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La storia di Annalisa Mirizzi

Data:

Sono cresciuta, ormai ho 19 anni, mi chiamo Annalisa Mirizzi, sono nata in piena estate, il 19 giugno del 2002, in un ospedale di un piccolo paese della provincia di Ferrara e questa è la mia storia, la mia sofferenza, il mio crollo e la mia rinascita.
Il mio bullismo è iniziato in tenera età, i miei compagni si divertivano a spingermi, facendomi cadere, sbattendomi contro il termosifone della scuola o sul muro oppure semplicemente si divertivano a vedermi stesa sul pavimento dopo una loro spinta, mi hanno buttato giù pure dalle scale del giardino della scuola, quelle esterne dalla struttura scolastica, nella quale dicevano sempre, per qualsiasi cosa che facevano “e successo involontariamente, non sono stato io è caduta da sola” oppure mi ridevano in faccia, divertiti per la mia sofferenza. Nel giorno che fui buttata giù da una scala ho provato molto dolore, ma non mi hanno fatto tornare a casa le insegnanti, nonostante piangessi e mi lamentai del dolore, nonostante mi facesse male la spalla e facessi fatica a muoverla.
Quell’anno fui bocciata per i miei anticorpi molto deboli, in più avevo preso un’influenza, nella quale a quei tempi al telegiornale se ne parlava molto a causa dei decessi, a quei tempi se non sbaglio avevo 6 o 7 anni non mi ricordo precisamente, però mi ricordo come stavo, i sintomi che ho provato sono stati terribili, febbre, tosse, raffreddore, mal di gola eccessivo, vomitavo, non riuscivo a mangiare niente per la mia gola infiammata, bevevo e basta, avevo perso peso velocemente, settimane e settimane senza mangiare, ero diventata uno scheletro, pensavo sempre di morire da un momento all’altro, non mi reggevo in piedi e non avevo neppure le forze di reagire. A causa di questa influenza ho perso molti giorni, settimane o forse un mese di scuola, ai miei compagni non ero per nulla simpatica, quindi nei miei confronti avevano del risentimento immotivato, la mia famiglia ha sempre espresso i problemi e come i miei compagni si comportassero con me, ma ero terrorizzata quando mia madre parlava con gli insegnanti, perché essendo a quei tempi una bambina, avevo paura che le maestre si sarebbero arrabbiate con me se le avessi contraddette, non tutte erano dolci e comprensive, alcune erano molto severe e non volevano essere contraddette e neppure sentire le ragioni di una lamentela, quindi non mi sentivo in una condizione serena di dire alle maestre, dopo la caduta delle scale dove continuavo ad avere i dolori, sulla mano avevo dei tagli, provocati dalla caduta dalle scale essendo atterrata sull’asfalto. la parte del mio corpo che ha risentito di più la caduta è stata la mia parte sinistra, spalla, braccio, mano e polmone.
Un altro fatto di bullismo alle elementari furono seguiti in seconda, quarta e quinta.
Già a quell’età alcuni bambini avevano dimostrato di essere molto cattivi nei miei confronti, una bambina in seconda elementare mi ha palesemente detto, con tanto di gesto, che mi avrebbe gonfiato la faccia, immaginate una bambina che si ritrova con coetenaei che già la minacciavano. Vorrei poter dire che le cose sono finite lì ma non fu così, per i miei compagni mano a mano, tra minacce e nel diventare il loro sacco da box, la scuola mi sembrava più una tortura. L’unico anno dove probabilmente ho ricevuto solo qualche presa in giro ma nulla di grave fu la terza elementare, ma è stato diverso, perché mia madre aveva preso la situazione in mano e i miei nuovi insegnanti, mi hanno difeso dal comportamento scorretto e indisciplinato dei miei compagni, un comportamento neppure “umano” da quanto “odio” avevano nei miei confronti.
Poi arrivarono la quarta e la quinta elementare, questi due anni me li ricordo come se fosse ieri, li è iniziato il cambiamento dei miei compagni, sono sempre stato l’anello debole che non faceva del male a nessuno eppure nonostante fossi una bambina come tutte, che desidera giocare e avere degli amici, mi sono ritrovata in una situazione orrenda. All’inizio doveva essere solo un gioco, ma ho capito dopo molto tempo che il loro “gioco” era per ferirmi. Dovevo pure fare attenzione a come mi vesti o perchè se mettevo una maglia o un pantalone che anche in altra persona indossava, un branco di “baby gang” venivano a faccia a faccia a dirti: “che fai copi i vestiti?” “Tu questa maglia non la metti più”. Quindi anche in quel caso ti facevano sentire in un modo orrendo.
Come ho annunciato ho sempre avuto anticorpi deboli, quindi per me ammalarmi e prendere l’influenza era molto facile, per questo i miei compagni si erano inventati un “gioco” dove io ero l’infettata, infetta da una malattia che se mi toccavano si sarebbero ammalati e per non ammalarsi avrebbero dovuto toccare altri bambini oppure lavarsi le mani per non contrarre il virus della mia malattia. All’inizio non ci feci caso, pensai che sarebbe durato solo per quel giorno, ho immaginato che probabilmente volessero giocare agli zombie e ai soldati, io ero lo zombie che dovevo trasformare altri in zombie, non avevo minimamente immaginato il loro intento. La mia mente è stata molto ingenua a stupida, invece questa storia dell’ infetta è durato per molto, molto ma molto tempo, precisamente anni e questo “gioco” creato all’interno della mia classe si espanse anche in altre classi, nella quale alcuni aderirono a tale cosa, forse la loro convinzione che io fossi “infetta” era dettata dal perché mi ammalavo con una facilità impressionante, oppure perché essendo che avevo i capelli molto lunghi e non li legavo mai, ci sono quei periodi dell’anno dove li perdi, un po’ anche per lo stress. Ma tutti perdono i capelli in certi periodi dell’anno solo che io li avevo molto lunghi in confronto alle mie compagne. Poi un giorno, in giardino ho raccolto un po’ di erba e qualche margherita e la misi in un bicchiere d’acqua insieme a qualche legnetto, ero sempre da sola quindi giocavo da sola, raramente parlavo o stavo in compagnia di qualcuno, quindi quel giorno mi ero vantata di aver creato il “Té verde”, essendo che l’acqua si era colorata di verde ma di una cosa ero davvero contenta, nell’impresa di creare un finto Té verde mi aiutò una mia compagna di classe e entrambe siamo poi andate dalla maestra a mostrare la nostra creazione, quindi ero partita da sola per poi avere una mano, ovviamente essendo una bambina ero felice con poco, una mia compagna mi disse “bevilo” ma non l’ho feci, non ero così stupida, sapevo che non era té. Quindi ha provato a rovesciarmelo in testa. Ma non c’è riuscita.
Stanca di essere tratta per mesi come una malata, che avesse malattie incurabili nel corpo e di essere trattata male, ho detto alla mia famiglia cosa stava succedendo e loro lo hanno fatto presente alle insegnanti che subito hanno fatto smettere i miei compagni. Finendo poi la quinta elementare con il botto, un bello sgambetto, nella quale non sono tornata a casa, nonostante il dolore e la caviglia che mi tremava, avevo altre due ore di lezione, potevo resistere, se stavo seduta non forzavo la caviglia, volevo andare a casa per il dolore però allo stesso tempo non volevo, finite le ore scolastiche, vedendo mia madre ho iniziato a piangere, sono tornata a casa e quando ho tolto la scarpa sono andata nel panico, una caviglia gonfia, con tutto il piede gonfio di colore viola scuro. Ho pianto e sono stata portata immediatamente al pronto soccorso, i medici mi hanno portato la sedia a rotelle, ho aspettato il mio turno, portandomi a fare un ecografia, mi hanno fatto andare in un altro ospedale, ero anche a digiuno, tutta la mia famiglia era a digiuno, i medici appena hanno visto la mia caviglia si sono subito preoccupati, diventava sempre più scuro e il dolore più forte, non riuscivo a muoverlo come loro volevano, non riuscivo a tenerlo dritto, soffrivo e piangevo per il dolore ogni volta che mi toccavano il piede e la caviglia. Non era rotto fortunatamente, però era necessario bendare, in fasciare e tenerla al riposo. Ma per i dolori che sentivo e per il fatto che il mio piede non riuscivo a tenerlo dritto per i dolori, mi hanno fatto tornare di nuovo a casa. Quindi mio zio, che se ne intende, ha iniziato a in fasciarmi la caviglia e il piede, non riuscivo a camminare e l’unico modo che avevo per muovermi era chiedere aiuto alla mia famiglia per portarmi in bagno o anche a letto, se volevo andare a tavola mi accompagnavano, non mi muovevo da sola, camminavo saltellando su una gamba accompagnata ovunque, in quel periodo non uscivo neppure di casa. Il trauma subito alla caviglia era stato molto forte, ho perso mesi di scuola per questa situazione, in cui non riuscivo a camminare e se appoggiavo il piede per sbaglio il dolore era atroce, piangevo.
Finché un giorno, dopo tanti mesi, decisi di provare da sola e senza chiamare nessuno ho provato a camminare con entrambe le gambe, il dolore continuava, ma ci provavo comunque, sentivo dolore, formicolio, tremolio, facevo passi piccoli e mi tenevo stretta da qualsiasi cosa ci fosse vicino a me nella camera, il comò, l’armadio, il muro e la porta, tutto ciò che c’era era dove mi appoggiavo per provare a camminare e con lentezza e con il dolore ho camminato fino ad arrivare in cucina da mia madre e da mia nonna, mamma si era alzata subito dal divano per venire da me, ma volevo fare da sola e il fatto che ci stessi riuscendo mi rendeva così felice, piano piano e con lentezza ero riuscita a camminare di nuovo, anche se ogni tanto la caviglia mi fa ancora male e si gonfia a distanza di anni.
Poi arrivarono le medie, ho pensato che sarebbe stato diverso, che avrei avuto degli amici e invece anche li non andarono molto bene le cose, all’inizio sembrava tutto tranquillo, poi però iniziarono le prime prese in giro, le prime “selezioni” tra “i fichi” e “gli sfigati”.


Sono sempre stata una ragazza che non le è mai piaciuto omologarsi, non fumo, non bevo, non ho vizi strani, una persona che vuole essere se stessa sotto ogni punto di vista, non ho mai iniziato a fumare o a bere, né a comportarmi in modo altezzoso o atteggiarmi di un certo modo con il genere maschile, per andare a scuola non mi vestito come per andare a una festa, tutta elegante, mi bastava un pantalone e una felpa, non ero neanche il tipo che si truccava e se lo facevo era perché cercavo di essere carina, visto che i bulli mi buttavano giù pure l’autostima, mi sono pure tinta i capelli e una mia compagna mi aveva detto che sembravo una “Puttana” so che le avevo risposto male, anche perché ero criticata su tutto, dal mio modo di vestire a come mi truccavo, perché si, ho inizio a truccarmi solo per vedermi bella, per farmi bella, sperando anche che primo o poi il male che subivo smettesse, quindi provo anche a cambiare look di vestire, di acconciatura, cambiare astuccio, zaino, farmi vedere grande anche se dentro mi sentivo una bimba, però cerchi di crescere, di cambiare, senza goderti la tua vera età, sperando che effettivamente che poi le prese in giro e tutto quello che ne seguiva smettesse, ma non era così, anche se cambiavo, diventavo più matura e c’ho provato quando in verità pensavo ancora a giocare, a scherzare. Improvvisamente mi ritrovo che a scuola non potevo essere me stessa e quindi mi sono creata una corazza che non mi faceva essere davvero me stessa, perché bastava mostrare una piccola fragilità o dei sentimenti e tutto poteva diventare un arma contro di me. Ero una ragazza bassa, con un aspetto fisico abbastanza robusto, con le guance rosse e una timidezza infinita nel dire anche “ciao” per me fare amicizia non è facile, sono troppo timida, aspettavo che erano le altre persone a venire da me per presentarsi, ma anche quella parte di me dovevo imparare a controllare, perché l’essere troppo timidi ti può fermare, ti può frenare, quindi per parlare in pubblico o per farmi conoscere a quei tempi mi mettevo davanti a uno specchio e immaginavo che ci fossero un sacco di persone intorno a me, solo per superare il mio limite, ho sconfitto la timidezza un po’, dietro ad uno schermo mi è quasi più facile parlare mentre di persona mi sento un pochino un po’ più piccola. Il mio bullismo iniziò anche alle medie da prese in giro, dalle classificazioni fino a sentirti dire anche “non mi guardare, non respirare la mia stessa aria”.Questa frase mi fu detta al doposcuola prima dell’inizio alle medie, mentre alla scuola media mi venivano fatti i versi, mi chiamavano fischiando come se fossi un cane, ero anche quella che a motoria, per quanto non sono brava in certi sport e per quanto ho le mie preferenze sportive ero quella che non veniva mai scelta, ero l’ultima di un elenco ed ero per i miei compagni “la sfiga assoluta della squadra.” così mi facevano sentire, “la disgrazia, la sciagura” che a loro è capitato. Questo mi ha portato, non solo perciò che mi facevano, ma anche per altre cose che mi facevano, ho iniziato a vedere la scuola come una tortura, ma mi hanno anche fatto pesare le materie scolastiche che magari prima mi piacevano ed erano riusciti a farmi odiare i giochi di gruppo, qualsiasi gioco sportivo fosse me lo facevano pesare, perdeva la squadra era colpa mia, sempre e comunque, quindi ho preferito fare degli sport ma individuali, dove non dovevo lavorare o giocare con una squadra, però avevo fatto pallavolo, prima di iniziare le scuole medie, ero insieme a delle ragazze, piu piccole di me se non sbaglio “Under 12” , uno sport di gruppo, l’ho fatto come sport extrascolastico e non mi hanno fatto sentire strana, mi facevano stare bene, come quando facevo sport da sola e nessuno mi stressava. Però quando si trattava di sport scolastico, con dei compagni che ti bullizano e ti trattavano come un oggetto, neanche come una persona ma più che altro eri considerata la pecora nera della classe, era diverso, lì sentivi proprio la pesantezza e preferivi inventarti cavolate o che ti eri fatta male, qualsiasi cosa, pur di non giocare e svolgere attività fisica con quella classe.
Mi sono ritrovata da minacce fisiche,verbali e psicologiche, di ritrovarmi davanti a due scelte che ti vengono imposte, o fai così oppure ti facciamo questo o ne pagherai le conseguenze, quella volta che ho provato a reagire la situazione si è ribaltata, sono finita io nel torto quando ho cercato di difendermi, mi sono sentita dire che faccio schifo. Penso che sia normale che una persona che non è serena e che tutti i giorni ne sente una, dentro e fuori dalla scuola a causa loro che provi a difendersi e a reagire, almeno un po’ , ma alla fine il branco fa unione e sono finita nel tortoio. Una volta a scuola, quando stavo per tornare a casa c’era un vero e proprio gruppo numeroso a guardarmi e il giorno stesso di mattina ho ricevuto la minaccia che mi avrebbero mandato delle persone per farmi del male, per picchiarmi, dove tutti erano intorno al capo bullo, come se le facessero da scudo, non è stato per nulla bello lo spettacolo che vidi, ragazzi e ragazze dalla prima media fino alla terza media tutta riunita li in massa a guardarmi, mi sono sentita spaventata, anzi ero spaventata, dopo una minaccia e vedere un gruppo numeroso del genere chi non se la farebbe sotto.
Le prese in giro e il bullismo non era solo all’interno della struttura scolastica ma anche fuori, quindi provavo anche timore di uscire di casa, di incontrare quelle persone perché quando giravo per strada mi facevano i versi, mi prendevano in giro e quindi non avevo neppure la serenità in quel caso. In seconda media ho supplicato il preside di bocciarmi, nessuno chiederebbe la bocciatura, ma non riuscivo più ad andare a scuola, mi facevo venire tutti i dolori del mondo, ogni sintomo e mi inventavo scuse per stare a casa. Ricevevo colpe che non avevo e a volte me la prendevo con persone che non mi avevano fatto nulla, ma rispondevo male solo perché dentro di me non ci capivo più niente, mi sentivo confusa, addolorata, di troppo, sbagliata, credevo che fosse davvero colpa mia se venivo tratta male, se mi facevano del male, io sono sempre stata una persona che accetta le persone, a scuola andavo d’accordo con coetanei che venivano da altri continenti, che avevo altre colture, un’altra credenza, problemi fisici o che erano finiti in sedia rotella per un motivo o per un altro, ero e sono tutt’ora gentile con persone anche più deboli di me e se posso aiutare, aiuto una persona, non la lascio soffrire. Ho l’abitudine di prendere il dolore degli altri ascoltandoli per aiutarli a farli stare bene e anche queste persone venivano bullizzate, in ogni circostanza. Poi è arrivato il Cyberbullismo, quello è stato molto torto, persone che si divertivano ad augurarmi la morte, non solo a me ma a tutta la mia famiglia, di suicidarmi e mi spiegavano come suicidarmi, mi dicevano proprio frasi orrende, frasi che non ripeterei mai, frasi che ti lasciano un dolore, un senso di vuoto e tanta voglia di dire basta. Mi insultavano, dandomi appellativi orrendi, io non avevo più per questi bulli e cyberbulli un nome e un cognome, io ero un etichetta, non esisteva Annalisa Mirizzi, esisteva tutt’altro, mi davano della poco di buono e si divertivano a trattami come stale, dicevano un sacco di cose, un sacco di parole non vere, anche se ti fidi di una persona e ti confidi che hai un problema molto serio da risolvere dove hai delle persone che cercano di farti sentire uno schifo, non ti immagini neppure nei tuoi incubi peggiori che quella persona, con cui ti sei confidata, mette voci in giro, ti minaccia non parole che manda il tuo numero a sconosciuti per ricevere chiamate anonime per farti insultare, per farti morire dentro, dove perdi la fiducia nelle persone e per questo ho tanta paura di fidarmi e di confidarmi, perchè appena trovano un segno debole ti fanno a pezzi e alcuni ti fanno del male per vendicarsi e li ti rendi conto che non importa cosa fai, se fai anche 300 azioni belle e 2 sbagliate, a loro non importava di me, delle mie sofferenze, delle voci che daveno e che ascoltavano per farmi soffrire, a loro non interessa che io sia una brava persona, a loro non importa se ho fatto degli sbagli perchè anch’io sbaglio a loro non interessa se mi hanno spinto a fare la scelta sbagliata perchè non sapevo cosa fare e non ragionavo, il loro intento era vedermi a terra e più infomrazioni si inventavano e più si divertivano e le trasformavano tra una persona e un’altra le facevano più grandi del normale per diventimento, senza pensare al dolore che facevano, insultandomi sul mio aspetto fisico, augurando la morte alla mia famiglia, dove questi bulli dicevano anche che era meglio che non nascessi.
I bulli amavano farmi del male nei miei punti deboli, loro mi scrivevano sui social a quei tempi andava di moda Askfm, un social dove puoi fare domande anonime, dove mi dicevano che: “I miei genitori si sono pentiti di mettermi al mondo, perché per loro sono e sarò sempre una delusione, che non valgo nulla, che primo o poi anche i miei genitori mi lasceranno, che mi abbandoneranno più tosto che avere una figlia come me, che sarò la causa di molte loro sofferenze, che quando sono nata i miei genitori volevano darmi via, che quando mi hanno vista nascere avranno avuto conati di vomito, che senza di me era meglio, che era meglio se mia madre abortiva… ” e questi sono solo un quarto delle frasi che mi dicevano i cyberbulli, dalla mattina appena aprivo gli occhi fino a quando non li chiudevo. Era questo che i miei coetanei volevano? Dopo che mi dicevano di ammazzarmi, di buttarmi di sotto, di tagliarmi le vene, era questo che volevano? La mia morte? E se io fossi stata sola senza nessuno, senza aiuti e mi fossi uccisa? Loro come sarebbero stati? Mi avrebbero tenuto sulla coscienza? Avrebbero pianto per me? O avrebbero riso del dolore che la mia famiglia avrebbe provato in caso facevo la cazzata di suicidarmi, in alcuni momenti, in quei momenti in cui sei succube il cervello sta in silenzio, pensa soltanto al negativo.
Alcuni bulli hanno creato account su di me, per insultarmi, venivano usate mie foto senza il mio permesso, foto dove facevano la gara chi era più bella tra me e un’altra ragazza, Foto, solo foto per prendermi in giro. Mi chiedo spesso perché, se a loro non piacevo perché farmi diventare agli occhi di altri ciò che non ero, dare il mio numero privato in giro, farmi conoscere da tutti da un etichetta? Data per vendetta o antipatia? Dove se tu provi a fidarti e confidarti con qualcuno è subito pronto a usare il tuo dolore e le tue sofferenze. Sono stata minacciata in modo psicologico, dove mi veniva detto che se facevo qualcosa, dove loro, i bulli, si facevano del male sarebbe stata colpa mia, colpa mia di cosa? E invece venivo incatenata in una realtà dove mi isolavo da sola, ero intrappolata in un sistema psicologico di questi bulli, dove l’unica che stava davvero male ero io, dove i miei coetanei e anche persone più grandi della scuola ti manovravano come un burattino nelle loro mani, ma anche nel cyberbullismo, qualsiasi azione che avrei fatto, ci sarebbe stata una reazione da parte loro e non sapevi mai se era quella che dicevano o renderti la vita un inferno, qualcuno è riuscito a rendermi per mesi quasi un anno la mia esistenza impossibile. Per poi ricevere video di persone che parlavano male di me e della mia famiglia dove questi bulli, volevano fare del male ai miei genitori, dove minacciavano di ammazzarmi o di ammazzare i miei genitori e ripensare ad alcune cose, mi fanno ancora male, persone, miei coetanee che si approfittavano di me e della mia situazione di bullismo invece di capirmi. Già ero in crisi e poi c’erano persone che sul mio dolore ci giocavano sopra e quando racconto la mia esperienza per farmi conoscere qualcuno ci ride ancora su o non ci crede, io sto mettendo a nudo la mia esperienza e il mio dolore, me lo merito un po’ di rispetto? Raccontando la mia storia posso aiutare qualcuno a lottare?
I miei genitori sono subito intervenuti per tutelarmi e le mamme di queste persone, di questi bulli, alcune chiedevano scusa, mentre i figli continuavano a fare quello che volevano, fregandosene, alcune mamma invece giustificavano i loro figli con “sono solo ragazzi”. Quindi alcune mamme se ne fregavano altamente di più dei figli, come si fa a dire, sono solo ragazzi quando quella persona poteva causare un lutto in famiglia? C’è stata una volta in cui una delle bulle piangeva, nessuna persona del gruppo si è permesso/a di andare a consolarla, l’ho fatto io. Io che ero quella che piangeva, soffriva, che aveva iniziato a mangiare di meno per paura di ricevere altre offese sono andata a consolare colei che non mi sopportava, sotto nessun punto di vista e non vedeva l’ora probabilmente di non vedermi più nella sua vita. Immaginate una bambina subire bullismo alle elementari, arrivare all’età di 11 anni a ritrovarsi in una situazione peggiore, dove quasi a 13 anni si ritrova con minacce di morte, che viene istigata al suicidio, minaccia psicologia, minaccia visiva, che receve chiamate anonime di insulti, etichette orrende e inripetibili, e con il compiere i 13 e verso i 14 anni tutto il resto che ho raccontato. , Alcune persone si sono tolte la vita per il bullismo e cyberbullismo, alcune persone non parlano, stanno zitte, soffrono in silenzio e muoiono in silenzio, altre invece sono sole, altre invece non solo sole ma non sono aiutati. Io non ero sola, ho iniziato a parlare, non subito, ma ho iniziato a parlare. E tutti quando siamo vittime di questi bulli e cyberbullismo dobbiamo reagire, altrimenti loro prendono il sopravvento.
E vi giuro che non me né sono pentita di andare da questa persona a consolarla, anche se mi aveva fatto del male e continuava a farmi del male, ho dimostrato a quella persona che nonostante ciò che mi ha fatto io ero lì, anche se spaventata dalla sua reazione, non me la sentivo di lasciarla in un momento di fragilità da sola.
Quando lei non era a scuola i miei compagni erano diversi, non mi trattavano male anzi scherzavano e mi trattavano come se fossi una loro amica, una persona come loro.
Ovviamente quando ci fu tutta la situazione del bullismo e cyberbullismo ho avuto persone che mi sono state vicino, mi hanno aiutato e consolato, dandomi la forza, la mia famiglia mi ha difeso sempre e non ha mai smesso di farlo, per questo per me la mia famiglia è sacra, unica e tutte le parole più belle di questo mondo, non ero sola, mi hanno protetta e confortato dal dolore, dandomi forza quando io non né avevo più e volevo farmi del male, dove la mia testa non ragionava come doveva e stava per i fatti suoi, potevo sbagliare, commettere un errore fatale, Mi ero isolata, perchè i bulli mi hanno fatto credere che ero sola contro un mondo che non mi voleva. Ma ho tenuto duro, per amore di chi davvero mi voleva bene, mi sono sfogata con il cibo, mi sono ingrassata, sono dimagrita a 13 anni e mezzo avevo già un po’ di cellulite e qualche smagliature dal mio modo irregolare di mangiare, perchè mi sfogavo mangiando, poi ho smesso, ho iniziato con la lettura e facevo qualsiasi cosa per tenere la mia testa occupata, alcune volte mangiavo qualcosa di numero, non mangiavo neppure metà pasta, io mi stavo sfogando in un modo sbagliato, parlavo, mi sfogavo, facevo qualsiasi cosa per non pensare e tutta la forza che non avevo e il limite che avevo superato non mi permetteva di reagire come volevo. Per amore, perchè è l’amore che prima di tutto mi ha salvato, l’amore per i miei genitori, per la mia famiglia, mi ha fatto rialzare, mi ha fatto lottare e di cercare di rimmettere la mia vita in carreggiata perchè non ci trovavo più un senso se dovevo vivere solo soffrire, la mia famiglia ha fatto di tutto per far smettere tutto questo, l’inferno che vivevo l’hanno fatto smettere, a fatica, ma ci sono riusciti ed io ho ripreso piano piano la mia vita in mano, le voci e il bullismo e il cyberbullismo era finito, ed io stavo bene, stavo davvero bene. Coloro che mi hanno fatto del male e che hanno continuato a farmi del male nel tempo ora sicuramente non ci penserà più a queste cose, l’importante era vendicarsi, denigrarmi e farmi stare davvero male. Ora loro non ci penseranno più ma per me è ancora un ricordo vivo, vive in me quel ricordo e fa ancora male perché alcune cose non le superi. Anche se mi è stato detto che sono stata forte, perché non ho ceduto e non mi sono arresa, quella forza che ho avuto nel lottare, si chiama amore e quindi è stato l’amore che provo per la mia famiglia e quella che loro provano per me a salvarmi a darmi la forza, se non avessi avuto il loro amore e se non avessi avuto loro per lottare io adesso probabilmente non sarei qui. A volte ho paura di raccontare la mia storia, paura che ricordandola magari qualcuno riprova a fare lo schifo che ha fatto nei miei confronti, ma so anche che dalla mia esperienza e dalla mia lotta posso aiutare qualcun’altro. Non siamo soli, c’è lo fanno solo credere, ci fanno credere di essere il nulla, lo zero assoluto, ma è dallo zero che partono i numeri, quindi lo zero è importante, tutti noi siamo importanti e valiamo, nessuno deve farci sentire inferiore senza il nostro consenso, perché nessuno è inferiore ad un’altra persona e quando si imparerà il vero valore e il vero rispetto verso gli altri? quando inizieremo a capire che le persone hanno un cuore, soffrono, hanno debolezze e impareremo che il dolore è universale? che esistono persone fragili e vanno accettate ugualmente e dobbiamo imparare ad amare, non solo se stessi, ma amare per davvero e rispettare la vita degli altri?
Quando ho ripetuto la seconda media, cambiando, con una nuova classe e nuovi insegnanti, il primo giorno ho raccontato la mia storia alla mia nuova prof, non le ho raccontato tutto perché sarebbe stata troppo lunga la vicenda, mi sono limitata a dire un mini riassunto e delle scritte in bagno più avanti quando capitò e tutto ciò che desideravo era riprendere in mano la mia vita, uscire da quel periodo buio dove non trovavo una via di fuga, i miei nuovi compagni mi hanno subito accolto, facendomi capire cosa significasse fare parte di una classe, andavo a scuola con più felicità, ma con un pizzico di preoccupazione che qualcosa o qualcuno mi distruggesse da un momento all’altro. Ringrazio la prof di musica perché è stata la prima nella rinascita della nuova me, visto che stavo nascendo di nuovo e mi ha dato la possibilità di entrare in spettacoli e progetti extrascolastici, cantando e recitando insieme ad un’altra insegnante ma la prima prof è stata quella di musica, dove li, quando cantavo lasciavo uscire un pezzo di me, per poi ringraziare tutti gli altri insegnanti, mi hanno fatto crescere e anche loro mi hanno resa più forte, dandomi anche loro consigli e consapevolezze, ho superato il mio limite e ho fatto tesoro di ogni parola positiva che mi ha aiutato a crescere e a rafforzarmi, i miei insegnanti mi hanno visto ridere, piangere di gioia, di dolore, urlare, impazzire, andare in panico e anche la mia parte scherzosa e infantile, era uscita piano piano la vera me, quella che avevo paura di mostrare, la ragazza fragile che vive nel mondo delle favole, che ha un cuore grande e ama la sua vita, quella ragazza un po’ maldestra, con un senso di responsabilità molto grande. Quella ragazza che ha paura di aprire il suo cuore totalmente per non essere ferita. Ho imparato ad amarmi, ad amare ogni piccola parte di me, anche quella che odiavo guardandomi allo specchio, ora la amo perché fa parte del mio passato e quello non si può cancellare, si può solo andare avanti, ricordare e fare di quella esperienza terribile un punto di forza che ti cambia, perché ti cambia da dentro, ed ora quella adolescenza rubata voglio vivermela, anche se sono maggiorenne ma quella parte di me non l’ho vissuta, quindi me la vivo adesso, gioisco ancora come una bambina quando mi succedono cose belle, gioisco come se fossi ad un parco giochi, gli anni che hai perso soffrendo nessuno te li darà più indietro ma non è sbagliato viverli adesso che non hai più questi problemi. Voglio vivere la mia vita in un modo sereno, godermi una relazione futura in modo spensierato senza la paura che soffrirò, voglio vivere, voglio vivere e godermi la vita e poi magari realizzare i piccoli sogni nel cassetto che ho, che in un modo o in un altro i bulli hanno provato a strapparmi le ali sui miei piccoli sogni. Finire gli anni che ho perso, lavorare, realizzare il mio desiderio di poter scrivere libri, essere un’autrice a tutti gli effetti, dove la mia passione diventi un lavoro.
Magari in un futuro avere un marito e dei figli, voglio sognare ancora un pochino, vivere una realtà e sognare un po’, non c’è niente di sbagliato nel voler sognare e avere obiettivi e sperare che si realizzino ciò che desideri. Non c’è niente di male, vivere la vita e il tempo che ti hanno rubato, sono giovane, sono cresciuta in fretta da un lato ma non sono un’adulta al 100%.
Ringrazio degli insegnati e un preside che mi hanno capito e che hanno assistito al mio cambiamento e alle mie insicurezze, a quella parte un po’ bimba che fa parte di me.
Facendomi scoprire nuove passioni che non credevo di avere, iniziavo ad essere davvero felice.
E un’altra esperienza fu che dopo due anni tranquilli, dove la mia vita stava iniziando ad avere un senso, senza più bullismo e cyberbullismo grazie agli insegnati e alla mia famiglia che ha combattuto con le unghie e con i denti contro il male che mi hanno fatto per tutelarmi, arrivano le superiori, avevo sedici anni, stessa storia, io che speravo che andasse tutto bene, che non succedesse nulla di orribile e invece niente, sono stata eletta rappresentante di classe, non era la prima volta per me, sapevo cosa significasse e cosa volesse dire. L’unica differenza e che avrei avuto un vice. Un giorno ci fu un consiglio di classe, dove si affrontarono diverse tematiche nella quale io stessa ho dato consiglio di avere un approccio un po’ diverso con gli studenti, più calmo, tematiche importanti nella quale non condannavano nessuno studente, ma più che altro cercavo di far capire ai professori che ogni studente e diverso nell’agire, sia nel porsi, nel approccio nello studio ecc ecc.
Come ogni studente quando si va in un istituto nuovo si vuole testare il terreno, è una cosa normalissima, se non fosse che quel giorno qualcosa andò storto. Tornata a casa ripensando alla riunione ho parlato con la mia famiglia, spiegando com’è andata e cosa è successo, mi sembrava più che giusto avvisare i miei compagni e così ho fatto, li ho chiamati e ho detto a loro le cose più importanti e gravi che sono successe. Il problema è che sapevo in una minima parte cosa sarebbe successo a me se avessi raccontato ai miei compagni davanti ai professori l’accaduto, ma mi sembra giusto avvisarli sulle conseguenze che potevano arrivare, ma non avrei mai immaginato cosa poteva fare una sola insegnante. Ho difeso la classe in assemblea, parlando anche delle minacce ricevute per tutta la classe dal vice capoclasse, minacce di avvertimento se ci andavi contro, io non tolleravo queste cose, dopo che le ho vissute, ero agitata quel giorno all’assemblea studentesca di classe e da tanta forza che avevo, perché sapevo che non lottavo da sola, ma anche i miei compagni avrebbero lottato con me, perché si parlava di loro, di conseguenze sulla classe, mi sono ritrovata a lottare da sola ma non perché loro si sono tirati indietro ma perché un insegnante piuttosto che dire la verità ha fatto in modo che fosse tutta colpa mia, questa ragazza che ha accusato la classe, ha portato prove video del comportamento della classe e le era stato chiesto di mettere quelle prove su una chiavetta da consegnare. Ma la colpa fu ricaduta a me che avevo fatto tutto io, quando non era vero e in più venivano estrapolati pezzi di discorsi fatti in assemblea in un contesto diverso solo per mettere me in cattiva luce. Io speravo che i miei compagni conoscendomi sapessero che non era vero quello che stava dicendo e invece credettero alla prof. Ho visto gli sguardi dei miei compagni, ho chiesto scusa, quando io non avevo sbagliato, quando a loro non ho mentito, ma mi sono sentita così piccola, sotto accusa, con un insegnante che invece di dare l’esempio ha fatto altro, tutt’ora ci ripenso a quel giorno e mi pento di non aver lottato abbastanza, ma quando ti ritrovi a combattere da sola e con un adulto che parte con “ne ho una da dire per tutti” già capisci che probabilmente è una battaglia già persa. Dove l’insegnante ha sempre ragione anche se è nel torto.
Prima di andare a casa ho chiesto scusa alle persone a cui sono riuscita, non sapendo come parlare, come dire che non è andata così, solo una persona mi ha detto “Lo so che non sei stata tu” solo una persona in una classe intera, ho pianto tornando a casa, non potevo crederci che la mia buona volontà di dire la verità e di difendere qualcuno sarebbe finita in un modo orrendo, dove mi sono sentita uno schifo totale, la voce che circolava era falsa e ora ero diventata un bersaglio facile e fragile. Quando ci fu la riunione genitori e insegnanti, la risposta che ricevetti era “volevo proteggerla prima che si infilasse in situazioni non belle.” Ma non era questo il messaggio che aveva lanciato, ora era facile girare la frittata, una volta che la studentessa preferita è salva. Sentendomi in un modo sbagliato nonostante la mia innocenza e vedendo alcuni cambiamenti, ho cambiato scuola, i miei compagni si erano un po’ arrabbiati perché non avevo avvisato e il giorno dopo li sono andata a salutare. Ma alcuni di loro già sapevano il perché della mia decisione.
Ho perso anni di scuola e possibilità di avere davvero degli amici con cui uscire e sentirmi in compagnia, la mia vita da quanto stava andando bene ha trovato il modo giusto per farmi punire quei due anni tranquilli.
La mia famiglia anche dopo questa situazione orrenda hanno deciso di mettermi in una scuola privata, lo hanno fatto per me, nonostante tutte le cose brutte che possono succedere, loro come sempre hanno pensato a me e alla mia felicità, il bullismo che ho vissuto io e stato al maschile e al femminile, per poi ritrovarmi in una situazione che non avrei mai pensato succedesse, ogni forma di bullismo è pesante. Il bullismo fisico, verbale e psicologico, ti fa male e ti distrugge fisicamente e mentalmente. Quello cyber colpisce nei punti più fragili, dove il dolore è interno, ed è molto più elevato il dolore che provi dentro, nella testa e nell’animo è più forte, ti ammazza prima, le azioni di un adulto maggiorenne che si scaglia su un minorenne ti lascia l’amaro in bocca, perché ti aspetti di tutto dai coetanei ma da un adulto non ti aspetti nulla del genere, poi da un insegnante, l’insegnante deve dare l’esempio giusto, non quello del timore di parlare perché altrimenti hai una lista per tutti i componenti di quella classe, io non lo trovo da insegnante, né educativo e né professionale, dire a minorenni, tuoi alunni dove avverti in poche parole che se parlano li distruggi se parli tu, questo non è da insegnante.
Con la mia famiglia ho un rapporto bellissimo, a loro dico sempre tutto, le mie gioie e i miei dolori, loro per me sono il pilastro più importante della mia vita, perché sono coloro che nella febbre e nel dolore ti danno amore, ti danno amore incondizionato in ogni momento, che tu stia bene o no, loro ci sono, sono lì per me, mi fanno ridere, mi coccolano, mi vedono come la luce dei loro occhi, ho sofferto molto nella mia vita, non desidero più soffrire, per nessun motivo voglio godermi quegli anni persi, ed essere felice adesso, sperando che niente e nessuna notizia terribile mi possa distruggere, ho iniziato ad amarmi, capire che valgo, che nessuno può dirmi o farmi sentire inutile, il bullismo mi ha ucciso da dentro ma mi ha reso anche forte, non mi sono ancora fatta le ossa per affrontare ogni cosa di questa vita, è l’esperienza che ti cambia e che ti può rafforzare, con il tempo forse ci riuscirò e diventerò sempre più forte. Ho sempre avuto una passione per la scrittura, per il canto e la recitazione, sfogavo una parte di me divertendomi, ma quando ho iniziato a scrivere in modo più serio, senza direttive, ma lasciando andare me stessa ho sentito dentro di me quel dolore trasformarsi in rabbia, sfogandolo. La mia storia di bullismo posso raccontarla un migliaio di volte anche di persona, dietro un post, un video, ma l’impatto è sempre quello, o rabbia o dolore e quindi ho iniziato a sfogarmi, quando il mondo mi stava cadendo addosso grazie a questa prof che mi ha devastato l’anno scolastico ho scritto un libro, The game of possession 1, il primo volume di una saga letteraria, al suo interno non c’è la mia storia, ci sono pezzi di me in una realtà inventata con personaggi immaginari, non è un libro calmo, è pieno di azione, avventura, drammi, un po’ d’amore, rabbia, tristezza, felicità, un sacco di cose e consigli, con personaggi molto particolari. Scrivendo ho sfogato ancora di più quindi la scrittura per me è importante perché mi ha dato un maggiore aiuto in più, per sfogarmi e quindi anche la scrittura mi ha salvato quando tutto stava per ricadermi di nuovo addosso.

I personaggi principali sono Ivan e Ludovica, al suo interno ci sono personaggi secondari, che interagiscono con i personaggi principali e ci sono antagonisti/ nemici. La narrazione scelta è su due punti di vista differenti, quella dal punto di vista del protagonista maschile e quella del punto di vista femminile nella quale ci sono piccole variazioni per capire anche gli altri personaggi.
Al suo interno ci sono rimembri al passato per far comprendere ancora di più i protagonisti, scritto in una narrazione in prima persona per avvolgere completamente il lettore, per farsi sentire protagonista della storia.
La trama dell’opera è Due ragazzi, nati in mondi diversi, ma entrambi con molte cose in comune. Ivan è un ragazzo nei guai, entrato nei giochi di Praga, il capo di un impero di giochi mortali. Ludovica è una ragazza dal passato spaventoso, con misteri che neppure lei stessa conosce. Riesce a salvare dei giovani adolescenti dalla cattiva strada ma chi salverà lei? L’incontro tra Ivan e Ludovica non è casuale, nulla lo è stato, ma troppi misteri circondano la loro vita e ora sono entrambi insieme ai loro amici sulla stessa strada, negli stessi giochi. Finché Praga non viene sostituito e chi governerà l’impero si spinge oltre al dovuto, portando caos, morte e dolore ovunque. La missione è tenere Ludovica lontano da tutto questo ma, allo stesso tempo, c’è chi farà di tutto per averla e separarla dalla sua famiglia, dai suoi amici e da Ivan.

Ludovica crede molto nel bene e in tutto quello che ha riscontri positivi, salvare gli altri e il mondo, mentre Ivan è un ragazzo più complicato, che ha avuto problemi nel suo passato, precedenti, diventando un criminale, dipendenze, problemi economici, da quando era adolescente ha sempre provato una certa affinità nel cacciarsi nei guai, i due si incontrano e iniziano piano piano a fare propria, la dimensione l’una dall’altro.
Una storia ambientata a Londra e in tutto il regno unito dove si affrontano diverse tematiche di ogni genere, la separazione e l’avvicinanza, insieme a tanti altri tasselli che possono fare la differenza. Anche se si tratta di una storia completamente pazza e complicata, che ho scitto a 16 anni, nel periodo in cui tutto mi stava cadendo addosso, questa storia porta dentro di sé, una piccola parte di me.
Un pezzo del mio cuore, un pezzo del mio dolore, un pezzo di Annalisa Mirizzi.

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