Roma, Teatro Basilica (piazza Porta San Giovanni 10), dal 28 al 31 ottobre 2021
Ci sono serate come quella del 28 ottobre, in una città ancora più caotica del solito e in fibrillazione per un evento come il G20, in cui dirigendomi verso il Teatro Basilica per la prima di Piccoli Funerali, frastornato dal caos di cento sirene e dal fastidioso ronzio degli elicotteri che già volteggiano nel cielo sopra Piazza San Giovanni, quasi penso che sarebbe stato meglio rimanere nella calma di casa, a vedere un film. Quelli bravi direbbero nella propria comfort zone. Poi entro nell’abbraccio di questo teatro così particolare e capisco di aver fatto la scelta giusta. Maurizio Rippa, con il chitarrista Amedeo Monda, danno vita a “una cosa”, come afferma il protagonista, che non è uno spettacolo teatrale, piuttosto un momento di profonda intimità. Qualcosa che, parlando di morti, è estremamente ricco di vita. Con infinito garbo e rispetto, Rippa fa “parlare i morti” che rivedono gli ultimi istanti delle loro vite, i loro desideri, i loro sogni, le proprie delusioni e le proprie indignazioni, e ad ognuno dedica una canzone. Pian piano si entra in questa dolcissima narrazione, anche ironica, che quasi dispiace finisca e si avrebbe voglia di abbracciare chi con la sua voce accarezza i nostri personali lutti.
A cosa ho assistito con Piccoli Funerali? Ad un’unica lunga dedica, un dolcissimo rito collettivo che restituisce il senso della vita, di ogni unica vita, tramite il racconto in prima persona degli ultimi momenti. Non esorcizza la morte, la rende quel che è, parte ineluttabile, a volte anche beffarda e bastarda, delle nostre esistenze. Si vive, si muore, si ricorda. Parole, musica, canto. Rispetto, tenerezza. Un finale inatteso e intenso che coinvolge attivamente tutti gli spettatori e lo stesso protagonista, visibilmente commosso. Catartico, semplice. Una serata inaspettata, a cui pensare con gratitudine. La tv può attendere. In scena fino a domenica 31 ottobre.
Paolo Leone