Il 9 e 10 aprile 2022 al Teatro Traiano di Civitavecchia
Lo spettacolo ‘Bartleby lo scrivano’ andato in scena il 9 e 10 aprile al Teatro traiano di Civitavecchia, ha visto una compagnia ben rodata ed affiatata, nei lavori proposti da Arca Azzurra Produzioni.
Il lavoro di Francesco Niccolini, liberamente ispirato al racconto di Herman Melville del 1853, con la regia di Emanuele Gamba, ha debuttato nel 2019 sospeso per la pandemia e ripreso dal 12 febbraio di quest’anno fino al 14 aprile.
In un microcosmo quasi dickensiano, si muovono i cinque personaggi dell’ufficio legale, in una parodia della vita, dove gli impiegati rappresentano vizi e manie della società. La segretaria la signorina Ginger civettuola (Lucia Socci), l’impiegato anziano detto Turkey operoso al mattino e pasticcione nel pomeriggio ( Massimo Salvianti, reduce dal Premio Giacomo Matteotti 2021 per la categoria Opere letterarie e teatrali, con “Un abito chiaro”), il giovane Nippers inquieto e irritabile al mattino ma lavora bene al pomeriggio (Andrea Costagli), la donna delle pulizie impicciona (Giuliana Colzi), l’avvocato-narratore (Dimitri Frosali) figura dal carattere umano, paziente che non riesce a disfarsi dell’impiegato Bartleby (Leo Gullotta).
Un atto unico, di tre scene, dove il regista Emanuele Gamba sceglie come scenario un vero e proprio sepolcro, dalle alte e grigie pareti con finestre altissime, scenografia realizzata da Sergio Mariotti, con i rispettivi ambienti che rappresentano: l’ufficio dove si svolge la storia, il nuovo ufficio, il carcere.
Nell’ufficio le penne degli impiegati ticchettano, ancor prima dell’avvento delle macchine da scrivere, nel loro incessante lavorìo di ricopiatura degli atti. La penna che batte più forte è quella di Bartleby il nuovo assunto, continua, incessante e perfetta, senza errori o macchie e dalla bella grafia. Egli è un copista che dietro al suo paravento lavora ininterrotamente, fino al momento in cui, alle richieste del titolare, inizia a declinare i compiti assegnati. Il protagonista con il suo ‘preferirei di no’ che non è un rifiuto ma una maniera garbata di declinare l’invito, da diligente e riservato, diviene schivo e passivo.
Leo Gullotta propone un Bartleby dalla maschera facciale di un sorriso perenne, quasi cementato, alternando mimica e immobilismo, interagendo con il pubblico nei momenti in cui il personaggio si estranea dal contesto lavorativo.
Dimitri Frosali offre un’ottima interpretazione di un titolare dal cuore grande, il narratore con cui il pubblico si riconosce nei suoi sentimenti di straniamento e inadeguatezza verso l’impiegato che gli ispira un sentimento di protezione, facendogli pronunciare frasi come: “Questo uomo mi confonde e mi fa male” e “Una gentilezza cadaverica che mi disarma”.
Per la scena finale, quella che si svolge nel carcere che Melville chiama ‘Tombe’, dove è stato rinchiuso Bartleby accusato di vagabondaggio, Gamba sceglie come sottofondo il rumore prodotto da uno sgretolamento, forse la vita di Bartleby che si sgretola o solo il suo muro innalzato come riparo da questo mondo grigio e senza Sole. Tale sgretolamento lo porterà verso la luce, questa volta eterna.
Nella splendida mimica di Gullotta c’è l’unico atto vitale di Bartleby, che per tutto il tempo cerca un raggio di Sole, quello che si affaccia solo una volta al giorno all’alta finestra del grigio ufficio. Un atto, l’unico e vero, per l’uomo che preferisce l’annichilamento della proprio vita, rifiutandola, sottraendosi al viverla, fino al suo termine avvenuto carcere morendo d’inedia.
Lo scritto di Melville si condensa in un racconto di sole 48 pagine, ma si apre ad infinite interpretazioni di carattere sociale, filosofico. Resta in ogni caso, per il lettore e per lo spettatore che assiste alle svariate reinterpretazioni teatrali, la figura di Bartleby, nella sua insondabile essenza. La sua inconsistenza come essere umano, scivola e si liquefa tra le mani nell’inconcludente tentativo di comprenderlo.
Lo spettacolo portato in scena al Teatro Traiano, dai bei costumi (Giuliana Colzi), ha un ritmo intenso, che coinvolge da subito lo spettatore nei dialoghi e i movimenti sulla scena.
Bartleby è uno spettacolo che dovrebbe essere sempre visto, in ogni rappresentazione proposta, perché ogni volta è diverso, ma immutabile nel suo percorso finale.
Laura Scoteroni