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“Il costruttore Solness”: Orsini moderno Prometeo

Data:

Venerdì 24 gennaio 2020 al Teatro Salieri di Legnago

LEGNAGO – Il teatro Salieri di Legnago ha ospitato “Il costruttore Solness”, diretto da Alessandro Serra e frutto della collaborazione tra Umberto Orsini e il Teatro Stabile dell’Umbria. È un dramma in tre atti che presenta una scenografia cangiante, fatta di mastodontici parallelepipedi, monoliti multiformi a seconda delle scene. È proprio la metafora del costruire come creazione che non abbandona mai lo spettatore. Una luce fioca circonda l’azione di questo classico di Henrik Ibsen che propone il delirio di onnipotenza di Solness – Soul less? – un borghese che percorre un’esistenza indossando la maschera del vincitore, benché riconosca allo specchio di essere un vinto. Solness è terrorizzato dall’altezza – soffre di vertigini- e nutre un’atavica paura nei confronti dei giovani, dai quali teme di essere scalzato e messo da parte. Sarà l’incontro con una donna del suo passato, Aline (interpretata da Renata Palminiello) a costituire la chiave di volta dell’intreccio.

Egli farà così i conti con la sua coscienza: come Icaro volò troppo vicino al sole con ali di cera, come Prometeo scatenò l’ira degli dei dell’Olimpo donando il fuoco ai mortali, così Solness pecca di ubris, l’antico sentimento dell’invidia divina di greca memoria, per cui sarà punito per essersi messo a tu per tu con Dio. La punizione si rivelerà la più dolorosa che si possa immaginare, a lui che per primo non aveva mai dubitato di se stesso e delle sue infinite, perfette capacità intellettive. Questo spettacolo oscilla tra sfera pubblica e privata, parla di reputazione, orgoglio, coscienza, autocoscienza, rimpianto e rimorso. Si passa dal castello all’abisso, dall’empireo ai cerchi infernali, dall’egotismo all’estremo gesto di un salto nel vuoto: Solness si ostina a costruire stanze per dei figli che non ha più. La moglie Hilde (Lucia Lavia) è l’immagine della rassegnazione, è una figurina incapace di sentire, un oggetto mosso da routine e dai doveri di ogni giorno, la cui vita è scandita dal banale e dall’obbligo. Questa messa in scena trattiene il pubblico come le pagine dell’autore norvegese: si arriva al finale raccogliendo ad uno per uno gli indizi via via lasciati ad ogni battuta, in un continuo novero di allusioni che ci conduce alla tragedia dell’ultimo istante. Non lascia indifferenti come il pubblico abbia atteso qualche istante prima di abbandonarsi in un naturale scroscio di battimani: la platea non ha voluto interrompere il sogno, non ha voluto rovinare quell’atmosfera che è e resta solo di quella magia secolare che ha nome Teatro.

Chiara Cataldo

 

Personaggi ed interpreti
Hilde (Lucia Lavia)
Aline (Renata Palminiello)
Dottor Herdal ( Pietro Micci)
Kaja (Chiara Degani)
Ragnar (Salvo Drago)
E con Flavio Bonacci nel ruolo di Knut Brovik

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