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Ombretta Macchi per “Artisti ai tempi della pandemia si raccontano”. A cura di Daria D.

Data:

OMBRETTA MACCHI – cantante lirica

26 marzo 2021

Zona rossa, Covid, Pandemia… quali sono le tue reazioni immediate quando senti o leggi queste parole?

Claustrofobia e desiderio di rivalsa sul tempo che questa pandemia ci ha sottratto.

Come hai vissuto e come stai vivendo questo periodo di pandemia, di lockdown?

Con filosofia e buon senso.

Come artista ti sei sentito abbandonato, emarginato, dimenticato? Oppure è la condizione normale degli artisti e quindi…

Diversamente dalla Spagna, unico paese europeo ad aver scelto di non chiudere teatri, teatri dell’opera, cinema, sale da concerto, in Italia sono molti gli artisti e i tecnici che sono stati obbligati a sospendere la loro attività. Se in Francia queste categorie (i cosiddetti intermittents du spectacle) vengono riconosciute, tutelate e sostenute economicamente, in Italia non godiamo della stessa considerazione. I vari “ristori” non sono sistematici e soprattutto seguono criteri poco logici, che spesso escludono chi ha realmente bisogno.

Pensi che la cultura ne abbia tratto beneficio o sia stata ulteriormente deprezzata?

La cultura, in particolare lo spettacolo dal vivo, avrebbe potuto continuare a vivere, rispettando il distanziamento sociale e tutte le regole di sicurezza. In Spagna parlano i numeri: i teatri aperti hanno prodotto zero contagi. Si è dimostrato che il teatro è un luogo sicuro.

Hai avuto modo di preparati per il dopo?

Fortunatamente coltivo altri interessi che aprono conseguentemente altre possibilità professionali. Nel frattempo porto avanti progetti culturali avviati ma necessariamente sospesi, per quando la macchina si rimetterà in moto. Con fiducia.

Pensi che dalla sofferenza, dal bisogno, dalla disperazione possano nascere forme diverse di arte, magari con una maggiore profondità etica e sociale?

Sono convinta che quando si tocca il fondo, in questo caso la paralisi completa dell’intero sistema produttivo dello spettacolo dal vivo, il nostro istinto di sopravvivenza ci conduca nella direzione di una nuova creatività.

È in momenti come questo che possono svilupparsi idee innovative, sostenute da una maggiore sensibilità etica e sociale.

Quando crei hai bisogno di isolamento o ti butti tra la folla, si fa per dire, per trovare ispirazione?

Per quanto mi riguarda, entrambe le dimensioni sono importanti. La “folla”, o comunque il contatto, le relazioni, lo scambio, spesso l’ispirazione. L’isolamento favorisce la direzione, la sistematizzazione, l’organizzazione della materia.

Cosa vorresti che si facesse per gli artisti in momenti come questi quando sembrano, o forse sono, i più dimenticati?

Vorrei che la cultura in generale recuperasse la sua dignità di strumento fondamentale di conoscenza e di interpretazione della realtà. E che per questo gli artisti fossero riconosciuti come categoria essenziale, con le relative e necessarie tutele.

In questo periodo c’è qualcosa che hai imparato, o apprezzato maggiormente?

Il valore della libertà. La necessità del contatto. Il fatto che tutto nasca dalla connessione, dalle relazioni umane. Riscoprire l’ascolto. Fare esperienza della solitudine non come una condanna ma come una risorsa.

Quando tutto finirà, cos’è la prima cosa che farai?

Viaggiare.

Cos’è la speranza per te?

La speranza è il sogno, il progetto. Possibilmente condiviso.

E l’arte?

L’arte è bellezza e nutrimento.

Lascia una parola per il tuo pubblico, i tuoi lettori, i tuoi fan, per chi leggerà questa intervista

Mai smettere di sognare e di credere nelle infinite possibilità che la vita ci offre.

Grazie Ombretta!

Daria D.

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