Trieste, Politeama Rossetti – Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia
Lorenzo Lavia e Marial Bajma Riva sono in scena alla Sala Bartoli del Rossetti di Trieste con “Le notti bianche” di Fëdor Dostoevskij, per la regia dello stesso Lavia, nel bicentenario dalla nascita dell’Autore.
Lo spettacolo è proposto all’interno di FESTIL_Festival estivo del Litorale – drammaturgia contemporanea dall’Istria al Friuli, e costituisce la sezione italiana dello sloveno Primorski Poletni Festival.
In un tempo e in uno spazio sospesi gli attori riescono a dar voce e corpo alla densità essenziale di un testo immenso; con maestria e sobrietà scelgono di mettersi a servizio della sua grandezza per offrire al pubblico un’interpretazione vivida, netta, libera da qualsiasi orpello o manierismo, e in questo modo lo rendono necessario, ne esaltano la purezza e l’incanto sconvolgente.
Nella scenografia essenziale di Eleonora Scarponi i massicci oggetti presenti, continuamente spostati, contribuiscono a dar tono e colore al tutto diventando così parte fondante dell’intera drammaturgia, assieme ai costumi di Alessandro Lai e alle luci disegnate da Pietro Sperduti.
Ogni gesto arricchisce ulteriormente l’espressività vocale a più dimensioni, che in ogni attimo si espande come in una magica cassa di risonanza capace di restituire gli armonici più puri ai numerosi presenti in sala, silenziosi e attentissimi, totalmente catturati dall’intensa e lieve narrazione.
L’appropriata musica, scelta da Samuele Sperduti e Riccardo Moccia, ben si adatta a questo struggente incontro tra due solitudini, a seguito del quale il personaggio più puro e sensibile si ritroverà annientato dalle scelte dell’altro; grazie a questo la sua insostenibile luce brillerà ancor di più.
Gli spettatori assistono così a una tragedia mite, ma non per questo meno atroce, tutta giocata sulle variazioni minime in un delicatissimo gioco di equilibri tra la parola e la sua espressione, i movimenti e i gesti, dialogo serrato tra l’essere umano e il trascendente che, lontanissimo, lo condiziona a tratti quasi negandone la dignità.
Nastenka sottovaluta la sofferta generosità del protagonista, il suo amorevole sacrificio; ne attribuisce il merito all’intervento della grazia divina, privando così, inizialmente, del giusto riconoscimento l’azione mirabile di questo sognatore autentico, semplice e innocente come semplici e innocenti sono tanti tra gli indimenticabili personaggi di Dostoevskij che da sé si sminuiscono definendosi ridicoli, non adatti come sono a vivere in un mondo in cui a dominare è la competizione, la sopraffazione, l’indifferenza; l’egoismo, insomma.
Il sacrificio di lui donerà a lei la forza per raggiungere quel che vuole, lasciandola inconsapevole di quanto ciò gli sia costato e, presto, dimentica di tutto, ma nel confronto tra la vita reale e le “fantasticherie”, tra il mondo concreto e quello del sogno, tra la prosaicità e la poesia è chiarissima la scelta dell’Autore, assieme al suo mirabile insegnamento, giocato tutto su una solidità evanescente, grazie al quale è possibile scorgere una verità limpida e terribile, inattuale forse, ma assoluta.
Paola Pini