Dal 27 al 31 ottobre 2021 al Teatro Carcano di Milano
Nell’ultimo lavoro scritto con Gabriele Vacis, dal 27 al 31 ottobre al Teatro Carcano di Milano di cui è neo-direttrice (con Serena Sinigaglia), Lella Costa ha celebrato il settimo centenario della morte di Dante Alighieri secondo una prospettiva inconsueta, quella di alcune donne presenti nelle sue opere e nella sua vita.
Si sono quindi raccontate non solo la celeberrima Beatrice e la passionale Francesca da Rimini, ma nuova luce è stata proiettata su altre due altre figure femminili sconosciute ai più.
L’incontro di Beatrice a soli 9 nove anni è visto come un sentimento universale: quella emozione, quel terremoto improvviso e travolgente che segna per tutti il passaggio dalla spensierata fanciullezza ad una età più matura e complessa. E’ l’irruzione dell’Amore, il filo conduttore dello spettacolo, per Dante “ciò che muove il mondo”. Non a caso Beatrice è la persona scelta per il viaggio nel Paradiso, guida spirituale nel cammino dell’uomo verso la salvezza.
Parlano direttamente al pubblico, queste donne importanti, come è giusto che sia, visto che, è esperienza comune, sono le donne la maggioranza del pubblico interessato all’arte, ai sentimenti. E’ la amorosa per eccellenza, Francesca da Rimini, che con colorito e verace accento romagnolo tesse il suo inno all’amore, ripercorrendo la storia a tragico fine ma avvincente dei due amanti per sempre avvinghiati nella passione, oblio della ragione.
Ma come si convive, con un marito che idealizza l’amore per un’altra donna ? Lo racconta, in soave accento toscano, la sconosciuta moglie Gemma Donati, di alto lignaggio nella città di Firenze, ma di nessuna fama presso i posteri. Del resto, Dante né di lei né dei suoi quattro figli (!) fece mai pubblica menzione.
Nel monologo, ben condotto per più di un’ora, Lella Costa alterna letture di brani danteschi, divagazioni apparentemente casuali, citazioni di altri autori e scorrerie pungenti nella attualità.
Abbiamo fatto la conoscenza di Taide, personaggio dell’Eunuchus di Terenzio ripreso da Dante nel XVIII canto dell’Inferno, e dell’incredibile “errore letterario” di cui è vittima. Senza togliere il piacere della sorpresa, si dirà solo che una sua piccola bugia, espressa a fin di bene è la inappellabile per cui Taide viene ingiustamente relegata nel girone dei fraudolenti.
Come tutti gli spettacoli di Lela Costa, il punto di vista è ovviamente femminile. Anche se, a nostro parere, si avverte qualche non necessaria forzatura di maniera. Mettere infatti in dubbio che descrizioni così poetiche e raffinate dell’amore non possano essere state opera di un uomo o affermare (provocatoriamente?) che forse la Divina Commedia è stata scritta da una donna appare inutile alla sacrosanta causa di denunciare le oppressioni, le discriminazioni, le violenze cui le donne sono soggette. Ma, probabilmente, con doverosa autocritica, possiamo immaginare che qualcosa sia sfuggito alla nostra modesta comprensione maschile.
Brava come sempre, Lella Costa ha offerto comunque con arguzia sapidi spunti e buone occasioni di riflessione.
Guido Buttarelli