“Il cuore in saldo” di Giulia Calfapietro (insegnante di lingua e letteratura inglese originaria di Acquaviva delle Fonti , provincia di Bari ) è l’addio e l’arrivederci della malinconia e del rimpianto, sono parole che tagliano i fogli dove sono scritte per poi prendere il volo e lanciare una seconda possibilità al “cuore in saldo” che non spera di trovare qualcuno che lo accolga come premio e “vendita” da “saldo di fine stagione”.
L’autrice è poetessa dell’anima, quell’enigma tattile ,intuitivo, semantico che ci dice che l’intelligenza emotiva è la chiave per salvare il mondo dalla propria arroganza .
Leggere “il cuore in saldo” è saltare da un ricordo all’altro ,da un’impressione all’altra per ritrovarsi seduti e in silenzio a ripensare al senso della vita e alla parola MONDO che è manifestazione dell’ontos come ricerca incessante del proprio “se”,attraverso la geografia del “proprio intorno”.
La parola Mondo nei versi della Calfapietro rincorre nei ricordi che diventano poesia purissima di estasi , una forma elegiaca di dinamismo linguistico in cui le parole stazionano , si riposano, si rialzano e a gran voce ci dicono che l’amore, l’amicizia, la sofferenza, il riscatto, la pietas, l’empatia esistono fintanto che esistiamo noi che siamo umanità sofferente e che diamo voce alle parole che declinano i luoghi e i ricordi ,humus ontologico , appunto del nostro “se” interiore..
Percorrere i sentieri infiniti dell’anima della poetessa Giulia Calfapietro è ritrovarsi emozionati dalla semplicità apparente dei versi che l’autrice ci dona in un continuum di assoli , diaframmi , pulsazioni del divenire dell’esistenza..
Un caleidescopio di immagini ci trafigge durante la lettura come ad esempio a pag. 14 con la poesia che dà il titolo alla raccolta “ Il cuore in saldo/ ho messo in saldo il cuore per chi lo vuole comprare/Resterà in bella mostra, lì, in vetrina, fino a sera/Un vero affare/lo potrai sistemare ad alare del camino/ o accanto al letto /non prende spazio resta in silenzio e il battito ormai stanco si sente appena di notte cadenzato a favorire il sonno/.”
Il cuore per l’autrice è muscolo che genera battito , ma è anche , ahimè datosi i tempi contemporanei di svilimento nichilistico dei valori universali , “una merce da mettere in vetrina “,
seppure lei non lo voglia e usando il condizionale , scrive “lo potrai sistemare”, dando altra possibilità di rimedio alla volgare cessione dell’amore come merce..
La troncatura del verso che denota un’abile padronanza della sillaba poetica come introspezione del proprio io, ci dice che il “cuore in saldo “ in realtà resiste e non vede l’ora di uscire dalla “vetrina “ che è la rappresentazione dell’oggi , un tempo contemporaneo dove “il mi piace “ il cuoricino a mò di “gift” vorrebbe riassumere e condensare l’amore .
Questo cuore è diventato “ un gift” o forse un elettrodomestico da riparare ?
Una decalcomania di sintesi del sentimento che fa di tutto per restare battito e non muscolo palestrato, imprestato all’estetica della mediocrità che ha relegato l’amore in un angolo sostituito dal “ mi piace” del consenso confondendo i piani della dialettica in cui le parole indifese che non possono ribellarsi diventano merce e sostitute involontarie del luogo mistico dell’amore che non ha bisogno di andare da nessuna parte tanto meno in una vetrina per poter esprimere la sua prorompente ma anche silente volontà di esistere nascendo dal battito-vagito donatoci al momento della venuta al mondo dalla mamma…
La poesia e il valore universale dell’amore come dimensione di sofferenza e canalizzazione del proprio ruolo sociale, vivono un momento di IMMEDESIMAZIONE a pag. 80 nel monologo
“UN SORSO DI VITA-Io sono la morte “.
La poetessa scrive “ la vita è due che si amano ..è acqua che sgorga limpida e prepotente ..”
Calandoci in una dimensione di sofferenza leggendo il monologo che ci occupa ,scopriamo la vocazione della Calfapietro al volontariato in senso apostolico come portatrice del valore di una cristianità di sostanza che bada alla concretezza della vicinanza e dell’aiuto , che esce allo scoperto nella descrizione di spaccati di vita sofferente in ospedali da lei chiamati “ campi di battaglia” ma che possono anche essere i barconi degli immigrati , “brandelli fra letti di ospedale”…
Sono dei puzzle di vita che lei chiama “scampoli di esistenza che puzzano di abbandono “ La poesia assume dimensione universale , “stridendo contro la crudezza di scampoli di esistenza che puzzano di abbandono “ intervenendo direttamente nel significato della sofferenza e della ricerca di verità e bellezza come autentica fonte di leggerezza in cui il supplizio diventa luce ,dando la parola alla morte che “parla in prima persona” → vedi : “ io sono la morte .. forse un sorso di vita”.
Vita :quanto è sorso di vita e quanto è attesa del nulla dove tutto evapora nel silenzioso pianto dell’addio che piange senza lacrime ..?
Morte : quanto è “ALTRA VITA” come separazione dal contingente reale del tatto , delle voci che ci circondano che ci ricordano che siamo vivi anche quando il dolore ci rende amorfi ad ogni sussulto di vita estranea dal nostro “se”?
Immaginandone il contesto ,il monologo ci spiega che Giulia Calfapietro si è calata come poetessa del dolore ,quest’ultimo cifra di redenzione della nostra umanità per mutare il senso delle cose ..
La morte diventa “destino”, “profezia”, “mito” come rincorsa del tempo che va indietro quando ci si ricorda tutto prima di morire “ Il malato terminale ( terminale è l’aggettivo che noi diamo al malato con la nostra onnipotenza di controllo sulla natura che si prepara per andare altrove , terminale forse potrebbe essere sostituito da iniziale nel senso di inizio di nuova vita, dando un connotato di paura e morte alla parola stessa imprestata senza licenza dalla poesia) fra le lenzuola bianche si aggrappa agli affetti più cari e ripercorre, in uno scorrere che non può essere segnato da un orologio, il tempo ormai alle spalle : i propositi che resteranno tali, i progetti realizzati, gli affetti e gli incontri di anime”.
A Giulia Calfapietro riesce in modo leggero e convincente di incastrare l’arte della rappresentazione come se lei fosse su un palcoscenico innanzi alla platea della anime che suonano e cantano il benvenuto di colui che sta per partire per destinazione ignota e non “terminale” e che prima di partire , fissa in un attimo la condensazione della sua vita, espandendola in un rigurgito che diventa eco di ricordi ,lasciando a coloro che ci osservano la tensione di un volto che nel momento dell’estasi della morte che è partenza e addio ma anche forse possibilità di incontrarsi in un altrove sconosciuto, muta da smorfia a catarsi purissima e divina dove la materia si dissolve , tutto resta sospeso e ci resta nelle mani un nome , una voce , un volto come eredità del ricordo, dimensione unica che ci sopravvive come scrive Goethe nelle “Affinità elettive “: “ L’amore ci sopravvivere e l’arte ci rende immortali “..
La costruzione del verso della Calfapietro è spontaneo , ella cerca la distensione del dolore attraverso la bellezza poetica evitando ogni affettazione inutile arrivando all’essenza del significato che le parole assumono attraverso il mistero della morte in cui la NATURA come la intendeva Giordano Bruno è immanenza in quanto “natura naturans “visto che nulla va disperso nello spazio e che noi assumiamo altre forme in altre dimensioni (siamo forse alla fisica subatomica del quantum come essenza e appartenenza frammentata da ricomporre?)quando siamo chiamati altrove con il cuore che non ci sta a essere messo in vendita quale saldo di un fine stagione che non arriva per chi è credente e ipotizza l’altrove della vita senza indirizzo.
Ho letto moltissimi libri , ma posso dire che “il cuore in saldo “ , mi ha incollato alle sue pagine , mi ha fatto fermare con gli occhi , costringendomi a restare davanti alle parole che mi aspettavano dandomi modo di tirare il fiato .
Ci troviamo davanti ad un ‘opera che per sintesi possiamo dire che e’ di memoria ermetica per il modo con cui le parole restano sospese mute nel loro vocalizzo , ma dopo la sospensione delle parole che diventano riflessione, l’autrice ci mette una marcia in piu’ creando uno stile innovativo, “sensoriale” , dove i sensi guidano noi verso l’indefinito che è “l’indirizzo dell’altrove” in cui la poesia diventa maestra di vita attraverso la metafora della poesia che muta e diventa “ MONDO A PIU’ DIMENSIONI”.Complimenti vivissimi a Giulia Calfapietro.
Barbara Appiano