Dal 9 gennaio è nelle sale italiane il film “Hammamet” di Gianni Amelio sugli ultimi mesi di vita in Tunisia di Bettino Craxi magnificamente interpretato da Pierfrancesco Favino.
E’ una storia in cui viene approfondita l’immagine di Craxi come uomo più che come politico anche se non vengono dimenticati i passaggi più rilevanti della sua ascesa alla guida del fu Partito Socialista Italiano degli anni ’80 e ’90.
C’è l’angoscia, i rimpianti, la rabbia verso i giudici che lo hanno condannato; rodomontico e sconfitto, gigantesco e fragile, è questo il Craxi al suo crepuscolo che, però, Amelio non riabilita né distrugge facendo anzi di lui una sorta di agiografia di santo laico per nulla pentito di quanto ha fatto in passato e che non arretra assolutamente da quelle che erano sempre state le sue opinioni al riguardo perché “i denari per la politica sono come le armi per la guerra”. E’ l’uomo “totus politicus”, fino ad essere cinico e sprezzante delle regole il Craxi che viene descritto in quanto – come dice- “un politico deve vedere le cose dall’alto; i peccati veniali non importano perché c’è un fine ultimo”; è, in definitiva, un re senza corona, un politico senza poltrona, consapevole ed orgoglioso delle sue azioni passate.
Il film, girato nella vera villa abitata da Craxi ad Hammamet, si avvale della grandiosa interpretazione di un Pierfrancesco Favino che per mesi si è preparato ad interpretare la parte studiando i gesti, il respiro e la stessa andatura caracollante ma allo stesso tempo maestosa del vero Craxi in ciò aiutato anche da un eccezionale trucco che per essere perfettamente eseguito richiedeva ogni volta quasi cinque ore.
E’ un Favino ben diverso dal “Divo” Andreotti o dal secondo “Loro” Berlusconi di Sorrentino o dall’ultimo Buscetta de “Il traditore”: qui si annulla quasi nel personaggio scavando nel suo animo e mettendone a nudo le contraddizioni ma anche la grandezza e se Meryl Streep e Gary Oldmann hanno vinto l’Oscar per le loro interpretazioni rispettivamente di Margareth Thatcher e Winston Churchill Favino non è da meno in questo ruolo.
L’unico appunto che si può fare al film (ma probabilmente è voluto) è che manca una valutazione generale sui guasti che la magistratura politicizzata provocò allora con conseguenze ancora attuali sfociate in una transizione politica non ancora conclusa.
Riccardo Bramante