Non poteva scegliere titolo migliore – Paura – per la sua autobiografia, sintesi perfetta di una carriera artistica consacrata a terrorizzare generazioni di spettatori in tutto il mondo. Stiamo parlando, ovviamente, del “Maestro del brivido” – titolo che condivide con il grande Alfred Hitchcock – Dario Argento, giunto a tagliare il ragguardevole traguardo delle ottanta primavere proprio oggi, 7 settembre.
Tra gialli ingegnosi (L’uccello dalle piume di cristallo, 1970, il suo primo film), indimenticabili fiabe gotiche (Suspiria, Phenomena) e thriller agghiaccianti (Profondo rosso, ovviamente: IL film di Dario Argento), il regista si è imposto all’attenzione del mondo come uno dei migliori esponenti del cinema di genere. In mezzo, anche una curiosa parentesi “storica” nel 1973 con Le cinque giornate (tra gli attori, spicca la partecipazione di Adriano Celentano), pellicola da recuperare e rivalutare.
Da non dimenticare, poi, la miniserie televisiva curata per la RAI La porta sul buio (1973), composta da quattro mediometraggi (di 1h circa l’uno) girati ciascuno da un regista diverso; l’episodio migliore, manco a dirlo, è proprio quello firmato da Argento (anche se sotto pseudonimo), Il tram.
Almeno due le prestigiose collaborazioni che hanno segnato il percorso artistico del regista: quella con il gruppo rock dei Goblin, autori delle migliori colonne sonore dei suoi film; quella con il grande amico e collega americano George A. Romero che, oltre al non eccelso Due occhi diabolici (1990, film in due episodi, uno per regista), ha portato alla versione internazionale di Zombi (titolo originale Dawn of the Dead, 1978), una delle pietre miliari del cinema horror di tutti i tempi. Grazie ad alcune intelligenti scelte di montaggio volte a snellire il film, Dario Argento ha approntato la migliore tra le quattro versioni conosciute (inclusa la Director’s Cut) del capolavoro romeriano, anche per la fondamentale presenza delle musiche dei Goblin, sostituite nella versione americana da una colonna sonora piuttosto anonima, che riduce sensibilmente il pathos del film.
Al suo periodo d’oro, che abbraccia l’intero decennio dei Settanta per protendersi fino alla seconda metà degli Ottanta (Opera, 1987, è l’ultimo film di un certo spessore), fa purtroppo da contraltare una lunga e ininterrotta fase calante, caratterizzata da opere deludenti (come La sindrome di Stendhal, 1996, e Il fantasma dell’opera, 1998) e tentativi poco riusciti di tornare sui propri passi (Non ho sonno, 2001). Con Dracula 3D (2012), suo ultimo film al momento, si è probabilmente toccato il fondo. Ma un presente e un recente passato negativi non possono cancellare né ridimensionare la grandezza dei fasti che furono. E il vecchio Dario, poi, non molla: è stato infatti annunciato dalla figlia Asia – Covid 19 permettendo – un nuovo film per il 2021, Occhiali neri, dopo quasi un decennio di “silenzio”.
Francesco Vignaroli