Dal 13 al 30 Aprile 2022, in prima nazionale, al Teatro Studio Melato
Pure questa volta partiamo da molto lontano, anche se per come si mettono le cose in scena questa volta non siamo troppo distanti dal pezzo. Partiamo in volo sulle ali di una vecchia canzone inglese, di Sonic Boom, degli Spectrum precisamente: I love you to the moon and back.
Federica Rosellini, di fatto, promuove col suo nuovo lavoro un viaggio extraterrestre per rincorrere da un lato l’Ariosto e dall’altro Virginia Woolf.
E al lancio del progetto di scena erano presenti sia la Rosellini che la Sansone che accompagna in co-regia l’autrice in questo viaggio, dicendolo con le sue stesse parole; e nelle parole poi del Presidente Carruba il libro da cui lo spettacolo è tratto, sempre a firma di Federica Rosellini, conferma ascendenze letterarie illustri nell’Ariosto, appunto, e proprio in Virginia Woolf, relativamente al suo personaggio mutaforma omonimo – Ariosto.
Il direttore del Teatro, Claudio Longhi, nel suo intervento mette in luce le attenzioni del Piccolo nei confronti dei giovani autori (la Rosellini proviene dalla scuola del Piccolo e ha completato la sua formazione con Latella). E l’opera mondo della Rosellini concentra a sua volta le attenzioni degli spettatori/lettori sul Cosmo, le metamorfosi e il corpo.
La Rosellini si addentra nello specifico della faccenda sottolineando come il lavoro prenda dall’Ariosto l’architettura e dalla Woolf l’idea delle metamorfosi, della natura che muta in continuazione.
Le tre parti dello spettacolo vogliono identificare nell’opera un corpo vivo, prosegue la Rosellini, in una casa cattedrale che guarda la rinascita dal suo pavimento sprofondato per una rappresentazione differente ogni sera, a conferma della sua estrema vitalità, adombrata da una frase di Paul Valery: non c’è niente di più profondo della pelle.
Al centro della narrazione c’è un bambino sulla luna che rappresenta chi non c’è più. E Carne Blu è un corpo che suona ogni volta che ci si avvicina a casa per un paesaggio alla vista a tratti offuscato ma che all’udito si percepisce perfettamente nella sua interezza.
Per Carne blu (co-regia di Fiona Sansone, come abbiamo detto) Federica Rosellini ha immaginato un’architettura scenica di grande suggestione, creata da Paola Villani e abitata dalle realizzazioni scultoree di Daniele Franzella. I costumi sono firmati da Simona D’Amico, le luci da Luigi Biondi, il suono, ogni sera dal vivo, è a cura di Gup Alcaro. Visual designer è Massimo Racozzi.
Le scene, la scenografia, le luci e i costumi, infine, coinvolgono al massimo le principali coordinate dell’arte contemporanea. A partire dalle torri di Kiefer, di cui sette sono qui a Milano, all’Hangar Bicocca in esposizione permanente, mi sembra, che la Rosellini immagina distopicamente distrutte; i corpi, di cui la sabbia compone il cardine di una nuova carne dalle sembianze videodromiche con mutazioni matrilineari nello stile dei mutanti a la Stelarc, Orlan, Abramovich: derealizzazione dell’io, uno sguardo digitale, dove si incontrano le nuove rotte simboliche della trasfigurazione distopica italiana contemporanea.
Carne blu nasce dal silenzio e dall’isolamento del lockdown. Federica Rosellini scrive il libro nei mesi più bui della pandemia; correda il testo con illustrazioni che realizza di suo pugno, per raccontare un tempo di evanescenza e trasparenza del corpo, come carne blu, appunto, alla ricerca di ciò che si è perduto e non si riesce a dimenticare. Da mercoledì 13 aprile, questo percorso si compie nella ritrovata fisicità dell’azione teatrale, in uno spazio, quello dell’arena del Teatro Studio Melato, allagato da una voce che si fa corpo. Carne blu è uno spettacolo per voce sola, una fiaba nera: racconta la storia del viaggio di Orlando e del suo cuore di pesce.
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