Sabato 18 luglio 2020, Opera di Firenze, Teatro del Maggio, Cavea
È stato “Un ballo in maschera” senza colori e senza scene al Maggio Fiorentino, ma che ha comunque suscitato la nostra attenzione. L’emergenza Covid pone dei limiti – mi permetto di dire incomprensibili, visto il rinizio delle attività sportive e anche l’apertura delle discoteche – alle rappresentazioni teatrali e operistiche ed è così che il Maggio ci presenta questa riuscitissima prova concertistica, approfittando del suo suggestivo spazio all’aperto, che ricorda i grandi fasti dell’architettura razionalista: Cavea, luogo dalla discreta acustica.
Mi piace molto quest’opera di Verdi che al contrario di altre scava nella profondità dei personaggi e del tessuto musicale, alternando melodie ballabili ad altre distese e melanconiche, senza mai perdere d’intensità timbrica e ritmica. Si tratta di una musica densa, in grado di raccontarci una vicenda amorosa dai risvolti drammatici, che si conclude, appunto, a un ballo in maschera, dove Riccardo incontrerà la morte per mano di Renato, in seguito alla scoperta di quest’ultimo di un amore, mai consumato, che lega sua moglie Amelia a Riccardo. Tema del ballo e della maschera che ritorna più volte in letteratura, dove l’apparente sfarzo e felicità sfociano infine in morte (come non ricordare, a tal proposito, il brevissimo e intensissimo racconto “La maschera della morte rossa” di Poe, che si lega poi all’argomento pandemia).
Al concerto, visto sabato 18 luglio, si è comportata assai bene l’Orchestra del Maggio, diretta da Carlo Rizzi, che dall’inizio alla fine ha dato luogo a un’interpretazione ispirata e appassionata dello spartito verdiano, concedendo così una prova d’ensemble organica, arricchita dal contributo del Coro, impeccabilmente all’unisono, diretto da Lorenzo Fratini, nonché da quello dei cantanti. Menziono subito Krassimira Stoyanova nei panni di Amelia. La soprano interpreta al meglio il suo ruolo, contraddistinto da sfumature tragiche e da picchi di disperazione. La voce non si disperde mai, rimanendo sempre lucida e coesa. La sua performance è intensa e credibile e nonostante non sia libera di muoversi per il palco emerge la sua straordinaria attitudine alla teatralità. Rimanendo in ambito femminile è fresco, simpatico e istintivo l’Oscar di Enkeleda Kamani, che dà luce a un’interpretazione verace e frizzante, mentre ho ritenuto veramente eccezionale, decisamente sopra la media, la prova della contralto Judit Kutasi, nei panni di Ulrika. Il suo timbro è un mare profondo che ci avvolge con immensità e con mistero, mentre il ritmo vocale si fa ispirato e ficcante, persuasivo, e così siamo stati tutti ad ascoltare con attenzione le previsioni della maga. Buone le prove del Riccardo Francesco Meli e del Renato Carlos Álvarez: ottime le voci, anche se forse è mancato quel qualcosa in più che permettesse di tratteggiare al meglio i due personaggi, donando loro un’identità forte, cosa che invece è avvenuta coi ruoli femminili.
Concerto piacevolissimo al Maggio, se dovessi evidenziare una pecca sarebbe quella della mancanza del libretto proiettato sullo sfondo, cosa che avrebbe permesso di seguire più facilmente la vicenda.
Stefano Duranti Poccetti