal rancore.
Marco Assante