È un dato di fatto, ogni Regione italiana ha la propria specialità culinaria, sia tramandata o inventata di recente la nostra cucina può considerarsi secondi a nessuno, specialmente dopo essere stata riconosciuta dall’UNESCO per la sua dieta mediterranea. Su questo punto si deve affrontare l’argomento senza mettere campanilismi tra Regioni e Arte Gastronomica come fosse una disputa a regolar tenzone, poiché su tutto il territorio italiano esistono succulente leccornie da gustare almeno una volta nella vita. Quanti di voi hanno assaggiato quell’intingolo caldo tipico piemontese adatto alle temperature invernali, inventato da chi sa chi (una prima descrizione risale intorno al 1875 dal giornalista Roberto Sacchetti), con un nome alquanto singolare < Bagna Càoda > considerato una variante del pinzimonio estivo. Un piatto conviviale da condividere tra più persone, dove gli unici ingredienti di questa salsa sono semplicemente tre: Acciughe, Aglio e Olio tutto abbondante. Questo composto, insieme a tutte le verdure immaginabili di stagione che siano cotte o crude, da intingere in un tipico recipiente detto “fojoit” riscaldato. Troverete certamente molteplici ricette e varianti di questa specialità ma quella originale e gustosa < Bagna Càoda > composta esclusivamente da quei tre prodotti citati e null’altro. Un paio di raccomandazioni se mai desiderate cimentarvi in cucina… tenete presente che l’aglio non deve bruciare e soprattutto… per un giorno, anche due, è meglio non baciare nessuna donna/uomo… altrimenti cadrà svenuta/o… non per il vostro fascino… al vostro passare i vampiri si allontaneranno per molto tempo da voi! Per restare in Piemonte e festeggiare il suo ventesimo anno di Presidio Slow Food gradiremmo presentarvi una ricotta di alpeggio, specialità degna da portare in tavola, si tratta del < Saras del fen > ancora fresca viene “avvolta” nella Festuca pratensis una graminacea, questo per essere facilmente trasportata dai pascoli estivi della Valle Pellice sino in città dai malgari. In realtà forse non sapevano che questo gesto portasse qualcosa in più al formaggio, impregnando gli aromi naturali della paglia, fornendo un delizioso profumo erbaceo. Se percorressimo a ritrosi la storia, avremo di che raccontare sulle esperienze del passato, per farlo, dovremo ritornare tra le montagne e le sue splendide vallate, tra i contadini, dove il tempo sembra non trascorrere. Dal loro faticoso lavoro, ottenevano quel tanto senza sprecare nulla, proprio come recita un saggio adagio: Del cibo nulla si deve sprecare nulla. Così, le massaie unendo fantasia all’alimento, preparavano deliziose squisitezze ormai dimenticate come: Latte e castagne, pasta e fagioli o di patate, oppure quel minestrone messo al fuoco con lentezza. Questa volta limitiamo i nostri orizzonti con una ricetta insolita, non solo piemontese… quella del Fritto Misto… badate, non di pesce. Si dice che del maiale non si butta via nulla, anche di altri animali, questo frammisto di frattaglie serviranno a deliziare il nostro piatto in aggiunta a verdure, amaretti e semolino dolce, come sempre anche qui troverà varianti del tempo odierno sulla preparazione del Fritto Misto alla piemontese. Quelli erano tempi sani, genuini, ricordate lo zabaglione che vostra madre vi preparava… o l’uovo bevuto direttamente dal suo guscio, oggi non è possibile considerando cosa avviene in avicoltura e non solo in quel settore! C’è stato un tempo che il Piemonte fosse un importante produttore di canapa… non quella che si trova sui terrazzi di privati o nascosto in mezzo ai boschi. La città di Carmagnola (TO), forniva la Regia Marina per la lavorazione della canapa come cordame, una piccola parentesi, oltre al suo inconfondibile peperone con le sue quattro forme, vi è anche un Museo della Marina, chiusa parentesi. Per il Piemonte fu un passaggio storico e redditizio, il fiume più lungo d’Italia offriva la navigabilità sino a Torino e oltre, pertanto il trasporto era semplificato… e veloce. Con l’avvento delle fibre sintetiche tutto si sciolse… anche il fiume non fu più navigabile… peccato! A noi piace saltellare tra un’epoca e l’altra, scoprendo tradizioni indelebili nel tempo, ad esempio nella città di Moncalieri (TO), da un vecchio proclama, dieci macellai (chiamati “Trippai”) riunendosi, fondarono la < Confraternita dla Tripa ‘d Muncalè > (Confraternita della Trippa di Moncalieri). Questa antica ricetta medioevale “rivisitata”, è niente meno che una frattaglia dello stomaco del bovino lavorato, servito come antipasto o pietanza.
Daniele Giordano