Trieste, Hangar Teatri, 22 e 24 novembre 2019
“Il corpo che parla” di Gioia Battista, andata in scena all’Hangar Teatri di Trieste, è una piéce di grande impatto emozionale, giocato su tonalità ben definite ma lievi.
Di femminicidio si parla e protagonista è la vittima, che parla attraverso il proprio corpo, ritrovato e ora disteso sul tavolo settorio, da poco riconosciuto dalla madre.
Avanti e indietro nel tempo, un puzzle di ricordi a poco a poco si ricompone unendosi al “dopo” per creare un quadro chiaro, lucido in cui concretezza e sogno si incontrano attraverso una magnifica espressività poetica, in equilibrio costante con la realtà più cruda.
Nata libera, la protagonista svela la propria natura di bambina curiosa e temeraria fin da piccolissima, immancabilmente incurante dei pericoli della vita, abituata con naturalezza a tollerare le conseguenze traumatiche di un coraggio spericolato.
Gli stereotipi in lei si mescolano e si superano: se da un lato sembra un maschiaccio, dall’altro aspira a diventare una principessa e i giochi di strada si confondono con le fantasie più femminili.
Fiduciosa nei confronti dell’altro, non riesce a cogliere i segnali chiari di una relazione violenta che le darà la morte, confondendo amore con volontà di possesso, affetto con desiderio di controllo, dolore fisico con irruenza mal gestita.
Ma il suo corpo parla per lei e ciò le permette di creare una scissione attraverso la quale può conservare i valori e i ricordi amati di luoghi e di persone divenuti nel tempo fondamentali, rifugio di pace e conforto.
Discorsi profetici, fatti da adolescenti, si legano strettamente all’ultimo bacio della madre e al circo mediatico creato una volta di più da giornalisti sciacalli che la donna, rimasta sola, affronta con fermezza e dignità sorprendenti, immagine vivida di una laica Pietà da cui emerge l’affastellarsi limpido di dolore e speranza, strazio e immagini passate.
La scenografia di Chiara Barichello, che cura anche i costumi, è tutta giocata su luci e riflessi lunari mentre gli oggetti presenti, semplici all’apparenza, assumono nel corso dello svolgimento un forte valore simbolico, quasi archetipico.
L’indegnità della violenza di genere arriva tutta e porta lo spettatore a sentire su di sé il desiderio di ribellione di fronte a un’azione totalmente ingiusta, in modo ancora più intenso perché mediata da attimi di lirismo che l’interpretazione di Martina Boldarin raggiunge inserendo nella narrazione episodi di teatro di figura dominati dalla musica, curata con sensibilità da Guido Bertolino.
Il 13 novembre del 2016 il testo di Gioia Battista ha vinto il premio “Anima e Corpo del Personaggio Femminile” dedicato ad Adriana Monzani.
La Giuria, all’unanimità, lo ha assegnato con la seguente motivazione: “Il testo affronta un argomento di drammatica attualità senza cadere nel cronachistico, con un linguaggio semplice ma, al tempo stesso, di profonda verità e potenza evocativa, in una struttura drammaturgica dal ritmo incalzante che rimanda al genere noir. E di grandi potenzialità sceniche, tutte da esplorare.”
La drammaturgia è stata affidata dall’Autrice alla Compagnia La luna al guinzaglio, fondata a Trieste nel 2002 da Martina Boldarin ed Elisa Risigari che, assieme ad altri professionisti, ha approfondito fin dagli inizi il teatro per bambini e ragazzi, prima di affrontare il repertorio più specifico per un pubblico adulto. Tale esperienza si è rivelata altamente funzionale per rendere al meglio ciò che il testo nasconde tra le pieghe della parola scritta.
Paola Pini
Trieste, Hangar Teatri – La stagione della Fenice, seconda parte
22 e 24 novembre 2019
Il corpo che parla
di Gioia Battista
Regia di Elisa Risigari
Con Martina Boldarin
Scene e costumi di Chiara Barichello
Disegno luci di Carlo Visintini
Sonorizzazioni di Guido Bertolino
Con la collaborazione di Maurizio Bressan
Produzione La luna al guinzaglio