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INCOMPATIBILITA’ GENERAZIONALI E SERVITU’ INGENUA ED IGNORANTE AL MANZONI. IL FALLIMENTO IMPRENDITORIALE D’UN ASPIRANTE PRODUTTORE POCO COSCIENZIOSO E LABORIOSO

Data:

Al Teatro Manzoni di Roma, fino al 15 maggio 2022

Riprendendo parte del lavoro “Tutariel Live Show” presentato ad ottobre al Roma, giunge al teatro Manzoni di via Montezebio nel quartiere Mazzini la coppia Marzocca – Sarcinelli che stavolta, partendo dalle due figure tipiche del padrone di casa e del maggiordomo, ha sviluppato una vera e propria commedia sintetica ed essenziale nell’arco di un atto unico racchiuso in 80 minuti. Il proprietario dell’appartamento è figlio del notaio Raimondo Toro, interpretato sempre con abilità comica e fregolismo recitativo da Marco Marzocca, tuttavia invece di seguire la strada professionale paterna desidererebbe fare il produttore, il manager televisivo, similmente ai Raiola e Claudio Lippi nel mondo del calcio, per cui nel suo studio domestico si sussegue  una decina di personaggi resi spassosi come caricaturista ed istrionico dicitore da Leonardo Fieschi, lanciato dal telegiornale satirico della rete ammiraglia di Mediaset nei panni d’un irresistibile Andrea Pirlo e Jovanotti. All’inizio egli è un soggettista e sceneggiatore che, accompagnato dal fido consulente Marzocca, sottopone il suo copione all’esame di chi dovrebbe assumerlo e finanziarlo, ma riceve un secco rifiuto, in guisa di quello che spesso avviene in quel mondo; poi si rientra nel privato del padrone di casa e si nota come egli abbia una passione ittica per un pesce che alleva in un contenitore di vetro e per il quale spende un ‘ enorme cifra. Ariel il suo servitore, uno smarrito e sciocco Marzocca assai icastico, non lo comprende e quando deve andare in banca a stipulare un mutuo con 3.000 Euro equivoca e crede di dover dare i soldi filantropicamente al muto che sta vicino all’Istituto di c redito, chiedendo l’elemosina. Questo incidente suscita l’ira di Stefano, che cresce allorché Ariel fa morire pure il pesce con una superficiale ed approssimativa cura. Intanto continuano a sfilare nello studio questi personaggi umani di Fieschi, che si possono delineare in cantanti agli esordi, figuranti e doppi da palcoscenico quale uno “stuntman” come scimmione, che provocano l’ilarità entusiasta del pubblico, però senza sortire effetti di positività. Di fronte a siffatta insipienza di Stefano e sua vile, codarda, inettitudine il notaio  lo tratta male entrando nello studio e gli palesa tutta la sua insoddisfazione per la mancata realizzazione di qualcosa di concreto. Tutto questo ci ricorda lo schiaffo che  Zeno Cosini ricevette dal padre nel capolavoro di Italo Svevo “La coscienza di Zeno”, per cui arrivò a detestare il genitore, salvo poi pentirsi e provare triste amarezza alla sua morte. Lo stesso avviene qui in “Due giorni a settimana” per cui il professionista redarguisce la debolezza di concentrazione e volontà realizzativa del figlio, che s’affida anche ad un cameriere incolto e combina guai, causando l’aspra reazione dell’erede che esterna tutta la sua antipatia, l’odio, al genitore che lo mantiene, ottenendo naturalmente l’effetto d’esser sbattuto fuori di casa e dover restituire le chiavi dell’appartamento. Comunque alla fine Stefano sembra riuscire ad ingaggiare un artista d’avanspettacolo, esibendosi in un surreale e paradossale due pezzi nero con gepierre in un numero di varietà, che sbalordisce la platea per il grottesco poco verosimile. Il rapporto con gli spettatori è diretto, funambolicamente coinvolgente e scanzonato, al punto che ormai la gente va a gustarsi il duo solo per il nome dell’accoppiata vincente, non potendo logicamente aspettarsi da loro più d’una fragorosa risata e qualche estemporaneo spunto riflessivo. Lo spettacolo resterà al Manzoni in Prati fino al 15 maggio con una scenografia borghese d’un interno di medio rango e ceto sociale.

Giancarlo Lungarini

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