Roma, Teatro Basilica (Piazza di Porta S. Giovanni 10), dal 9 al 21 novembre 2021
L’incomunicabilità, l’incapacità di comprendere ed accogliere l’altro, la drammatica necessità di amare ed essere amati che si scontra con l’altrettanto potente paura di essere realmente ciò che si è, non è certamente un argomento nuovo nelle rappresentazioni teatrali. Voltati parlami, portato in scena da Lucia Lavia al Teatro Basilica è però un lavoro complesso, molto profondo, in cui le mille sfumature del personaggio, Alice, non rimangono aderenti ad esso ma vagano per la platea, nel vortice di parole, per toccare ogni spettatore, per solleticare le sovrastrutture più recondite. Il testo di Alberto Moravia, che attinge direttamente da un suo precedente racconto, “La vergine e la droga”, oltre ad essere ispirato al dramma di O’Neill “Prima di colazione”, è uno spaccato impietoso su una coppia giunta al capolinea della propria incapacità di vivere, di relazionarsi, di essere empatica. Una donna che parla ad un uomo sdraiato, di spalle, ma che in realtà analizza se stessa e tutta la sua vita con una sincerità potentissima e devastante.
L’interpretazione di Lucia Lavia è un uragano di energia. Un fascio di nervi che restituisce allo spettatore tutta la drammaticità e anche l’amara ironia di un personaggio che ha il coraggio di mettere a nudo la propria assoluta solitudine, le sue corazze soffocanti, la sua dipendenza, tutto il suo mondo emotivo che la porterà a scelte autodistruttive nell’illusione di una briciola d’amore nel “gelo irrimediabile”. Un lavoro accurato anche nella regia, della stessa Lavia, e molto dispendioso fisicamente. In questa prima, purtroppo, non abbiamo potuto assistere al finale (ma ho potuto leggere il testo) per un malore occorso alla brava attrice, prontamente soccorsa. Ci hanno assicurato che sta bene, a lei i migliori auguri di una pronta ripresa ed un caloroso applauso. Si replica fino al 21 novembre.
Paolo Leone