Un sereno arrivederci al prossimo anno nella conferenza stampa di chiusura del 54° Festival di Verezzi (Savona). E già abbiamo alcune anticipazioni: il direttore artistico Stefano Delfino si avvierà da subito a stilare un calendario che recuperi tutte le pièce che erano nel cartellone originario, e che poi sono state cancellate per le problematiche legate al Coronavirus. Quindi, a parte “Nota stonata” con Giuseppe Pambieri e Carlo Greco, sotto la regia di Moni Ovadia (recensione su questo sito), unico spettacolo confermato del programma iniziale, contatterà le produzioni degli eventi che avrebbero dovuto debuttare per conoscere le loro intenzioni. Fiducia ottimistica nel futuro, quindi, che molto probabilmente riporterà al 55° Festival, nelle Grotte che si spera tornino accessibili, il “Gordon Pym” di Edgar Allan Poe, di cui sarà regista Alberto Gagnarli (drammaturgo Marco Badi, Simonetta Potolicchio la protagonista), che il 22 agosto era in Piazzetta come spettatore proprio per “Nota stonata”.
“Quella di quest’anno è stata un’organizzazione complessa, senza precedenti, ma è stata una scommessa vinta”, ha dichiarato Delfino. “Una piazzetta sempre piena (così come il Teatro Gassman), spesso sold-out, per eventi di qualità, piacevoli, a cui sono stati tributati molti elogi”, continua il direttore aristico, che ricorda le tre prime nazionali e sintetizza il tutto come una vittoria di squadra di chi ha collaborato all’impresa (il sindaco Renato Dacquino e tutta l’Amministrazione comunale, la responsabile organizzativa Carmen Delbalzo, Norma Rosso per l’ufficio stampa e la consigliera delegata al teatro Maddalena Pizzonia).
L’idea del plexiglass, soprattutto, per separare le diverse postazioni tra conviventi, è risultata vincente. Proposta da Pizzonia e subito approvata da tutto lo staff, quando si cercava di mettere in pratica le poche indicazioni a disposizione per l’allestimento di una stagione artistica, ha consentito di dare vita a una Piazzetta non intristita da elementi severi e cupi. Un’idea esportata anche in altri luoghi della penisola, perché molti organizzatori di altre rassegne si sono messi in contatto col Festival di Verezzi. “Grazie a tutti coloro che ci hanno aiutato”, aggiunge Delfino che così conclude: “E agli esercenti che ci hanno ‘supportato’ e ‘sopportato’”.
Difficile anche il lavoro alla biglietteria, di questi tempi, con Rosso e Delbalzo che ricordano le code inevitabili e lunghissime davanti all’ufficio: difficilissimo spiegare a tutti che avrebbero dovuto indossare la mascherina sempre (sino all’inizio dello spettacolo), senza direttive né dal Governo né dalla Regione, in un clima incerto che ha visto anche rinviare l’apertura del giorno di vendita dei biglietti. Una stagione che rimarrà contrassegnata anche dai 24 flaconi di gel disinfettante usati (come ricorda Rosso), mentre Delbalzo parla della fatica in più di smontare e rimontare tutte le sere i 180 pezzi di plexiglass. Senza dimenticare le ‘filippiche’ di chi, alla cassa, doveva anche ascoltare “come” lo spettatore interpretava la pandemia…
Per Pizzonia quello appena concluso è stato un “Festival di qualità e in sicurezza, con costi contenuti” perché si era deciso di “buttare il cuore oltre l’ostacolo e fare ugualmente la Rassegna”. Tristi gli istanti delle disdette amare da parte delle compagnie per gli spettacoli che non potevano andare in scena, ma il successo derivato dal grande pubblico comunque presente ha ben ripagato della fatica. Una vittoria anche su chi, dubbioso, domandava come si potesse pensare, in queste condizioni, ad avviare una stagione teatrale. Importante, inoltre, puntualizza sempre Pizzonia, aver aiutato le categorie più penalizzate del momento, oggi in grave difficoltà.
Il Primo cittadino confessa di essere “emozionato. Ci sono squadre che vincono una volta dei campionati e fanno una festa incredibile! Qui non si festeggia: c’è un gruppo di 5 persone straordinarie (‘irripetibili’), che lavorano sul serio, ‘obbligate’ a fare bene. Il piacere è costante e, anche quando ci diciamo “è andato tutto bene”, pensiamo sempre a come poter migliorare. Quella di quest’anno è stata un’annata da ricordare: gli artisti, coloro che erano al loro seguito, i commercianti della zona, etc., hanno creato come una magia”. Dacquino parla di grande visibilità a livello nazionale (oltre che in loco e in regione) per gli elogi a 360° ricevuti per “un esempio da esportare”. Certo, ci vuole competenza, dice. “Se non hai visione e competenza, non puoi fare un Festival. E il direttore Delfino è un mix di competenza (su costi, qualità, etc.) invidiabile”. È fiero di due dati. Il primo: si sono sfiorate le 4000 presenze in tutto (per undici spettacoli in quindici serate). Poi il secondo, quando ricorda che, nel periodo della massima pandemia, si sia avuto un crollo di presenze a Borgio superiore del 50% rispetto al 2019. Ebbene, ha appena ricevuto conferma che, a luglio e agosto (quindi anche su traino della Rassegna), si è superato di 25-30% le presenze dello scorso anno. “La capacità turistica di Borgio Verezzi – dice – si accompagna alla bellezza del Paese”.
Legge anche due messaggi ricevuti di cui è fiero: sono i complimenti che giungono da Anna Cossetta (direttrice della Fondazione De Mari) e da Bruna Bianco, ultima compagna di vita di Ungaretti (citata anche come esempio di umiltà, per non aver chiesto né biglietti omaggio né posto auto riservato).
Interviene in conferenza pure Luigi Cerati, fotografo ufficiale del Festival, che dalla Rassegna riceve “emozioni forti”. Ha dovuto rinunciare all’attività con i ragazzi della scuola, “Fotografi a sonagli”, che conta di riprendere il prossimo anno, ma vuole condividere con i presenti un’immagine che ci rallegri, scattata la serata di “Diamoci del tu”, con Gaia De Laurentiis e Pietro Longhi (regia di Enrico Maria Lamanna) in cui ha immortato il passaggio del gatto bianco e nero che ha transitato in palcoscenico (e che ha sostituito il ‘mitico’ Tigro).
Riprende la parola il sindaco per dare un ultimo dato: si sono sfiorate le 4000 presenze in tutto, per undici spettacoli in quindici serate. E ribadisce: “Un amministratore ci deve mettere coraggio, in tutto quello che fa; e poi ci vuole innovazione, consapevolezza, semplicità”. Di fronte agli ostacoli, occorre cercare una soluzione: così ecco che Borgio Verezzi si era schierata per il ‘sì’ al passaggio del Giro d’Italia. Altrimenti, giusto per fare un esempio, tanto varrebbe dire all’handicappato di rimanere seduto su una seggiola per tutta la vita… (nella foto di Luigi Cerati, “Parlami d’amore Mariù”, di Paolo Logli, regia di Francesco Bellomo, in prima nazionale).
Laura Sergi