14 ottobre 2020 – Montegnacco di Cassacco, Villa Gallici Deciani
Già il divertente “manifesto” grafico e il denso e serrato programma, per non parlare del titolo dato alla nutrita serie di eventi, “Beethoven che sorride – gli altri volti di Ludwig”, avevano generato nei giorni scorsi sicure aspettative e molta curiosità, ma bisogna dire che il concerto inaugurale del festival autunnale 2020, organizzato dall’Associazione Musicale Sergio Gaggia, le ha superate ampiamente rivelandosi del tutto colmo di stimoli, sorprese ed emozioni.
Nel corso della serata, primo dei cinque concerti, tre incontri e una visita guidata che si svolgeranno in altrettanti luoghi del Friuli Venezia Giulia in collaborazione con l’Associazione Dimore Storiche Italiane, un delizioso estratto dalla liederistica di Schubert, Beethoven e Brahms, eseguito da grandi interpreti, è stato intercalato dalla brillante prolusione di Giovanni Bietti, il notissimo ed efficace divulgatore musicale, compositore, pianista e musicologo e ciò ha creato alla fine la benefica sensazione di essersi trovati per quasi due ore all’interno di una magica bolla situata fuori dal tempo e dallo spazio, con la consapevolezza di aver soltanto scalfito la superficie di un mondo: un primo assaggio, invito garbato e potente ad approfondire quanto offerto con generosità, competenza, arte e passione.
Ma sembra giusto inquadrare l’evento partendo innanzitutto dal luogo: la settecentesca Villa Gallici Deciani, dimora storica situata a nord di Udine e recentemente restaurata. Dopo gli ormai abituali controlli anti covid, si è stati accolti dal proprietario, il conte Luigi Deciani nell’ampia e bella sala situata al primo piano, dove di lì a poco si sarebbe svolto il programma e ci si è trovati seduti, assieme ad altri, nella bella sala in attesa dell’inizio di un incontro amichevole e informale con al centro la grande musica raccontata e suonata da personalità di caratura internazionale.
Ma non si è trattato soltanto di questo.
Si è in effetti vissuta l’emozione di assistere a ciò che probabilmente avviene quando grandi interpreti, amici fra loro, si incontrano per condividere la gioia di eseguire assieme pagine raramente presenti nei programmi di sala.
Pagine insolite, particolari, intorno alle quali il racconto di Giovanni Bietti si è inserito con perizia aggiungendo valore etico esplicito a quello che già la musica esprimeva con il suo linguaggio universale.
Sollecitato dal musicologo, il Beethoven illuminista ha dialogato con i romantici Schubert e Brahms come e forse meglio del suo lato a loro più consonante, cui si è aggiunta la sorprendente ricerca profonda nell’universo della musica popolare, iniziata probabilmente proprio a partire dalle Scottish Songs di cui si è ascoltato un breve ma significativo saggio.
Le presenze costanti del soprano Sophie Klussmann, dalla voce particolarmente versatile e di Andrea Rucli al pianoforte, discreto e fondamentale, sono state protagoniste dei sei Lieder beethoveniani, artefici di suggestioni fiabesche.
Intorno a loro si sono alternati la voce vellutata del clarinetto di Vincenzo Mariozzi per Schubert, la vivacità di Aylen Pritchin, violino e Claude Frochaux, violoncello, nelle Scottish Songs di Beethoven e il suono dolcissimo della viola di Vladimir Mendelssohn nei due Gesänge di Brahms.
Pagine delicatissime, eseguite con amore; e l’appello deciso di Giovanni Bietti a non perdere mai di vista la pratica dell’intelligenza, necessaria oggi più che mai per scacciare con la luce della conoscenza le tenebre dell’oscurantismo e raggiungere finalmente la fratellanza tra tutti gli uomini, come tanto si ripete nell’Inno alla Gioia, è stato il suggello perfetto di un’esperienza di singolare bellezza.
Paola Pini