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Daniela Maccari. Danzare “for you” nel nome di Kemp

Data:

Daniela Maccari è la danzatrice custode della poetica del grande Maestro Lindsay Kemp, del quale, insieme al resto della Compagnia, trasmette il messaggio anche dopo la sua morte, avvenuta il 24 agosto del 2018. Prima dell’incontro con Kemp nel 2009, l’Artista aveva già avuto la possibilità di collaborare con grandi nomi della Danza, come Micha van Hoecke e Pina Bausch.

Ciao Daniela, una vita nel segno della danza. Hai iniziato molto piccola… ma come è nata questa passione?

Eh sì, ho iniziato piccolissima! In casa mia si è respirata sempre molta musica, i miei genitori sono amanti di musica classica e mio padre suona molto bene il pianoforte. Mi raccontano che io approfittavo di ogni momento in cui c’era musica in casa per danzare, improvvisare, organizzando anche dei veri e propri spettacoli, convocandoli in camera mia a vedermi, già dall’età di due/tre anni. Mi ritengo molto fortunata, anche perché, sempre per la loro passione, mi portavano fin da piccolissima a vedere opere e balletti in giro e io ne rimanevo incantata, sia dall’atmosfera del teatro sia dall’emozione che mi suscitavano. E c’è un episodio in particolare che credo abbia avuto molta importanza. Mi portarono all’età di quattro anni a vedere una meravigliosa Carla Fracci in Giselle all’Arena di Verona. E’ stata un’emozione unica; l’accensione delle candeline prima dell’inizio che mi lasciò senza fiato, la purezza della danza, i pianti inconsolabili che ho fatto per la morte di Giselle alla fine del primo atto e il candore del secondo. Insomma, continuando a “danzare” in ogni momento e ovunque, i miei hanno pensato (per fortuna mia!) di iscrivermi alla scuola di danza! Mi sento tranquillamente di poter dire che devo tutto ai miei genitori, dall’ispirazione iniziale al continuo e sereno sostegno morale e materiale.ù

Il 2009 per te è un anno importante, ma, prima di arrivare a questo, quali sono state le tue esperienze più significative fino a quell’anno?

Sì, hai proprio ragione, il 2009 è l’anno che ha segnato profondamente la mia vita, il momento in cui il mio “spirito danzante”, come direbbe Lindsay, ha trovato tutta la sua libertà e forza proprio dall’incontro con Lindsay Kemp. Sono sempre stata una danzatrice molto passionale e questo mi ha portato comunque, sempre , a “rincorrere” quello che mi piaceva danzare e ad essere in totale sintonia con quello che facevo. Non avrei mai potuto danzare solo per mestiere. Per questo e per fortuna ho avuto incontri molto importanti. Prima tra tutti con la grande maestra e coreografa Marina van Hoecke. Devo moltissimo alla sua visione così “moderna”, essenziale e fresca della danza. Al suo spingerci a scavare nell’interiorità, a trovare novità anche nella ripetizione. Credo di aver fatto con lei il passaggio da allieva a professionista. Mi conosceva profondamente, già dal primo plié alla sbarra capiva esattamente il mio stato d’animo, ed aveva la grande dote di tirar fuori il meglio dalle persone. Ha creato per me dei soli che amo moltissimo. Con il belga Serge van De Velde è stato un lavoro molto interessante e particolare, perché il coreografo non proveniva dalla danza ma piuttosto dalle arti visive ed era come se plasmasse i nostri corpi, in ogni singolo dettaglio, in forme ispirate alla pittura e alla scultura. E sono state intense e molto profonde le produzioni in cui ho danzato con L’Ensemble di Micha van Hoecke. Un grande uomo di teatro che ci ha regalato creazioni di grande pathos. Ho voluto fortemente danzare con lui, mi ero innamorata dei suoi spettacoli così densi di anima. Ho avuto un’altra grande fortuna. Pina Bausch mi dette l’onore e la grande opportunità di seguire per un periodo, da stagista, il suo Wuppertal Tanztheater. E’ stato un periodo indimenticabile in cui ho potuto fare classi con loro, seguire le prove, vedere da dentro come nascevano le opere, e cercare di fare tesoro di ogni singolo momento.

Nel 2009 inizia la tua collaborazione con Lindsay Kemp. Decisamente troppo poco lo spazio di un’intervista per parlare di questa personalità. Quello che ti chiedo è: cosa ti ha trasmesso Kemp?

Proprio vero! Impossibile raccontarlo in un breve spazio, pensa che alla fine del primo giorno di lavoro con lui pensai immediatamente che avrei dovuto scrivere un libro, o forse più di uno! Sai, quando hai la fortuna di lavorare con un genio, un vero grande maestro, che, ogni volta che muove un dito o dice qualcosa, pur facendolo con estrema semplicità, ti apre mille mondi davanti e ti tocca l’anima, sempre, per forza speri con tutto il cuore che qualcosa ti abbia trasmesso. E così spero di aver assorbito quegli insegnamenti che ogni volta mi incantavano per il loro fondersi ed essere una cosa sola con la vita. In Lindsay era impossibile scindere l’uomo dall’artista, i due piani si sovrapponevano in continuazione. E così il maestro che ci diceva di danzare “for you” cioè per voi, di fare di ogni nostro gesto un regalo per gli altri, di far capire agli altri che siamo qui per loro, di danzare con il cuore in mano, in realtà ci esortava anche a vivere così. E’ il Lindsay che ci diceva di danzare come se fosse la prima volta, con la sorpresa, la gioia, la gratitudine della prima volta, senza dare niente per scontato, è il Lindsay che continuava a incantarsi della bellezza di un fiore o della brezza del mare! Ma ci insegnava anche a vivere/danzare come se fosse l’ultima volta, in maniera totale e viscerale, dando il massimo della bellezza, dell’incoraggiamento, dell’ispirazione. Dicendo sempre “voglio vedere il vostro spirito che danza” ha fatto trovare alla mia anima la sua totale libertà. E mi ha sempre ricordato che grande responsabilità dell’artista è sollevare lo spirito dello spettatore e aiutare gli altri a trovare la loro libertà, noi che siamo fortunati perché ci basta chiudere gli occhi ed abbandonarci alla musica per trovare la nostra libertà. E ripeteva che ogni artista nel suo piccolo deve sperare di aver contribuito anche in piccola parte a rendere il mondo migliore, portando la sua luce e il suo amore sul palcoscenico. Aveva un rispetto incredibile di ogni pubblico, sempre, piccolo o grande che fosse. Ogni pubblico deve aver il più bel spettacolo possibile, e questo determinava la sua cura del dettaglio, la sua ricerca continua del miglioramento, fosse cambiare il colore di un particolare del costume oppure un movimento, cosa che, quando faceva in continuazione, e lo dico col sorriso, ci esasperava anche!! Ecco, sì, sicuramente, al di là di tutti gli insegnamenti sulla scena, vorrei portare con me, anche al di fuori della scena, un po’ della generosità e totalità con cui ci esortava a danzare.

La sua scomparsa è stata per te un avvenimento che forse tutt’oggi non sei riuscita ad assorbire in pieno. Cosa è successo dopo quel giorno? Credi che l’energia di Kemp sia rimasta insieme a te e alla compagnia?

Si, prepotentemente! Sono fermamente convinta che Lindsay abbia lasciato il segno non solo nella storia della danza e del teatro. Sicuramente lo ha lasciato in noi, che abbiamo avuto la fortuna di collaborare con lui a stretto contatto. Ma anche in coloro che lo incontravano per strada, al mercato o in ascensore. E non lo percepisco ora dopo la sua morte, ma l’ho sempre percepito nelle parole delle persone e visto nei loro occhi. Penso che sia fondamentale anche il fatto che non solo Lindsay ci incantava con i suoi “insegnamenti”, ma ci incantava anche per il modo con cui lo faceva. C’era sempre un’atmosfera molto serena nel nostro lavoro, tra scherzi, risate e canzoni, tutto mescolato con una grande serietà e dedizione totale e soprattutto con un infinito rispetto verso tutti noi. Sono, siamo consapevoli di aver vissuto qualcosa di veramente speciale. Spero vivamente di esserne permeata e portarlo sempre con me. Ci ricorderemo sempre di danzare “for you”, della responsabilità che abbiamo come artisti, di prendere lo spettatore, sollevarlo dalla sedia e portarlo nel nostro mondo. Ed ogni volta che saliremo sul palco lo faremo sempre con immensa cura e dedizione, come quella che ci metteva lui.

Adesso come continui a ricordare il suo nome?

Dopo l’improvvisa morte di Lindsay, con David Haughton, suo storico collaboratore, e gli altri membri della compagnia Ivan Ristallo e James Vanzo, e in accordo anche con gli altri membri del passato, sentiamo fortissima la missione di cercare di mantenere viva la fiamma di Lindsay, la necessità, il dovere di continuare a “far danzare” Lindsay. Per esempio lo spettacolo “Kemp Dances”, che tanto successo ha avuto nei tour in Italia e Spagna, si è trasformato in “Kemp Dances Ancora- Un tributo di amore per Lindsay”. Ci sono immagini video che, introdotte da David Haughton, mostrano le varie trasformazioni nei vari personaggi e le sue ultime creazioni, come La Femme en Rouge, creata per me e Ivan Ristallo. Io ho anche la gioia e l’onore di danzare alcuni dei soli storici di Lindsay, The Flower, The Angel e Ricordi di una Traviata, nel quale quasi “duetto” con lui in video. Lindsay infatti, con un gesto unico e mai avvenuto in passato con nessun altro, aveva espresso il desiderio, mi aveva proprio chiesto, di continuare a danzarli “dopo” di lui e da quel momento me li aveva insegnati e fatti provare. Potete immaginare la mia emozione di fronte a questa richiesta… E cerchiamo di fare vivere Lindsay anche in altri modi, partecipando a Gala di danza, organizzando vari eventi dal vivo, mostre di fotografie e disegni. Un progetto al quale tengo moltissimo è il Premio Lindsay Kemp, che ha visto la sua prima edizione del 2019, in collaborazione con Lunga Vita Festival, con il quale desideriamo dare un palcoscenico a giovani artisti, cercando di dare loro ispirazione nel segno della poetica di Lindsay di magia, poesia, sogno, pur lasciando loro estrema libertà, come desidererebbe Lindsay, per il quale forse l’unica regola è proprio non avere regole! Cerco di continuare a spargere il suo seme anche attraverso attività di laboratori e workshop, sperando di risvegliare e ispirare qualche “spirito danzante”.
La nostra “missione” non procede solamente dal vivo, ma anche online, per una diffusione senza limiti, attraverso la costruzione e il continuo ampliamento del sito lindsaykemp.eu, che è diventato anche la casa di un prezioso archivio di immagini e testi. David Haughton, interprete, regista assistente, drammaturgo e molto altro per tutto l’arco della Lindsay Kemp Company, ci sta lavorando molto, offrendo tutta la sua “memoria storica e personale”, grazie anche alla collaborazione tecnica di Paola Autera, preziosa collaboratrice che Lindsay stesso aveva voluto.

Quali sono i tuoi progetti per il futuro?

Spero di continuare a fare tutto questo. Certo, ora i tempi sono ancora più difficili per il dramma che tutto il mondo sta vivendo. Ma proprio per questo dobbiamo cercare in tutti i modi di portare bellezza, poesia e amore nei teatri. Ne abbiamo bisogno, urgenza, noi artisti, ma ne ha un gran bisogno anche il pubblico. Ed un altra cosa che Lindsay mi ha insegnato è cercare sempre di trovare nuove idee, avere una nuova visione per superare le difficoltà. Quindi… danzare… danzare… E non vedo l’ora di poter realizzare la seconda edizione del Premio; abbiamo dovuto rimandarne la data a causa del Covid. Organizzare nuovi workshop per poter tanto essere vicini, comunicare, scambiare amore e contatto, pur rimanendo forse ancora per un po’ distanziati, ma potendo “toccarci” così tanto attraverso gli occhi e il cuore. E c’è un altro progetto a cui tengo tanto: ricreare una parte della sua casa/studio in un luogo pubblico a Livorno, città che amava molto, dove aveva scelto di vivere e dove era amatissimo. Sarebbe bello che Lindsay avesse ancora una sua “casa”, oltre a brillare nei teatri, nei musei e soprattutto nel cuore di chiunque lo abbia anche solo incrociato.

Stefano Duranti Poccetti

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